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FEBBRAIO 2020

     

Bloccare la pubertà in attesa di decidere cosa? 

 

Suscita una certa sorpresa per un genitore vedere il figlioletto maschio che si colora le labbra col rossetto della mamma, usa un suo profumo e cerca di indossare le sue scarpe col tacco ed uscire con l’esclamazione: “Io mi sento una femmina”. Oppure vedere la figlioletta che vuole i capelli corti da maschio, preferisce il pallone, le macchinine, la spada del supereroe, gioca con i maschi e dire apertamente: “Io mi sento maschio”. Da notare bene è il concetto “mi sento”. Passata la prima sorpresa e perplessità la mamma dovrebbe entrare subito in azione e aiutare il bambino o la bambina a far pace con se stesso/a. Può capitare di “sentirsi” diversi ma poi tutto passa, specialmente se il papà ama la mamma e la mamma ama il papà (come avevano “promesso” prima di scambiarsi gli anelli). E invece nell’euforia dei “diritti di sentire” e di “fare quel che mi pare” si prende sul serio una fantasia e un’autosuggestione del / della bambina, …. e, quasi quasi, si decide di andare contro la loro natura biologica.

La sorpresa invece è che lo scorso anno l’Agenzia italiana per il farmaco (Aifa) aveva dato il proprio parere favorevole affinché la triptorelina fosse inserita nell’elenco dei medicinali a carico del Servizio sanitario nazionale. Il 13 luglio del 2018 il Comitato nazionale di bioetica, con un solo voto contrario, aveva anch’esso dato il via libera all’uso di questo principio attivo. Lo scorso 2 marzo, infine, sulla Gazzetta Ufficiale si poteva leggere che tale farmaco sarà pagato da noi contribuenti solo per «casi selezionati in cui la pubertà sia incongruente con l’identità di genere (disforia di genere), con diagnosi confermata da una equipe multidisciplinare specialistica in cui l’assistenza psicologica, psicoterapeutica e psichiatrica non sia risolutiva»  Cioè si potrà in teoria usare questo farmaco solo come extrema ratio dove tutte le altre soluzioni sembrerebbero vane. Certo il “problema” di sentirsi dell’altro sesso, o come si dice “in un corpo sbagliato” non sarà per niente risolto. Anzi. La triptorelina è un farmaco che, tra i vari usi, viene impiegato per ritardare lo sviluppo puberale nei ragazzi tra i 12 e i 16 anni. In Italia già dal 2013 l’ospedale Careggi di Firenze lo adopera per quei casi cosiddetti di “disforia di genere” che interessano minori. Si blocca lo sviluppo puberale del bambino /bambina che dice di non riconoscersi nel suo sesso biologico o che nutre alcuni dubbi sulla sua identità psicologica sessuale e lo si lascia prepubere affinché, passato un po’ di tempo, si chiarisca le idee e decida a che sesso “appartenere”, oppure si proceda alla “rettificazione sessuale” chirurgica in modo più agevole, dato che i suoi attributi sessuali non si sono ancora sviluppati appieno.

I possibili effetti collaterali della triptorelina sono ictus, patologie cardiache, aumento degli zuccheri nel sangue, costipazione, problematiche in ambito sessuale, diarrea, capogiri, mal di testa, vampate, perdita dell’appetito, nausea, insonnia, fastidi allo stomaco, stanchezza o debolezza, vomito ….. sugli adulti. Scienza & Vita e il Centro studi Livatino con un complesso documento avevano rilevato che mancano sufficienti studi clinici soprattutto in merito ai possibili effetti negativi a lunga scadenza (follow-up). Oltre al solito rischio concreto che «la pratica clinica quotidiana degeneri, finendo per ridurre la soluzione di un problema così complesso e decisivo per la persona alla banale somministrazione di una molecola». In altri termini, il farmaco sarà pure efficace nel bloccare la pubertà, ma non per risolvere i problemi psicologici del minore. Lo studio, in aggiunta, appuntava un dato importante: sarà lo sviluppo sessuale stesso di un minore confuso ad aiutarlo a superare questa confusione.

La triptorelina con un complicato meccanismo centrale blocca la produzione di ormone follicolo stimolante e luteinizzante in modo che non si sviluppino i follicoli ovarici che producono estrogeni e progesterone e nel maschio le cellule del Leydig che producono il testosterone. E’ un farmaco da usare nelle cosiddette “pubertà precoci” quando cioè a 6 / 8 anni compaiono i caratteri sessuali propri dell’adolescente. Questa è una condizione non fisiologica, che disturba lo sviluppo naturale del bambino o bambina, che all’improvviso mentre gli amichetti giocano coi pupazzetti loro si trovano ad avere pensieri erotici, barba, cambio della voce, seno, ciclo mestruale e blocco della crescita staturale.

Vale la pena di leggere il lungo documento del Collegio americano dei Pediatri aggiornato nel settembre 2017 (Gender ideology harms children. “L’ideologia gender fa male ai bambini). Senza giri di parole si espresse proprio sulla tematica del blocco puberale per i minori affetti da disforia di genere indotto con farmaci: «La sessualità umana è un carattere oggettivo, biologicamente binario: “XY” e “XX” sono indicatori genetici del maschio e della femmina, rispettivamente - non marcatori genetici di un disordine. […] Nessuno nasce con la consapevolezza di essere maschio o femmina: questa consapevolezza si sviluppa nel tempo e come tutti i processi di sviluppo può essere distorto dalle percezioni soggettive del bambino, dalle sue relazioni ed esperienze negative, dall’infanzia in avanti. […] La convinzione di una persona di essere qualcosa che in realtà non è, costituisce, nella migliore delle ipotesi, il segno di un pensiero confuso. Quando un ragazzo altrimenti sano crede di essere una ragazza esiste un problema oggettivo che sta nella testa, non nel corpo, e dovrebbe essere trattato come tale. Questi bambini soffrono di disforia di genere. La disforia di genere (GD), in passato annoverata quale disordine dell’identità di genere (GID), è un disordine mentale riconosciuto nella più recente edizione del Diagnostic and statistical manual dell’American Psychiatric Association (DSM-V). […] La pubertà non è una malattia e gli ormoni che bloccano la pubertà possono essere pericolosi. Reversibili o meno, gli ormoni che bloccano la pubertà inducono uno stato di malattia - l’assenza della pubertà - e inibiscono la crescita e la fertilità in un bambino precedentemente sano. Secondo il DSM-V, fino al 98% dei bambini con confusione di genere e fino all’88% delle bambine con confusione di genere accettano il proprio sesso biologico dopo che attraversano naturalmente la pubertà. I bambini che assumono ormoni blocca-pubertà per impersonare l’altro sesso richiederanno ormoni cross-sex nella tarda adolescenza. Questa combinazione porta alla sterilità permanente. Questi bambini non saranno mai capaci di concepire un bambino neppure attraverso le tecnologie riproduttive. Inoltre, gli ormoni cross-sex (testosterone ed estrogeni) sono associati a gravi rischi per la salute, compresi (ma non solo) malattie cardiache, alta pressione, trombi, infarto, diabete e cancro. I tassi di suicidio sono quasi venti volte più alti negli adulti che usano ormoni cross-sex e si sottopongono alla chirurgia per il cambio di sesso, persino in Svezia che è tra i paesi più tolleranti con le persone LGBTQ. Quale persona compassionevole e ragionevole condannerebbe i bambini a questo destino sapendo che dopo la pubertà fino all’88% della bambine e fino al 98% dei bambini accetteranno alla fine la realtà e raggiungeranno uno stato di benessere mentale e fisico? Condizionare i bambini a credere che una vita intera di impersonificazione chimica o chirurgica dell’altro sesso sia una cosa normale è violenza sui bambini».

Dunque bisogna incoraggiare le mamme e i papà a non lasciarsi coinvolgere nelle idee confuse dei figlioletti e accompagnare con dolce determinazione a vivere la loro sessualità naturale.

 

Gabriele Soliani

 

 

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Ultimo aggiornamento: 12 novembre 2021
 
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