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DICEMBRE 2020

     

(Continua dal numero precedente)

IL CASTIGO DELLE NAZIONI

 

Ciò vale per gli uomini, ma vale anche per le nazioni. Dio non è assente dalla storia, è anzi sempre presente in essa con la sua immensità e non c’è un punto o momento del tempo creato in cui non si manifesti la giustizia e la misericordia divina sui popoli. Tutte le sciagure che colpiscono le nazioni nella loro storia hanno un significato. Le loro cause talvolta ci sfuggono, ma è certo che l’origine di ogni male permesso da Dio sta nel peccato dell’uomo. San Prospero di Aquitania, allievo di sant’Agostino, dice che “spesso dell’operato divino rimangono occulte le cause e si vedono solo gli effetti”11 . Un punto è certo: quali che siano le cause seconde, Dio è sempre la causa prima, tutto dipende da Lui. C’è da chiedersi a questo punto in quale modo Dio giudichi e punisca il comportamento dei popoli nella storia. La risposta della Sacra Scrittura, dei teologi e dei santi è univoca. Tria sunt flagella quibus dominus castigat: guerra, pestilenza e fame. Con questi tre flagelli, spiega san Bernardino da Siena12 , Dio punisce i tre principali vizi degli uomini: la superbia, la lussuria e l’avarizia; la superbia, quando l’anima si ribella a Dio (Apoc 12, 7-9), la lussuria quando il corpo si ribella all’anima (Gen 6, 5-7), l’avarizia quando le cose si ribellano all’uomo (Ps 96, 3). La guerra è il castigo contro la superbia dei popoli, le epidemie sono il castigo contro la loro lussuria e la fame è il castigo contro la loro avarizia.

 

I segni attraverso cui possiamo conoscere che i giudizi di Dio sono vicini

San Bernardino, nei suoi Sermoni, analizza il Salmo che dice: Tempus faciendi dissipaverunt legem tuam (Ps 118, 26): “E’ tempo di agire Signore, hanno dissipato la tua legge”. In questa espressione del salmista, egli distingue tre momenti: Tempus: il tempo che la misericordia di Dio concede ai popoli per emendarsi. In questo spazio di tempo Dio offre ai peccatori la possibilità di sospendere la sentenza, di revocare la pena, di rimettere le offese, di offrire la grazia. Dio attende perché vuole la conversione dei peccatori. Il tempo dell’attesa può essere lungo, ma ha un limite. Se durante questo tempo manca il pentimento, il castigo è logico e necessario.

Il secondo momento è quello in cui Dio prepara la punizione per i peccatori impenitenti: un tempo che è espresso dalle parole faciendi Domine, che riassumono, secondo san Bernardino, “l’aspra vendetta e la dura punizione di Dio”, se il popolo non si vuole emendare13 . Il castigo però è un atto di misericordia del Padre, che non vuole la morte eterna dei peccatori, ma la loro vita, e attraverso i flagelli che infligge loro, cerca ancora di ottenere la loro conversione. E’ il tempo in cui la scure è posta alla radice dell’albero: securis ad radicem arboris posita est (Mt 3, 10).

Il terzo momento è quello dell’offesa consumata: dissipaverunt legem tuam. E’ l’ora di impugnare la falce e mietere la messe, come dice l’angelo dell’Apocalisse: “Metti mano alla tua falce e mieti; poiché è giunta l’ora di mietere, perché la mèsse della terra è matura” (Apoc 14, 15)Quali sono i segni che indicano che la messe è matura? San Bernardino ne enumera sette:

  1. l’esistenza di molti ed orrendi peccati, come a Sodoma e a Gomorra;
  2. il fatto che il peccato viene commesso con piena avvertenza e deliberato consenso;
  3. che questi peccati siano commessi da tutto un popolo, nel suo insieme;
  4. che ciò accada in maniera pubblica e invereconda;
  5. che avvenga con tutta l’affezione del cuore dei peccatori;
  6. che i peccati siano commessi con attenzione e diligenza;
  7. che tutto ciò venga fatto in maniera continua e perseverante14 .

E’ questa l’ora in cui Dio punisce i peccati della superbia, della lussuria e dell’avarizia, con i flagelli della peste, della guerra, della fame.

Tempus faciendi Domine, dissipaverunt legem tuam

E’ tempo di agire, o Signore, hanno violato la tua legge. Un altro grande santo dalla voce profetica, san Luigi Maria Grignion di Montfort, nella sua Preghiera infuocata, fa ecco a san Bernardino, ed esclama: “E’ tempo che Voi agiate, Signore, secondo la vostra promessa. La divina legge è trasgredita, il vostro Vangelo abbandonato, i torrenti di iniquità inondano sulla terra e travolgono perfino i vostri servi. Tutta la terra si trova in uno stato deplorevole, l’empietà regna sovrana; il vostro santuario è profanato e l’abominio è fin nel luogo santo. Giusto Signore, Dio delle vendette, lascerete nel vostro zelo, che tutto vada in rovina? Ogni luogo diverrà alla fine come Sodoma e Gomorra? Continuerete a tacere in eterno, a pazientare in eterno?”.

San Luigi Maria scrive queste parole all’inizio del XVIII secolo. Due secoli dopo la Madonna a Fatima ha annunciato che se il mondo continuerà ad offendere Dio, esso sarà punito per mezzo della guerra, della fame e di persecuzioni alla Chiesa e al Santo Padre e “diverse nazioni saranno annientate”.

Ma oggi, cento anni dopo le apparizioni di Fatima, trecento anni dopo la morte di san Luigi Maria, il mondo ha smesso di offendere Dio? La divina legge è forse meno trasgredita, il Vangelo meno abbandonato, il santuario meno profanato? Non vediamo peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio, come l’aborto e la sodomia, giustificati, esaltati, protetti dalle leggi degli Stati? Non abbiamo visto l’idolo del Pachamama essere accolto e venerato perfino all’interno del recinto sacro del Vaticano? Tutto questo non esige di essere giudicato da Dio, fin da ora? E chi ama Dio non deve amare e desiderare l’ora della sua giustizia, per ripetere, come nel giorno del giudizio finale: Iustus es Domine, et rectum iudicium tuum (Ps 117, 137): Tu sei giusto o Signore, e il tuo giudizio è pieno di equità?

(Continua al numero successivo)

 

11  Prospero d’Aquitania, De vocatione omnium gentium (La vocazione dei popoli, Città Nuova, Roma 1998, p. 74).

12  San Bernardino, Opera omnia, Sermo 46, Feria quinta post dominicam de Passione, in Opera omnia, Ad Claras Aquas, Florentiae 1950, vol. II, pp. 84-8,

13  Ivi, Sermo XIX, Feria secunda post II dominicam in quadragesima, vol. III, p. 333.

14  Ivi, pp. 337-338.

 

                                 

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Ultimo aggiornamento: 12 novembre 2021
 
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