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DICEMBRE 2015

     

 

GLI SCIACALLI E IL SACRIFICIO UMANO

di Mario Adinolfi  (direttore de “LA CROCE”)

 

Le Iene, una notissima trasmissione di prima serata, manda in onda ventisei minuti di spot pro-eutanasia. Sono un tempo televisivo lunghissimo, praticamente infinito, ventisei minuti. Nessun servizio della trasmissione dura così tanto. La “pezzatura” più lunga, quella da quindici minuti, era stata assegnata nella puntata precedente allo stesso autore per un servizio in cui si affermava nella prima frase che “la tossicodipendenza è una malattia, l’eroina è una medicina”. E giù interviste in primo piano a tossici devastati e medici con il ghigno sapiente per spiegarci che l’eroina fa bene, veniva prodotta dalla Bayer insieme all’aspirina come medicina. Pensavamo d’aver visto il culmine dello sciacallesco modo di fare intrattenimento (e milioni di euro in spot) sulla pelle dei disperati. Poi sono arrivati i ventisei minuti pro-eutanasia con una telecamera sparata in faccia a Michèle Causse, il primissimo piano sul volto della donna mentre muore dopo aver ingurgitato un veleno, il pentobarbital, il cui costo in farmacia per la dose letale è di circa 95 euro, venduto dall’associazione svizzera Dignitas a 12mila euro cioccolata inclusa per lenire l’amaro del gusto della pozione. E ho capito che gli sciacalli ormai trasformati in avvoltoi hanno toccato una nuova frontiera della loro idea di spettacolo: il sacrificio umano.

La narrazione delle Iene da mesi è su una linea ideologica ben precisa e ferocemente insistente: “matrimonio” omosessuale, omogenitorialità, droga libera, eutanasia. Il racconto è talmente pervicace da arrivare a mescolare i piani. Credevamo d’aver visto il culmine nella puntata in cui si prendeva un malato terminale e lo si costringeva a “sposare” davanti alle telecamere il suo compagno gay a pochi giorni dalla morte. Nell’intervista il morituro spiegava chiaramente di non avere in gran conto la battaglia delle associazioni Lgbt per il “matrimonio egualitario”. Ma le regole dello spettacolo sciacallesco esigono immagini e allora vai con anelli e lacrime e un “matrimonio” finto a decesso incipiente.

Stavolta il piano intersecato prevedeva come protagonista Michèle Causse, lesbica radicale, francese e accompagnata in Svizzera da due amiche e da loro consegnata all’associazione Dignitas. Che, a differenza di quel che pensate, non opera in nessuna “clinica”. Opera nelle case dei suoi dirigenti, che vanno a comprare i quindici grammi di pentobarbital in farmacia, preparano la dose letale in cucina tra le tazzine sporche del caffè, poi la somministrano al disperato dopo aver intascato i dodicimila euro e aver girato un video dove il suicida afferma di essere lì di propria volontà. Il video usato dalle Iene ha per protagonista come strumento del suicidio di Michèle una donna anziana, definita dallo sciacallo autore del servizio come “la dolcissima Erika”. Proprio mentre pronuncia queste parole le si gira lo strano ciondolo triangolare che porta al collo e guardate il simbolo che per tutto il servizio era rimasto coperto: è un pentacolo rovesciato, una stella a cinque punte iscritta in un cerchio con le punte rivolte verso l’alto, notissimo simbolo satanista. E il triangolo ben visibile richiama a tutti il tradizionale simbolo massonico. Minuto 11.45 del servizio

degli sciacalli, per la precisione. L’immagine di Michèle che muore in primissimo piano è terrificante, ma basta andare oggi su alcuni siti che pubblicizzano il pentobarbital per capire gli effetti dello spot al sacrificio umano realizzato dalle Iene. In moltissimi chiedono come ci possa procurare l’intruglio letale, la “dolcissima Erika” spiega d’altronde che ci si addormenta in uno o due minuti, per gli aspiranti suicidi da oggi il pentobarbital è il sacro graal. E guai al prossimo che mi viene a scassare la minchia per strada chiedendomi soldi per Amnesty International e la sua campagna contro la pena di morte: il pentobarbital è il veleno piazzato dentro ogni “iniezione letale” nei tanto esecrati Stati Uniti. In effetti non vedo più alle Iene servizi contro la pena di morte.

Il pentobarbital o va bene sempre o non va bene mai. A quanto pare agli avvoltoi conviene che vada bene sempre. Dal punto di vista televisivo mandare in un programma di prima serata ventisei minuti

di propaganda al suicidio con un primissimo piano insistito di una donna che muore, per innalzare gli ascolti e vendere più spot, è un atto gravissimo e intollerabile. Non so cosa di peggio si possa fare, la tv del dolore e dei casi umani è sempre stata irrisa e giustamente marginalizzata, qui siamo alla più irriverente pornografia e al sacrificio umano spettacolarizzato.

Non vorremmo essere i soli, noi de La Croce, a protestare contro la china presa da un programma che ha deciso di diventare un manifesto ideologico in ogni puntata della visione antropologica di chi trasforma le persone in cose e le cose fallate in qualcosa da eliminare, spettacolarizzando i disperati con i loro percorsi suicidi e esaltando le procedure di compravendita di esseri umani proprie ad esempio dell’acquisto di gameti e bambini, dell’affitto di uteri, inevitabilmente presenti nei percorsi “omogenitoriali”. Questa visione antropologica che reifica la

persona umana non può essere venduta da un programma di prima serata con l’operazione sistematica in corso, senza che si alzi un vento popolare di protesta contro l’orrore.

Anche i vertici Mediaset dovrebbero rendersi conto dell’operazione orrenda in atto e a Davide Parenti, dominus del programma, chiedo di fermare questo processo che so essergli chiarissimo e di cui è ispiratore. Ora basta. Il sacrificio umano è troppo. Chiunque se ne rende conto. Anche all’interno della redazione delle Iene spero che si avvii un dibattito serrato per mettere un argine a questa deriva disumana. E l’Italia rifletta su quel che sta accadendo: ha gli anticorpi per reagire, non si faccia fottere da avvoltoi e sciacalli. Conservi il suo tratto di umanità e di amore, che cura la disperazione con l’amore e fa sì che il suicidio non sia tra i beni commerciali posti in vendita a catalogo.

La vita non si spegne con un servizio a pagamento, rivendendo a 12mila euro quel che costa 95, sperando che ci sia una tv che spacci per “dolcissima” quella che è solo una iena che porge un veleno fatale e poi prova a mascherare l’amaro con un quadratino di svizzera cioccolata. Non fatevi fregare, leggete il progetto in corso che vuole devastare la famiglia naturale, renderci individui soli a manipolabili, eliminabile quando non produttivi. Noi siamo l’Italia che resiste a questa omologazione culturale, l’Italia che cura e non uccide, che lenisce il dolore e non sopprime, che non sa partorire l’ideologia attecchita altrove per cui si prova a dire che uccidiamo per il bene degli uccisi. Noi sappiamo e riconosciamo gli spacciatori di bugie, gli ideologi della morte, perché siamo da sempre depositari di una cultura della vita a cui non rinunceremo perché quattro sciacalli provano a rendere spettacolare un suicidio ripreso in primo piano senza vergogna, senza un briciolo di umanità, senza pietà. E gli empi non prevarranno. Mario Adinolfi

 

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