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MAGGIO 2002

     

LA MITEZZA

La mitezza, virtù di Gesù

            “Imparate da me che sono mite ed umile di cuore e troverete ristoro per le vostre anime”

(Mt 11,29)

Gesù si è paragonato all’agnello, animale inoffensivo e docile, che si lascia anche condurre al macello, per farsi cibo degli uomini. E’ l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo. Così lo chiamò il Battista e lo indicò agli uomini, lui che era severo e intransigente con se stesso e con gli altri. E’ il capro espiatorio: Il popolo di Dio, nell’Antico Testamento, offriva a Dio molti sacrifici per propiziarsi la misericordia e la benevolenza divina, tra questi c’era il sacrificio del “capro espiatorio”, che si faceva una volta all’anno, nel giorno dell’espiazione: si prendeva un capro, si deponeva sull’altare, il sacerdote imponeva su di lui le mani e faceva ricadere su di lui tutti i peccati del popolo. Questo capro non poteva essere offerto a Dio perché coperto di peccato e allora veniva respinto nel deserto, lontano dal popolo. Il capro espiatorio è chiaramente immagine di Cristo, che avrebbe preso su di sé il nostro peccato e sarebbe stato allontanato dagli uomini, messo a morte sul Calvario.

Così ne parla Geremia, profeta del Signore: “Il Signore me lo ha manifestato e io l’ho saputo; allora ha aperto i miei occhi sui loro intrighi.

Ero come un agnello mansueto che viene portato al macello, non sapevo che essi tramavano contro di me, dicendo: “Abbattiamo l’albero nel suo rigoglio, strappiamolo dalla terra dei viventi; il suo nome non sia più ricordato”. (Ger 11,18-19)

Gesù non accetta l’inevitabile per debolezza o per impotenza, ma per compiere la volontà del Padre, che era quella di salvare l’uomo peccatore con il sacrificio dell’Innocente. In questo caso la mitezza non è debolezza ma forza.

 

La mitezza virtù dell’uomo saggio

La mitezza, praticata sull’esempio di Gesù, è virtù di equilibrio, ci permette di non lasciarci travolgere dalle emozioni negative per scoraggiarci, né da quelle positive per esaltarci. I sentimenti eccessivi sono tipici dei giovanissimi, che non sanno ancora dosare i propri sentimenti e sono facilmente catturabili dalle illusioni; gli adulti, invece, dovrebbero saper orientare la loro vita e darle il giusto valore, dovrebbero aver imparato a parare i colpi molto duri per non essere distrutti, arginare le piene impetuose perché non dilaghino rovinosamente.

La mitezza quindi, anche umanamente, è virtù che favorisce la maturità affettiva, ma rapportata alla vita spirituale, essa orienta le persone a fare la volontà di Dio, che è l’unico progetto che l’uomo dovrebbe avere, l’unico obiettivo sicuro, l’unico traguardo davvero importante. I nostri obiettivi, i nostri traguardi sono tutti al condizionale, spesso richiedono sforzi e impegno che logorano e non pagano. Noi, così accorti nelle nostre cose, così attenti a non lasciarci ingannare, logoriamo noi stessi in progetti fatui, illusi dalle nostre fantasie, dalle nostre manie di grandezza, dalla nostra smania di dominio e di comando, dalla nostra avidità di ricchezza.

Il Figlio di Dio, sapienza infinita, è venuto in terra e ha scelto per sé la povertà onesta e dignitosa, il lavoro umile e faticoso, che gli permetteva appena di avere il necessario, non ha frequentato i maestri del tempo, da cui prendevano lustro quelli che volevano farsi notare e imporsi agli altri, non ha accettato incarichi di prestigio. Suo unico cibo, suo unico desiderio era fare la volontà del Padre (Gv 4,34) e questa ha fatto anche se era così esigente da chiedergli l’umiliazione più ingiusta, più totale. Gesù non è venuto a punire ma a perdonare e ad ottenerci il perdono pagando personalmente il prezzo dovuto alla giustizia; il prezzo era la morte perché il peccato dell’uomo era mortale, ma Egli era l’Innocente, l’Amore e l’Amore non può morire perché è vita, vita divina e perciò abbiamo assistito alla morte riparatrice, alla morte del peccato e al trionfo dell’Amore redentore, dell’Amore indistruttibile che è vita eterna e gloriosa.

Il mistero pasquale di Gesù ci ha fatto capire che solo l’amore redime il peccato e permette alla vita di trionfare. Se vogliamo vincere sulla morte che insidia la nostra vita: morte fisica, morte spirituale, morte di relazioni, morte di ogni cosa che può finire, non abbiamo che da dilatare il cuore ad un amore più grande, ad accogliere le persone con i loro limiti, a far morire in noi l’orgoglio ferito, accettando l’umiliazione della croce, perdonando l’offensore e sentiremo risorgere in noi una creatura nuova, una creature che, come agnello mansueto, sacrifica se stessa, ma non permette all’amore di morire.

La mansuetudine è oblatività, la mansuetudine è santità e perfezione.

 

La mitezza in famiglia

            Oggi la violenza entro le mura familiari fa paura. Una mamma, un papà, un figlio può diventare un carnefice. E’ veramente il dramma più grande del nostro tempo. Non c’è giorno che non aggiunga altre vittime alla lista dei drammi familiari.

            Perché tanti messaggi di morte nella mente e nel cuore dell’uomo moderno? Perché tanta violenza? Perché questa smania distruttiva?

            Perché geneticamente oltre che attraverso l’azione educativa si trasmettono messaggi di odio, di violenza, di intolleranza, di vendetta, di prepotenza, di egoismo, di protesta…

            L’uomo moderno trova dentro di sé la malizia del peccato e non sa difendersi perché l’azione educativa è debole o addirittura tesa a rafforzare l’aggressività che il bambino ha somatizzato. Oggi tutti hanno l’idea di trovarsi in un ring e che la vita sia una partita di pugilato in cui vince chi colpisce per primo, con l’aggravante che mentre nel pugilato alcune regole ci sono, nel mondo moderno non si accettano regole e spesso le passioni aggressive sono così violente da soffocare completamente anche i sentimenti più sacri: quelli familiari.

 

Come educare alla non violenza

            E’ urgente educarci alla non violenza, se non volgiamo vedere noi stessi, le nostre famiglie e l’intera società rovinare paurosamente. Come fare? Ecco alcune norme evangeliche:

  1. Non accettare dentro di noi pensieri di odio, di vendetta, di rancore, di morte. Confessarli come fossero peccato, perché tali sono se accompagnati dal desiderio di attuarli.
  2. Alimentare pensieri di misericordia, di compassione, di gratuità, di tolleranza, di pace.
  3. Imparare a dialogare civilmente: fare del dialogo un momento familiare importante, inserirlo nel proprio progetto di vita e nel progetto familiare.
  4. Farsi un progetto familiare improntato sui valori evangelici della tolleranza, della bontà, della misericordia.
  5. Non pronunciare parole offensive di disprezzo, di ira; soprattutto non maledire, al contrario benedire, perché a questo siamo chiamati.
  6. Perdonare sempre, perdonare tutto, perdonare tutti, fare del perdono la propria missione.
  7. Impegnarsi a fare del bene a tutti, senza fare distinzione tra buoni e cattivi, parenti ed estranei, amici e nemici.
  8. Analizzare bene la propria coscienza e se c’è qualcosa che ci inquieta spiritualmente, confessarla e proporsi di non farla più.

 

In sintesi dobbiamo mettere in questo mondo quello che vorremmo trovarci e che vorremmo ci trovassero i nostri figli, secondo la nota espressione di S. Agostino: “Se vuoi amore, metti amore e troverai amore”; Se vuoi pace, metti pace e troverai pace. Se vuoi dialogo, metti dialogo e troverai dialogo.

La mitezza come dono dello Spirito

La mitezza è un frutto dello Spirito. Essa implica dolcezza d’animo. Come tutti i frutti dello Spirito, nasce in una terra (il nostro cuore) pacificata dall’amore di Dio, dalla decisione di rinunciare a vedere, pensare e agire secondo il mondo che è una terra incolta dove proliferano erbacce di ogni genere, alcune nocive, altre ingombranti, tutte dannose per il buon seme o perché succhiano i sali necessari alla sua crescita o perché impediscono alla pianta di vedere il sole. Gesù parla del suo campo dove ha seminato buon seme, ma ha visto crescere la zizzania tra il grano e dice appunto: il campo è il mondo (Mt 13,36-43).

        L’erba cattiva inasprisce gli animi, rende la persona preoccupata, irascibile, sgarbata, sempre in assetto di guerra, sempre pronta ad attaccare per paura di essere attaccata. L’erba cattiva toglie il sorriso dal cuore e dalle labbra, alimenta le prevenzioni, i sospetti, le difese; ostacola la gentilezza di modi, di parole, di gesti….

       Che gran nemico il diavolo! Che seminatore instancabile di discordia! E quanti alleati trova nel mondo, pronti ad assecondare il suo piano di odio e a scagliarsi anche senza motivo contro i servi del Signore!

       E’ chiaro che essendo una virtù, un frutto dello Spirito, la mitezza può nascere solo dove regna l’Amore puro. Essa può paragonarsi a quei fiori di prato che a primavera fanno intenerire la terra. Non c’è niente di più dolce, di più semplice di un prato costellato di margherite; non c’è nulla di più disarmante dell’occhio limpido di un bambino. La mitezza non ammette finzioni, non è opportunista, non ha secondi fini; essa sboccia spontanea dal cuore pacificato.

       Chi possiede questa virtù, se soffre non fa pesare la sua sofferenza, è disposto a pagare di persona senza recriminare. Vive ogni evento in profondità, facendo trapelare all’esterno solo la dolcezza, la gratuità, il desiderio di giovare al prossimo.

 

La mansuetudine nella vita di coppia e di famiglia

            Il coniuge mansueto, non inasprisce l’altro coniuge con atteggiamenti irritanti di chiusura, di pretesa, di desiderio di prevalere.

            Può succedere però che il coniuge sia disturbato di suo e venga irritato anche dalla dolcezza; in questo caso il silenzio vale più della parola, ma un silenzio che è preghiera allo Spirito che “sana ciò che sanguina, piega ciò che è rigido, drizza ciò che è sviato”. Purtroppo in noi ci sono resistenze refrattarie ad ogni intervento, che solo lo Spirito può domare.

            Sicuramente camminare in due non è semplice, è come andare in tandem: se non si sincronizzano i movimenti si fa più fatica che andare da soli. Lo stesso accade con i figli. La coppia Beltrani Quattrocchi, che il Papa ha proposto alla venerazione delle famiglie, aveva trovato il sincronismo. Si erano identificati nell’ “ordito e la trama”. Come l’ordito offre alla trama la possibilità di intrecciarsi e la lascia libera di disegnare, strada facendo, ciò che vuole, perché vede che la trama, saltando i fili, intrecciandosi in un modo o nell’altro lo va rendendo bello, resistente, prezioso il tessuto, così la trama introduce le sue operazioni con delicatezza, rispetto, senza spezzare fili, che renderebbero meno resistente il tessuto, imperfetto il disegno, più difficoltoso anche il suo lavoro.

            La virtù che permette un lavoro armonioso, privo di resistenza è proprio la mitezza. Essa esige un animo nobile, conscio della propria dignità e di quella degli altri. La mitezza non elimina le difficoltà della vita: una vita senza difficoltà è come una tela semplice, sicuramente utile, ma non arricchita dal lavoro dell’artista e dalla preziosità del filo. La difficoltà ad armonizzarsi sono come quelle stoffe che richiedono una lavorazione laboriosa, difficile a prodursi, ma sicuramente di grande valore.

            Se capissimo questo forse saremmo più docili nel lasciarci lavorare da Dio, per impreziosire il nostro filo e dal coniuge per realizzare quel disegno che l’Artista divino ha pensato quando ci ha fatto incontrare, ci lasceremmo lavorare dai figli per decorare e ricamare la nostra stoffa.

            La mitezza è duttilità, malleabilità, elasticità, qualità tutte che eliminano la resistenza che logora, le ostinazioni irriducibili.

            E’ proprio necessario chiedere allo Spirito Santo che ci dia questa virtù.

            Il temperamento, la psicologia, l’eredità possono giocare a favore o a sfavore di questa dote dell’anima, ma l’impegno personale è indispensabile ed è vincente se viene accompagnato dalla costanza.

            Tutti i santi si sono impegnati a lavorare su se stessi e, trovati gli aspetti carenti della loro spiritualità, si sono dati una seconda natura. Proprio questo diceva Gesù a Nicodemo, quando affermò che era necessario rinascere dall’Alto. La rinascita è opera dello Spirito, ma l’uomo deve metterci la buona volontà. Tutti siamo chiamati ad imitare Gesù: “Imparate da me che sono mite ed umile di cuore”, tutti siamo chiamati ad amare e chi ama è paziente, benigno, mite, tollerante, disposto a perdere le cose prima di perdere le persone; chi ama penetra con il sorriso nel cuore dell’altro, chi ama è delicato, rispettoso, venera la persona in cui vede il riflesso di Dio, chi ama è perfetto.

            “Ama, dice S. Agostino, e fa’ quel che vuoi”.

 

            Per approfondire questo argomento è opportuno far nostro il Decalogo per la Pace che il Papa ha proclamato ad Assisi:

  1. Ci impegniamo a proclamare la nostra ferma convinzione che la violenza e il terrorismo si oppongono al vero spirito religioso e, condannando qualsiasi ricorso alla violen-za e alla guerra in nome di Dio o della religione, ci impegniamo a fare tutto il possibile per sradicare le cause del terrorismo.
  2. Ci impegniamo a educare le persone al rispetto e alla stima reciproci, affinché si possa giungere ad una coesistenza pacifica e solidale fra i membri di etnie, dì culture e di religioni diverse.
  3. Ci impegniamo a promuovere la cultura del dialogo, affinché si sviluppino la comprensione e la fiducia reciproche fra gli individui e fra i popoli, poiché tali sono le condi-zioni di una pace autentica.
  4. Ci impegniamo a difendere il diritto di ogni persona umana a condurre un’esistenza degna, conforme alla sua identità culturale, e a fondare liberamente una propria famiglia.
  5. Ci impegniamo a dialogare con sincerità e pazienza, non considerando ciò che ci separa come un muro insormontabile, ma, al contrario, riconoscendo che il confronto con la diversità degli altri può diventare un’occasione dì maggiore comprensione reciproca.
  6. Ci impegniamo a perdonarci reciprocamente gli errori e i pregiudizi del passato e del presente, e a sostenerci nello sforzo comune per vincere l’egoismo e l’abuso, l’odio e la violenza, e per imparare dal passato che la pace senza la giustizia non è una pace vera.
  7. Ci impegniamo a stare accanto a quanti soffrono per la miseria e l’abbandono, facendoci voce di quanti non hanno voce e operando concretamente per superare simili situazioni, convinti che nessuno possa essere felice da solo.
  8. Ci impegniamo a fare nostro il grido di quanti non si rassegnano alla violenza e al male, e desideriamo contribuire con tutte le nostre forze a dare all’umanità del nostro tempo una reale speranza di giustizia e di pace.
  9. Ci impegniamo a incoraggiare qualsiasi iniziativa che promuova l’amicizia fra i popoli, convinti che, se manca un’intesa solida fra i popoli, il progresso tecnologico espone il mondo a crescenti rischi di distruzione e di morte.
  10. Ci impegniamo a chiedere ai responsabili delle nazioni di compiere tutti gli sforzi possibili affinché, a livello nazionale e a livello internazionale, sia edificato e consolidato un mondo di solidarietà e di pace fondato sulla giustizia» (Giovanni Paolo II, 24 gennaio 2002)

 

Proposito: Non lasciamo passare giorno senza fare qualche opera buona in favore di chi ci offende.

                 Diamo esempio ai figli di dialogo rispettoso e costruttivo.

             

 

 

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Ultimo aggiornamento: 12 novembre 2021
 
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