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MAGGIO 2010

     

LO SVILUPPO DEI POPOLI E LA TECNICA (Caritas in veritate, cap. VI)

 

            La scienza parte dall’osservazione attenta della natura. Nessuno scienziato crea, semmai copia, imita e inventa oggetti, medicine, strumenti, robot che mette al servizio dell’uomo.

            I nostri scienziati, a tutti i livelli, solo perché hanno esplorato un piccolissimo ambito dello scibile, vanno in delirio di onnipotenza! Ma non dovrebbe, ogni scoperta, riempirli di stupore e farli esclamare: “Dio ha fatto bene ogni cosa?” Ma viviamo un’epoca materialista ed edonista, segnata dall’orgoglio umano di sostituirsi a Dio e da questa influenza maligna non si salvano neanche gli scienziati, è un veleno sottile che inquina l’aria, il pensiero, i modi di vivere.

            Il Papa ci ripete: “Non siamo artefici di noi stessi, non ci autogeneriamo, la tecnica ci può aiutare ma non ci può dare l’essere; la stessa riproduzione in provetta, la clonazione partono sempre dal “già esistente”, non si può sfidare Dio, mettendosi alla ricerca del “Big – ben” che ha dato inizio alla creazione. Il “Big – ben”, se un “Big – ben” c’è stato, è il “Voglio!” dell’Onnipotente.

            La vita è talmente perfetta, talmente varia, talmente inafferrabile anche per dimensioni che l’uomo che non sa stupirsi e pensa di arrogarsene la paternità, desta preoccupazione circa la sua salute mentale.

            “Il problema dello sviluppo oggi è strettamente congiunto con il progresso tecnologico, con le sue strabilianti applicazioni in campo biologico. La tecnica – è bene sottolinearlo – è un fatto profondamente umano, legato all’autonomia e alla libertà dell’uomo. Nella tecnica si esprime e si conferma la signoria dello spirito sulla materia. Lo spirito, «reso così “meno schiavo delle cose, può facilmente elevarsi all’adorazione e alla contemplazione del Creatore”». La tecnica permette di dominare la materia, di ridurre i rischi, di risparmiare fatica, di migliorare le condizioni di vita. Essa risponde alla stessa vocazione del lavoro umano: nella tecnica, vista come opera del proprio genio, l’uomo riconosce se stesso e realizza la propria umanità. La tecnica è l’aspetto oggettivo dell’agire umano, la cui origine e ragion d’essere sta nell’elemento soggettivo: l’uomo che opera. Per questo la tecnica non è mai solo tecnica. Essa manifesta l’uomo e le sue aspirazioni allo sviluppo, esprime la tensione dell’animo umano al graduale superamento di certi condizionamenti materiali. La tecnica, pertanto, si inserisce nel mandato di “coltivare e custodire la terra” (cfr Gn 2, 15), che Dio ha affidato all’uomo e va orientata a rafforzare quell’alleanza tra essere umano e ambiente che deve essere specchio dell’amore creatore di Dio. (Caritas in veritate Nà 69)

 

LIBERTA’ ASSOLUTA

            L’inganno dell’uomo moderno è quello di non capire il suo ambito e di sconfinare in quello di Dio. Per poterlo fare mette in parentesi Dio e ipotizza che una forza neutra abbia originato la vita. Se lui riesce ad appropriarsi di questa forza cieca, può dirigere lui la creazione e, da fruitore, diventare attore. Ma, mettendo fra parentesi Dio, fa coincidere il vero con il fattibile.

            Lo sviluppo tecnologico può indurre l’idea dell’autosufficienza della tecnica stessa quando  l’uomo, interrogandosi solo sul come, non considera i tanti perché dai quali è spinto ad agire. E` per questo che la tecnica assume un volto ambiguo. Nata dalla creatività umana quale strumento della libertà della persona, essa può essere intesa come elemento di libertà assoluta, quella libertà che vuole prescindere dai limiti che le cose portano in sè. Il processo di globalizzazione potrebbe sostituire le ideologie con la tecnica, divenuta essa stessa un potere ideologico, che esporrebbe l’umanità al rischio di trovarsi rinchiusa dentro un a priori dal quale non potrebbe uscire per incontrare l’essere e la verità. In tal caso, noi tutti conosceremmo, valuteremmo e decideremmo le situazioni della nostra vita dall’interno di un orizzonte culturale tecnocratico, a cui apparterremmo strutturalmente, senza mai poter trovare un senso che non sia da noi prodotto. Questa visione rende oggi così forte la mentalità tecnicistica da far coincidere il vero con il fattibile. Ma quando l’unico criterio della verità è l’efficienza e l’utilità, lo sviluppo viene automaticamente negato. Infatti, il vero sviluppo non consiste primariamente nel fare. Chiave dello sviluppo è un’intelligenza in grado di pensare la tecnica e di cogliere il senso pienamente umano del fare dell’uomo, nell’orizzonte di senso della persona presa nella globalità del suo essere. Anche quando opera mediante un satellite o un impulso elettronico a distanza, il suo agire rimane sempre umano, espressione di libertà responsabile. La tecnica attrae fortemente l’uomo, perché lo sottrae alle limitazioni fisiche e ne allarga l’orizzonte. Ma la libertà umana è propriamente se stessa, solo quando risponde al fascino della tecnica con decisioni che siano frutto di responsabilità morale. Di qui, l’urgenza di una formazione alla responsabilità etica nell’uso della tecnica. A partire dal fascino che la tecnica esercita sull’essere umano, si deve recuperare il senso vero della libertà, che non consiste nell’ebbrezza di una totale autonomia, ma nella risposta all’appello dell’essere, a cominciare dall’essere che siamo noi stessi.

            Questa mania di grandezza, questa febbre del superuomo, ci fa pensare che anche l’accordo tra i popoli, che oggi con la globalizzazione in atto, è un’urgenza, si possa risolvere con la tecnica, magari approntando un buon organigramma a tavolino, ma il fatto è che questi popoli hanno culture millenarie, non sempre compatibili tra loro e se non si fa un lavoro serio di accettazione reciproca, in base a ciò che ci unisce, e questo è la nostra anima, il nostro essere uomini con pari dignità, perché tutti provenienti dall’unico Padre, l’incontro si può trasformare in scontro e gli scontri tra popoli si chiamano guerre. Può la diplomazia evitare le guerre? Lo potrebbe se per diplomazia si intendesse dialogo sereno e rispettoso, senza altri fini, senza smanie di prevalere sugli altri, senza desiderio di lucro… se fosse un dialogo tra fratelli. Ecco, appunto, ma allora la prima urgenza è quella di riconoscerci fratelli e poi lavorare sui nostri egoismi, acquisire sentimenti di compassione nei riguardi dei più svantaggiati, suscitare in noi il desiderio di solidarietà e di gratuità e mettersi all’opera per eliminare le differenze a tutti i livelli. sul piano del sapere, della scienza, della tecnica, dell’economia, del rispetto delle religioni, del rispetto degli individui…

            Ma questo è il progetto che l’Amore Misericordioso ha ispirato a Madre Speranza per l’uomo moderno, perché potesse affrontare questo periodo così confuso che lo attendeva.

            Se questo progetto fosse applicato in larga scala, avremmo la vera globalizzazione nell’Amore di Dio e potremmo davvero pensare di aver superato l’esame per l’ingresso nel Regno dei cieli. In fondo questo vuole Dio dal cristiano.

            Il Papa propone questo programma a livello mondiale, noi possiamo cominciare ad applicarlo a livello familiare e comunitario:

  1. Riconoscersi fratelli,
  2. lavorare sul proprio egoismo,
  3. acquisire sentimenti di compassione nei riguardi dei più svantaggiati,
  4. suscitare in noi desideri di solidarietà gratuita,
  5. agire in conseguenza.

            Vivere la fraternità in famiglia sembrerebbe facile, ma a volte basta toccare solo un po’ il proprio egoismo ed ecco la dichiarazione di guerra, che a volte dura per l’intera vita.

            Il vero nemico della globalizzazione, che potremmo chiamare anche comunione, è l’egoismo, che ci asserraglia intorno a noi stessi e non ci fa vedere gli altri se non per il nostro piacere e utilità. Si tratta davvero di una malattia dello spirito da cui vaccinarsi con dosi massicce di grazia di Dio e di infusioni di Spirito Santo. Superato questo scoglio, tutto il resto nasce come conseguenza. si aprono gli occhi sugli altri, che prima non si vedevano, se ne riconosce il bisogno, si corre ai ripari anche pagando di persona.

Ma tutto questo si chiama: CRISTIANESIMO.

            Ma si può sperare in una globalizzazione positiva se si esclude l’elemento aggregante che è Dio e il suo Cristo? Anche la famiglia perde la sua identità se esclude Dio. Questo è il senso dell’affermazione di Giovanni Paolo II: “Famiglia diventa ciò che sei!” (Familiaris consortio), se hai perso la tua identità, recuperala per poterne godere i benefici.

            Oggi Benedetto XVI ci dice: “Mondo, diventa ciò che sei!”, ciò che sei nel progetto originario del tuo Dio e Signore, fa di tutto il mondo un altare da cui si leva la lode a Dio per averci fatto fratelli, per averci dato l’amore, per averci dato la volontà di sostenerci a vicenda, per averci dato il mondo intero per provvedere alle nostre necessità, per cui a noi non resta che il compito di distribuircele, come quando Gesù moltiplicò i pani e i pesci e agli Apostoli diede solo l’incarico di distribuire a ciascuno secondo il bisogno e di raccogliere gli avanzi per evitare gli sprechi.

            Questo dovrebbe essere il compito delle persone chiamate a presiedere la vita dei popoli e dei continenti. Noi facciamo una grande fatica per organizzarci all’interno della “Comunità europea”, sicuramente non siamo ancora in grado di pensare a dimensioni globali, ma i segni dei tempi sono questi ed è necessario cominciare ad organizzarci, ma partendo con il piede giusto che è quello educativo. L’emergenza educativa consiste proprio in questo: educarci alla fraternità, trovare le sue radici in Dio, essere soddisfatti di essere magari solo una cellula di questo grande organismo, ma una cellula viva, che manda energia positiva all’intero organismo, attraverso il ricevere e il dare.

            Ma questa non è la teologia del “Corpo Mistico?”, la vogliamo chiamare con altre parole? Ma se Dio ci precede e ci indirizza, non siamo stolti a voler cercare noi la via, quando la Via è Lui? E’ incredibile la stoltezza dell’ateo, è una grande presunzione, ed è strano che nel nostro secolo tanti si dichiarino ancora atei o agnostici. Ma essere “agnostici” è giustificato per chi è dotato di intelligenza e di mezzi come li abbiamo noi? Allora dov’è il problema? Sempre nell’egoismo.

            Dio è scomodo per chi non vuole imporre limiti morali al suo agire e allora si tenta di cancellare Dio. Ma Dio non può essere cancellato né dal semplice deviato che non vuole saperne di conversione, né dalla scienza che pensa di poter dimostrare che Dio non esiste, né dai politici interessati solo a conservare il loro predominio sugli altri a loro esclusivo vantaggio. Queste sono miserie umane, che non cambiano la realtà, sono solo capaci di illudere i loro cultori e a farli persistere nell’errore, per poi farli trovare nell’impotenza totale, quando la Verità sarà loro svelata.

            Lo sviluppo è impossibile senza uomini retti, senza operatori economici e uomini politici che vivano fortemente nelle loro coscienze l’appello del bene comune. Sono necessarie sia la preparazione professionale sia la coerenza morale. Quando prevale l’assolutizzazione della tecnica si realizza una confusione fra fini e mezzi, l’imprenditore considererà come unico criterio d’azione il massimo profitto della produzione; il politico, il consolidamento del potere; lo scienziato, il risultato delle sue scoperte. Accade così che, spesso, sotto la rete dei rapporti economici, finanziari o politici, permangono incomprensioni, disagi e ingiustizie; i flussi delle conoscenze tecniche si moltiplicano, ma a beneficio dei loro proprietari, mentre la situazione reale delle popolazioni che vivono sotto e quasi sempre all’oscuro di questi flussi rimane immutata,senza reali possibilità di emancipazione.

 

IMPORTANZA DEI MEZZI DI COMUNICAZIONE

            Connessa con lo sviluppo tecnologico è l’accresciuta pervasività dei mezzi di comunicazione sociale. E` ormai quasi impossibile immaginare l’esistenza della famiglia umana senza di essi. Nel bene e nel male, sono così incarnati nella vita del mondo, che sembra davvero assurda la posizione di coloro che ne sostengono la neutralità, rivendicandone di conseguenza l’autonomia rispetto alla morale che tocca le persone. Spesso simili prospettive, che enfatizzano la natura strettamente tecnica dei media, favoriscono di fatto la loro subordinazione al calcolo economico, al proposito di dominare i mercati e, non ultimo, al desiderio di imporre parametri culturali funzionali a progetti di potere ideologico e politico. Data la loro fondamentale importanza nella determinazione di mutamenti nel modo di percepire e di conoscere la realtà e la stessa persona umana, diventa necessaria un’attenta riflessione sulla loro influenza specie nei confronti della dimensione etico-culturale della globalizzazione e dello sviluppo solidale dei popoli. Al pari di quanto richiesto da una corretta gestione della globalizzazione e dello sviluppo, il senso e la finalizzazione dei media vanno ricercati nel fondamento antropologico. Ciò vuol dire che essi possono divenire occasione di umanizzazione non solo quando, grazie allo sviluppo tecnologico, offrono maggiori possibilità di comunicazione e di informazione, ma soprattutto quando sono organizzati e orientati alla luce di un’immagine della persona e del bene comune che ne rispecchi le valenze universali. I mezzi di comunicazione sociale non favoriscono la libertà né globalizzano lo sviluppo e la democrazia per tutti, semplicemente perché moltiplicano le possibilità di interconnes-sione e di circolazione delle idee. Per raggiungere simili obiettivi bisogna che essi siano centrati sulla promozione della dignità delle persone e dei popoli, siano espressamente animati dalla carità e siano posti al servizio della verità, del bene e della fraternità naturale e soprannaturale. Infatti, nell’umanità la libertà è intrinsecamente collegata con questi valori superiori. I media possono costituire un valido aiuto per far crescere la comunione della famiglia umana e l’ethos delle società, quando diventano strumenti di promozione dell’universale partecipazione nella comune ricerca di ciò che è giusto.

            Perché tanto accanimento per possedere i mezzi di comunicazione se non perché se ne riconosce la forza d’influenza nella costruzione della mentalità comune? “Dì una bugia per sette anni e diventerà una verità” Questa è un’affermazione di Stalin, che aveva come fine il ribaltamento dei governi per poter instaurare il regime. Oggi si gioca molto sulle tattiche persuasive. Lo hanno scoperto le multinazionali, gli uomini politici, le sette ecc. E’ l’arte dell’inganno per poter vendere, per poter guadagnare, per poter sfruttare l’altrui debolezza a proprio vantaggio. E’ sempre e solo l’egoismo a trionfare.

            Ma dov’è, uomo, la tua grandezza? Tu, uomo tecnico, uomo materiale hai come traguardo certo solo la morte, che si beffa di te e di tutte le tue astuzie, essa livella tutti, piccoli e grandi e falcia senza pietà. Puoi allora limitarti a pensarti solo come sistema di cellule organizzate a uomo? La prospettiva di poterti sottrarre a quella falce, non ti sollecita ad esplorare la possibilità di altre vie? Ma se ci fermiamo al tangibile, al visibile, non siamo capaci di andare oltre, la scienza non va oltre lo sperimentabile. La possibilità di trascendere, di sfuggire a questa gabbia asfissiante appartiene al tutt’altro; per poterla cogliere ed appropriarsene, bisogna andare oltre, ci sono campi, galassie di possibilità che la scienza non può esplorare, regni che si integrano ma che esigono un superamento. La galassia dove la morte, il male in tutte le sue forme non esiste è quella rivelataci dalla Bibbia e confermataci da Gesù di Nazareth. Il regno che Lui ha promesso ed ha garantito è il regno della Vita, della pace, della gioia, dell’amore perfetto. Per la forza redentiva del sacrificio di Gesù, la morte è stata vinta in Lui e in quanti a Lui si affidano, e accettano di orientare il loro cuore a questi beni infiniti.

            Fantasie! Dicono i materialisti. Ma Gesù, Maria e, dopo di loro una schiera innumerevole di santi, non sono fantasie. Gesù è passato su questa terra, e ha dimostrato con parole e opere la sua divinità; la sua permanenza tra noi è databile nel tempo e nello spazio: è nato, cresciuto, ha lavorato, ha parlato, è morto e, ciò che non ha fatto nessun altro uomo, è risorto. Cioè ha vinto la morte e ha promesso l’immortalità nella gloria a quanti credono in Lui e accettano la sua Parola.

            Nella sua Parola c’è l’unica garanzia di sconfiggere i nostri limiti e realizzarci realmente. “Chi crederà e sarà battezzato, sarà salvo!”

 

Questionario per l’approfondimento personale:

    • Possono la scienza e la tecnica soddisfare tutte le attese dell’uomo?
    • Dove i loro limiti?
    • Quali le aspirazioni umane, che la scienza non può soddisfare?
    • La globalizzazione si può raggiungere solo con una buona diplomazia?
    • Perché la globalizzazione sollecita un’emergenza educativa?
    • Quali sono gli elementi che possono evitare che l’incontro tra culture si trasformi in scontro?
    • Che significa la frase: “Mondo, diventa ciò che sei?”
    • Quale influsso hanno i mezzi di comunicazione sociale in questo processo?
    • Qual è l’unica prospettiva certa dell’ateo o del materialista?
    • Chi può veramente farci uscire dalla ghigliottina della morte

     

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Ultimo aggiornamento: 12 novembre 2021
 
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