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DICEMBRE 2014

     

 

Sliding dreams 3                   

Elena Ferrante (La mamma di Dominik)

(Continuazione dal numero precedente)

 

            Ma perché divagavo così tanto quando invece c’era un problema serio da affrontare?

            Tremavo, sudavo..

            Mi toccai la faccia. Era fredda e dura come di marmo e io piangevo su una pietra bianca che luccicava al  sole, ora, ventaglio tra le nuvole .

            Un pensiero folle mi attraversò la mente.

            No! Non posso arrendermi, non posso accettare l’inaccettabile.

            Piuttosto, travaserò tutto questo amore nel mio grembo affamato di te, lo custodirò come una chioccia e poi ti  partorirò ancora...ancora… 

 

 

            Forse fu  una brusca frenata, o forse no, forse fu quell’aria fresca e pulita che si respira dopo un temporale estivo o il profumo penetrante di terra appena bagnata, certo è che sobbalzai e, mentre aprivo gli occhi frastornati, udii tuo padre commentare: il cielo si sta aprendo laggiù in fondo, alla valle.  

            E tu dove sei? Flebile la voce stretta in gola, continuava a ripetere.

            Mi ronzava in testa una grande confusione.

            Avevo sognato? Cosa? Ti cercavo?

 

            Si, ti cercavo, e continuavo a farlo  ad occhi aperti; tra le goccioline scivolose sui vetri, tra lembi di cielo con nuvole bianche a spasso, tra i filari degli alberi in corsa con noi.

            Terribile!

            Ma perché ti cercavo?

            Perché tanto scoramento se ti avrei rivisto al mio ritorno e come sempre, riaggiustandomi una ciocca di capelli fermandola col ferrettino, mi avresti alleggerita di ogni pena? Mi pare già di sentirti, con quella voce calda che mi arriva come una carezza protettiva.

            Non ti preoccupare mamma, tanto i fratelli stanno sempre a litigare, come se non si volessero bene, eppure si cercano sempre. Tremendo! Uno di questi giorni finirò con l'alzare le mani.

 

            Non so perché, ma mi distrassi, persa nell'eco della tua voce che mi risuonava ancora dentro.

 

            Un raggio di sole si era posato su una gocciolina ferma sul vetro e da lì, irradiava infiniti riflessi di luce. Un microcosmo in pienezza di luce, pensai e sorrisi. Un soffio di vento, subito dopo, la scompose e la portò via. Non c’era più. E no, non poteva finire così un microcosmo. Paradossalmente pensai all’infinito.

            L’infinito racchiuso in una goccia, come l’anima nel corpo. L’anima infinita, immortale; si lascia incorniciare da un corpo, in una goccia di tempo, solo per ricordarci che esiste, nella sua infinitezza. Meravigliosa! Eterna, ineffabile essenza del respiro dell’uomo, della sua caducità e della sua  immortalità!

 

            Pensai alla goccia. La goccia che bagna la terra, madre e nutrice, la goccia nel mare, il vapore che sale, la pioggia che scende,  il cielo, il sole, le nuvole, la rugiada, la brina, la neve. La vita all’infinito. La goccia che disseta, che lenta scivola nella vena arida, che spruzza dalle cascate, che rinfresca presso le fonti. La goccia che bagna la fronte, la goccia che suda fatica.

            La goccia che sgorga dal costato trafitto da punta di lancia e si transustanzia in luce e vita, che si perpetua nella fede dell’uomo come nutrimento, all’infinito.

            Ha infiniti volti, la goccia. Va - viene, all’infinito! 

            Come quella goccia che ho visto poco fa, così infinitamente ricca di luce. Non la vedo più ora, ma so che esiste da qualche altra parte, magari sotto altre sembianze. Chissà dove sarà! Come apparirà! forse non la riconoscerei mai, ma per un attimo, ha riempito il mio sguardo di luce, mi  ha dato un’emozione, ha mosso un mio pensiero e tutto questo è  vita, vita senza fine.

            Fantasticavo? Sognavo?

            Un rumore quasi impercettibile fece scattare una saracinesca sui miei pensieri, e mi voltai di scatto.

 

            Finalmente ti trovavo!

            Eri lì, nel sole, oltre l’arcobaleno che abbracciava tutto il mio sguardo. Camminavi nell’infinito. Passi senza ombra, nube bianca e radiosa che si dissolve nell’immenso. Il tuo volto, nel riverbero degli infiniti colori iridati; sull’oro dei campi di grano, sul rosso rame dei vigneti, nello smeraldo dei prati, nel sorriso dei pendii ingemmati, nei  tramonti infocati, nel luccichio delle guglie di cattedrali, nella mitezza argentea degli ulivi, sugli aghi dei cipressi.

            Nel risveglio di ogni mio nuovo giorno!

            Ti trovavo ovunque.

            Perché ora vivi nel respiro delle cose, trascritto nel palpito della natura, inciso nel mio battito, nell'ago della nostra bussola, in simbiotico sguardo. Per sempre!

            L'ago di questa bussola non si spezzerà mai, pensai, e prima o poi, ti condurrà al mio abbraccio, o forse… sarà il contrario.

 

            Nell’aria colma di sole , infinita di tempo, sentii voci bianche in coro: “Com chiam tu”? Un nome, (Dominick) un alito armonico, risuonò alto nel cuore e, abbagliato di luce, si tuffò “nell’aurora all’orizzonte

 

            Rimasi lì estasiata a guardare. A vivere le mie lacrime, ora cascate tra i colori dell’arcobaleno, a odorare il profumo di un passaggio, a respirare per sempre il tuo cielo incompiuto.

 

            La frenata, il rumore del freno a mano, la voce di tuo padre che diceva di essere arrivati. Mi mossi stordita, intorpidita. Scesi dalla macchina e lentamente mi avviai  verso tua sorella che era già sul cancello,  pronta per abbracciarmi.

            Domani ti telefonerò e ti racconterò di questo sogno allucinante tra un acquazzone e una schiarita, e rideremo insieme. Come allora.

            Ti bacio forte forte  la mamma.

 

  • L’esperienza che Elena ha vissuto la può capire solo chi ha provato un grande dolore all’improvviso. I sentimenti che si accavallano nella mente sono da capogiro. Non si vorrebbe credere alla verità, si vorrebbe pensare che è un sogno, un incubo, una realtà inconcepibile… Non potendosi illudere ad occhi aperti, si chiudono gli occhi e si vede ciò che si vorrebbe vedere: la persona cara che rientra in casa come sempre, sentire quella voce familiare, il suono di quei passi che da soli erano capaci di risvegliare il cuore in ansia per l’attesa… Anche i suoi difetti, le sue sbadataggini, a cui a suo tempo abbiamo dato tanta importanza, diventano nostalgia…

      In realtà non siamo fatti per la morte, la morte è stato un inganno di Satana, invidioso della nostra felicità. Ma Gesù ci ha ridato la possibilità di ritrovarci oltre il baratro e allora sarà festa senza fine. Questa è la nostra fede. Questa la nostra speranza. Questa la nostra gioia al di là del sentimento.

 

 

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Ultimo aggiornamento: 12 novembre 2021
 
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