Arancine di riso
               
                          Forse  non tutti sanno che il riso fu importato in Italia dalla Sicilia, proveniente  dall’Oriente. Ma nell’isola non trovò l’ambiente adatto per la diffusione della  coltivazione, sia perché nell’antichità c’erano sì paludi, ma erano poche, sia  perché la sua coltura è poco consona al temperamento degli uomini, in genere è  più adatta a essere curata dalle donne: a tal proposito bisogna tenere presente  che le donne da noi non accudivano al lavoro nei campi, perché il contadino si  faceva quasi un punto d’onore di lasciarle lavorare a casa, tra le pareti  domestiche, e non in pubblico! Un antico proverbio sottolinea il poco valore  nutritivo del riso, per limitarne il consumo: “Risu, mi calu e non mi jisu”  (col riso mi abbasso e non ho forza di alzarmi). Tra le preparazioni  tradizionali a base di riso sono rimaste largamente in uso le “arancine”, che  si cominciano a gustare, prima ancora di mettere piede nell’isola, sul  traghetto, anche se in versione non eccellente.
                          Per una decina di arancine, fate  cuocere molto al dente 500 g  di riso semifino e, nel frattempo, fate stufare, con poco olio, una spruzzata  di vino bianco e una cipolla tritata finemente, 300-350 g di carne tritata magra,  ultimandone la cottura con l’aggiunta di un po’ d’acqua, sale e rosmarino.  Potete anche far cuocere insieme dei pisellini, per arricchire la farcia. Cotto  e scolato il riso, amalgamatelo con 3 – 4 tuorli d’uovo, a 100 g di caciocavallo,  piuttosto fresco, grattugiato, lasciando da parte i bianchi. Sbattete questi  ultimi in una scodella e bagnatevi il palmo della mano sinistra in cui  metterete una piccola porzione di riso, scavandola a conca (come un nido):  riempite l’incavo con un cucchiaio di carne e ricopritelo di riso, facendo tra  le mani una palla della grossezza di un’arancia, che passerete attentamente  prima in un mucchietto di farina, poi nel bianco d’uovo sbattuto e infine in  pangrattato.
                          Procedete finché avrete adoperato  tutto il riso e il condimento, Non appena avrete finito, friggete le arancine  in un tegame di olio caldo – o in friggitrice -, due o tre per volta, facendole  dorare bene: man mano fatele scolare e fatele asciugare su un tovagliolino di  carta, perché non rimangano unte. Per presentarle in modo più attraente, potete  infilzare in ogni arancina un gambo di arancia o limone con qualche fogliolina  fresca.
                          Nel ragusano le arancine, anziché  fritte, si fanno dorare bene al forno, poggiandole su una piccola scodella  sottile di pasta frolla: evitando la frittura riescono più leggere, ma, forse,  un po’ meno gustose. 
              Rimedi della nonna  
              (continua  dal numero precedente. Risponde Rénee Sybel in merito al massaggio cutaneo  soprattutto ai neonati)
                          Il prof Tulli, noto nel campo della  psicopedagogia infantile e della psicomotricità su basi steineriane e  montessoriane, e che applica il metodo Sybel ai bambini handicappati mentali e  motori, reputati dalla medicina ufficiale come irreversibili, ottiene degli  ottimi risultati attraverso il contatto della pelle. Con un bambino affetto da  autismo, per esempio, si entra in comunicazione solo con un contatto che gli  esprima fiducia ed amore e giunga fino al mistero della sua profondità.
              Giungere in profondità attraverso il  contatto con la pelle
                          L’importanza della pelle nel metodo Sybel? Ma certo. A  parte che dal suo colore vengono designate le razze umane, nel mio metodo si  lavorano molti punti di passaggio dei meridiani di agopuntura e di shiatsu, di  micromassaggio e di riflessiologia. Tutti questi sfruttano l’energia che scorre  a livello della pelle o leggermente sottocutanea. Il contatto è uno dei punti  chiave del mio lavoro. Grazie al contatto con la pelle, attraverso lo spessore  muscolare, insegno ai miei allievi sia nella scuola Sybel di Parigi che in  quella di Torino a raggiungere la coscienza di ogni vertebra della colonna.  Ogni radice nervosa uscente dalla colonna vertebrale distribuisce il suo  proprio territorio di pelle, che riceve l’innervazione a, a sua volta, grazie  ai ricettori cutanei, trasmette alla radice nervosa, cui è collegata, le  informazioni della periferia e dell’esterno. Muscoli e pelle sono  funzionalmente integrati. Il muscolo viene eccitato da stimoli che agiscono  sulla pelle, ogni muscolo, ogni organo sono in relazione con una vertebra. La  pelle è tanto in rapporto diretto con gli organi interni, da potersi  considerare come un secondo fegato, un altro polmone e pure un terzo rene,
                          Spesso l’irritazione cronica della  radice nervosa vertebrale si manifesta con modifiche alla porzione di pelle  corrispondente. A volte basta un lavoro sulle radici nervose per risolvere il  problema, senza ricorrere a interventi chirurgici inutili. (continua al numero successivo)