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FEBBRAIO 2021

     

Gesù insegna a pregare (Lc 11,1-13)

Il Padre nostro (Lc 11,1-4)

 

111Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». 2Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:

Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; 3dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,
4e perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,
e non abbandonarci alla tentazione».

 La preghiera del “Padre nostro” ci è stata trasmessa in due versioni: quella lunga di Matteo (Mt 6,7-13) e quella più breve di Luca. Matteo colloca la preghiera al centro del “discorso della montagna” (Mt 5-7), all’inizio del ministero di Gesù in Galilea. La tradizione collocherà il luogo della preghiera di Gesù, nel racconto di Luca, come il Monte degli ulivi”, dato che Gesù ha appena visitato Marta e Maria. La loro casa si trovava in Betania (Gv 11,1), sul versante occidentale del Monte degli ulivi, a qualche centinaia di metri dalla sua cima.

Il  testo di Luca è incluso in quello di Matteo, pur con alcune differenze Quale delle due versioni è più antica? Si ritiene che sia quella di Luca, pensando che l’uso liturgico abbia ampliato la preghiera con altre domande. Matteo contiene infatti sette domande, mentre Luca cinque (omette la terza “sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra”  e la settima “liberaci dal Maligno”).

Ciò significa che la formula proposta da Gesù fu considerata come una indicazione per rivolgersi a Dio…una preghiera “guida” cui poter aggiungere altre nostre domande. 

Ogni comunità pregava secondo la propria versione del Padre nostro. 

La preghiera del Padre nostro ha senza dubbio una origine palestinese ed è la “Preghiera del Signore”, la preghiera che Gesù stesso rivolge al Padre. Ripeterla è entrare nel rapporto d’Amore tra il Padre ed il Figlio. Gesù in preghiera è un tema caro a Luca. I discepoli vogliono imparare a pregare come Lui: “Signore, insegnaci a pregare”. 

L’aggiunta di Luca “come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli” testimonia che certi movimenti religiosi (come Qumran) avevano le loro proprie preghiere.

♦ Gesù si rivolge a Dio chiamandolo:

 “Padre”,

Padre è la traduzione dell’aramaico Abba’ (papà, babbo), Con questa invocazione iniziano altre preghiere di Gesù riportate dai vangeli. 

Significativa è quella riportata da Marco 14,36. Nell’ora drammatica del Getsemani, Gesù si rivolge a Dio con: “Abba’! Padre!”, affidando a lui la propria angoscia. 

Chi è questo Padre? Dovremmo leggere tutta la Scrittura per comprendere la paternità divina! Ma sappiamo che è un Padre misericordioso, pronto a perdonare le nostre infedeltà (Lc 15,20), ma che sa agire anche con “autorità” per proteggerci, per farci scegliere la strada giusta. Misericordia e autorità sono i tratti della paternità divina. Come Gesù ci ha insegnato, possiamo invocare anche noi Dio come Abba’, con la tenerezza, la confidenza e la fiducia che la parola “papà” comporta. 

♦ Ispirandosi ad una preghiera giudaica, il Qaddish, che probabilmente ha recitato spesso nelle sinagoghe d’Israele, Gesù chiede al Padre:

“sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno;”

Queste due prime domande non sono ordini dati a Dio, ma piuttosto delle suppliche.

Non si chiede che l’uomo rispetti il nome di Dio (magari evitando di bestemmiare).
Si chiede che il Padre faccia in modo che Egli sia riconosciuto Santo dagli uomini.
Si vuole cioè che Dio manifesti la sua santità e che sia ritenuto per quello che è.

La santificazione del Nome (il nome sta per Dio) è unita alla venuta del Regno, cioè al potente e finale intervento col quale Dio stabilirà la sua sovranità tra gli uomini: essa sarà benedizione e pace. Questo avverrà certamente alla fine dei tempi. Solo in quel giorno la santità del Signore sarà pienamente manifesta come anche il suo regno. Ma non dobbiamo pensare solo alla “parusia” del Signore, cioè alla venuta di Gesù alla fine dei tempi per instaurare il regno di Dio.

Ciò che avverrà negli ultimi giorni Dio vuole realizzarlo fin d’ora: è già presente. La Santità di Dio si è già manifestata, in particolare, nella nascita miracolosa del Messia:

“Grandi cose ha fatto per me l'Onnipotente e Santo è il suo nome” (Lc 1,49)

            Con Gesù “benedizione e pace” sono entrate in ogni  casa:

“Pace a questa casa!” (Lc 10,5)

            Tutta la sua predicazione ha avuto, come tema centrale, la “venuta del Regno”, già oggi, per quelli che credono: “Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio” (Lc 6,20).

Invia i discepoli proprio ad annunciarlo nelle case e nelle città:

“E li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi” (Lc 9,2).

“…guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: «È vicino a voi il regno di Dio»” (Lc 10,9).

Con Gesù si manifesta la sovranità di Dio:

“i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona notizia” (Lc 7,22).

Il male continua però ad esserci ancora ai nostri giorni.

Il regno di Dio sarà perfetto solo nella “parusia” (venuta) finale di Dio. Nella nostra esistenza viviamo il “già e non ancora”.

Come attendere questa venuta finale di Dio? Dobbiamo subirla passivamente?

Neanche Gesù conosceva il giorno e l’ora: “Quanto a quel giorno e a quell'ora, nessuno lo sa, né gli angeli del cielo né il Figlio, ma solo il Padre” (Mt 24,36).

Non dobbiamo fuggire dalla nostra quotidianità, ma lasciarci coinvolgere dalle prime due domande del Padre nostro. Non possiamo però desiderare la venuta del Regno e il compimento del suo disegno finale senza conformarci, sin da ora, alle esigenze della sua volontà. 

Cosa fare? Ascoltare e vivere la sua Parola…Chiedere al Padre il dono dello Spirito Santo perché avvenga già oggi per noi il regno di Dio.

♦ Alle due domande al “tu” nelle quali Dio – il suo nome ed il suo regno – sta al centro, seguono tre domande al “noi” che riguardano  l’uomo nei bisogni concreti della vita quotidiana.

La prima domanda è per il pane, anzi per i bisogni materiali necessari alla vita:
 “dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano”
In Matteo è chiesto di darci il pane per l’ “oggi”; Luca lo chiede per “ogni giorno”. Se preghiamo per il “nostro pane” sappiamo di non essere soli e chiediamo un pane da condividere. Nella nostra preghiera chiediamo a Dio il pane quotidiano “frutto del nostro lavoro” e della sua benedizione su ciò che facciamo, senza dimenticare di chidere il “pane eucaristico” con il quale Egli si offre.

Con Gesù è arrivato il tempo della salvezza, in cui Dio offre agli uomini il suo perdono:

“e perdona a noi i nostri peccati”,

Luca sostituisce “debiti” (Mt 6,12) con “peccati”, più comprensibile per i suoi lettori. La remissione dei peccati è un tema caro a Luca (Lc 1,77; 3,3-6; 7,48-50…). Il resto della domanda potrebbe sollevare qualche problema:“anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore”,

Luca usa il presente “perdoniamo” per indicare la necessità continua del perdono. L’agire dell’uomo sembra condizionare quello di Dio.

E’ per il fatto che Dio ci ha già perdonato che noi possiamo perdonare agli altri ed è per il fatto che noi possiamo perdonare agli altri che possiamo implorare il perdono definitivo di Dio. Non a caso la preghiera domenicale del Padre nostro viene poco prima dello scambio della pace. Dio non perdona due volte. Gesù stesso ci dà il perdono finale… noi lo rendiamo vano con il nostro comportamento ed allora lo richiediamo a Dio. 

La preghiera termina con un grido di aiuto:

“e non abbandonarci alla tentazione”.

Non chiediamo a Dio di non metterci alla prova: la prova è necessaria alla maturità della fede. Non chiediamo a Dio di togliere i dolori e le difficoltà del nostro vivere: la croce accompagna la vita cristiana. Non chiediamo a Dio di non indurci in tentazione: Dio non tenta al male. Chiediamo a Dio di proteggerci nella tentazione, di custodirci perché non scegliamo il sentiero che il male ci indica per la nostra perdizione. Gesù dichiarerà ai suoi discepoli: “Pregate per non entrare in tentazione” (Lc 22,40). Ma di quale tentazione parliamo?

Possiamo supporre che Gesù abbia in mente la grande tribolazione degli ultimi tempi, nella quale Satana, in un ultimo sforzo, cerca di far crollare la fede di molti (Lc 18,8: il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?). Nel tempo di Luca si verificavano apostasie dovute alle persecuzioni contro i cristiani. Era quindi necessario il soccorso del Padre celeste per perseverare nella fede.  Gesù dunque ci chiede di domandare al Padre di non permettere di perdere la nostra “fede”. Preghiamo il Padre di prenderci nella sua mano nelle “tentazioni” da attraversare nel cammino con Gesù.

 

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Ultimo aggiornamento: 12 novembre 2021
 
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