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GIUGNO 2011

     

Strano silenzio sulle vittime della provetta

 

Il numero “ufficiale” dei bambini nati, dal 2005 ad oggi, mediante le tecniche di fecondazione artificiale è 31.791 (confronta “Avvenire” del 26 gennaio 2011). Questi numeri si riferiscono all’applicazione della “legge 40”, approvata in Italia nel 2004.

I  31.791 sono i cosiddetti “bimbi in braccio”, cioè quelli arrivati a vedere la luce. Il concetto “arrivati a vedere la luce” è esatto perché tantissimi altri concepiti in laboratorio, e poi impiantati nell'utero materno, non ce l'hanno fatta o addirittura sono stati considerati di “scarsa qualità” e quindi eliminati. Sappiamo bene che, come dice chiaramente al n° 14 (“Fecondazione in vitro ed eliminazione volontaria di embrioni”) la “Dignitas Personae”, il documento redatto nel 2008 dalla congregazione per la Dottrina della Fede,: “ ... il numero di embrioni sacrificati è altissimo”.

Anche ammettendo che tutti i “paletti” della legge 40 siano stati rispettati (ma nessun controllo viene svolto su quello che avviene effettivamente nei laboratori), una stima realistica indica che le vittime siano circa 550.000, il 94% degli embrioni concepiti. Veramente un numero “altissimo”.

Che la fecondazione artificiale abbia fatto nascere 31.791 bambini nel rispetto della legge non ci autorizza a definire questa tecnica come un progresso della civiltà, e la vera e propria ecatombe di innocenti che ci sta dietro non dovrebbe lasciarci indifferenti.

Ancora una volta siamo chiamati a rispondere personalmente alla domanda “chi è” l'embrione umano. La risposta scientifica, e vera, non può essere “secondo me” oppure “secondo te”. Molte persone ragionano così ma questo non ha senso perché l'essere umano in “forma embrionale” è vivo, visibile, autonomo.

Le poche iniziali cellule sono così potenti che daranno origine a tutti i tessuti. Almeno per questo l'embrione non può essere definito un “grumo di cellule” e neppure un'opinione.

 

Gabriele Soliani

 

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LA TERAPIA RIPARATIVA

 

Joseph Nicolosi (21 gennaio 1947) è uno psicologo clinico statunitense. Si è laureato alla California School of Professional Psychology.

            È il fondatore e direttore della Thomas Aquinas Psychological Clinic di Encino (California).

Nicolosi è noto soprattutto per la sua attività in qualità di presidente della National Association for Research and Therapy of Homosexuality (NARTH, "Associazione Nazionale per la Ricerca e Terapia dell'Omosessualità") e per essere uno dei pochi promotori delle terapie riparative. Le sue teorie non sono riconosciute dai più importanti centri di ricerca, tra i quali l'American Psychiatric Association.

            Ha descritto le sue teorie in Omosessualità maschile: un nuovo approccio e altri libri. Nicolosi ritiene sulla base dei suoi studi e della sua esperienza professionale che l'omosessualità sia il prodotto di una condizione che descrive come "carenza di identità sessuale" causata da una alienazione da individui dello stesso sesso del soggetto.

 

La terapia ripartiva

 

            Negli ultimi quindici anni ha focalizzato il suo lavoro intorno alla terapia riparativa, il cui scopo è quello di invertire l'orientamento sessuale dei pazienti omosessuali rendendoli quindi eterosessuali. Nicolosi parla di terapia "riparativa" in quanto sostiene che le persone che presentano un orientamento omosessuale siano in realtà eterosessuali nei quali la naturale sessualità è stata deviata o impedita durante lo sviluppo da dinamiche psicologiche parentali. Riprende il filone dell'origine patologica dell'omosessualità come devianza cresciuta all'interno di un contesto familiare (famiglia triadica), non favorevole alla crescita psicologica della persona: l'omosessualità sarebbe una sorta di immaturità affettiva dovuta a una carenza o ad una eccessiva dominanza dell'affettività verso una delle figure genitoriali.

            La terapia riparativa è stata aspramente contestata dal mondo gay, in quanto vista come uno strumento che aiuta la diffusione dell'omofobia contribuendo a perpetrare un pregiudizio negativo sull'omosessualità, e da diversi professionisti ed associazioni che operano nel campo della salute mentale.

            Nicolosi, d'altra parte, sostiene di non considerare necessariamente l'omosessualità in sé come una malattia[senza fonte], ma di offrire semplicemente una terapia volta a sanare la condizione di egodistonia di quegli omosessuali che non desiderano accettare lo "stile di vita gay" propinato, a suo dire, dalle associazioni gay attraverso le terapie affermative - posizione comune a molti specialisti che nel corso del Novecento hanno proposto terapie simili - ma allo stesso tempo afferma anche di non aver mai incontrato omosessuali egosintonici, a sua impressione, realmente contenti della propria omosessualità.

            Non esistono studi definitivi che abbiamo comprovato l'effettiva uscita dall'omosessualità da parte di omosessuali che dicono di essere approdati all'eterosessualità; i pochi esistenti non sono mai stati sottoposti a revisione paritaria e vengono aspramente contestati per la loro metodologia d'indagine ritenuta ascientifica.

            Molte sono state le pressioni contro la Terapia Riparativa. Alcuni sostengono persino che non sia etico nemmeno sottoporre a terapia gli adulti che lo chiedono[senza fonte], non rientrando l'omosessualità in una categoria patologica. Già nel 2000 l'American Psychiatric Association, in un suo documento ufficiale, invitava ad effettuare delle ricerche per valutare i rischi e i benefici della terapia, al di là della sua reale efficacia che risulta insondabile. Nel maggio del 2007, l'American Psychological Association ha istituito una commissione che, tra i propri compiti, si propone di analizzare la letteratura scientifica inerente alle terapie con pazienti che hanno problematiche riguardanti il proprio orientamento sessuale, in particolare quella a partire dal 1997, anno della sua ultima risoluzione ufficiale in materia. All'interno di questa letteratura scientifica è previsto anche lo studio di quella che riguarda le terapie riparative.

            Nel 2009 il Royal College of Psychiatrists ha dichiarato che "condivide sia le preoccupazioni dell'American Psychiatric Association che dell'American Psychological Association, che posizioni esposte da parte di organismi come l'Associazione nazionale per la ricerca e la terapia dell'omosessualità (NARTH) negli Stati Uniti non sono supportati dalla scienza. Non vi è alcuna prova scientifica che l'orientamento sessuale può essere cambiato. Inoltre, i trattamenti raccomandati dal NARTH concorrerebbero a sviluppare un ambiente in cui prosperano il pregiudizio e la discriminazione, ed ha aggiunto che "la miglior prova di efficacia di ogni trattamento viene da studi clinici casuali e non come quelli effettuati in questo campo".

            David Satcher Surgeon General degli Stati Uniti ha pubblicato un rapporto che afferma che "non esistono prove scientifiche valide che l'orientamento sessuale possa essere cambiato".

            Per quanto riguarda l'Italia, le terapie riparative promosse da Nicolosi sono state oggetto di una presa di posizione dell'Ordine Nazionale degli Psicologi Italiani che, rifacendosi ai principi del proprio Codice deontologico, ha espresso una valutazione per cui "lo psicologo non può prestarsi ad alcuna “terapia riparativa” dell’orientamento sessuale di una persona".

 

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Ultimo aggiornamento: 12 novembre 2021
 
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