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GENNAIO 2011

     

Quando il buio Ferruccio Parrazzoli

I cristiani conoscono assai bene, o dovrebbero conoscer la simbologia della Croce: la croce ricorda il sacrificio e la morte di Cristo ed è per noi segno di redenzione e di salvezza.

Diversa è la simbologia del segno che tracciamo sul nostro corpo: dalla fronte al petto è la discesa sulla terra di Dio in Gesù; da una spalla all’altra, la Trinità.

Ma ecco, ancora diversa la simbologia della croce – rossa in campo bianco – sul labaro del Risorto: è il simbolo cosmico delle forze congiunte, l’incontro del verticale con l’orizzontale, in essa si ricongiunge il cielo con la terra: è la vittoria sulla Morte.

L’immagine del Risorto non è, purtroppo, diffusa come lo è la croce, nelle nostre case. Eppure, come dice S. Paolo, se Cristo non è risorto è vana la nostra fede. Così quando lo sconforto, il non – senso, il buio mi assalgono, ricorro all’immagine del Risorto come ce lo mostra Piero della Francesca: un uomo risvegliato, solido, nel pugno il labaro crociato del vincitore, mentre scavalca con una gamba l’alzata del sepolcro, il muro della Morte.

Alle sue spalle la natura spoglia e disseccata, alberi, campi, prende a rifiorire, a rivivere.

Ai piedi del Risorto gli uomini dormono immersi nella loro carne. (Ricerca a cura di Rossana)

 

La cappella della stazione Antonia Arslan

            Dentro la maestosa stazione centrale di Milano, di fianco al posto di polizia, c’è una cappella. Scendendo dal treno, all’estrema sinistra dei binari, immobile nel frenetico viavai di gente che s’incrocia senza vedersi, c’è una porta vecchiotta che introduce al piccolo locale della chiesa, spo0glio e un po’ misero, dove ogni arredo sacro sembra accostato per caso, come pezzi dismessi di edifici molto più prestigiosi.

            Dietro l’altare, una vetrata geometrica anni Cinquanta in colori squillanti, con colombe e simboli; a destra, un inginocchiatoio di fronte ad una nicchia, e qualche sedia. Ci capitai per caso, una volta che avevo perso la coincidenza per Genova, e dovevo aspettare un’ora buona. Aprii la porta e m’infilai dentro. Alcune persone andavano e venivano, con un segno di croce e una preghiera. Ma altre due donne dall’aria affaticata, con diversi pacchi e valigie dall’aria molto usata, un ragazzo scapigliato, un vecchio austero in giacchetta e una suora, stavano seduti, tranquilli. Non si conoscevano. Eppure c’era in loro qualche cosa di profondo che li collegava, e che dapprima mi sfuggì. Ma poi improvvisamente, mentre me ne andavo, sentii come un calore avvolgermi – e allora capii. Si sentivano tutti come nel caldo di una casa, in quella casa di tutti che è la Chiesa.

Ricerca a cura di Rossana)

Un Padre Iolanda Lo Monte

            Oh com’è bello e glorioso e santo e grande avere in cielo un Padre!

            Oh com’è santo, consolante, bello e ammirabile avere un tale sposo!

            Oh com’è santo, com’è delizioso, piacevole, umile, pacifico, dolce e amabile

            e sopra ogni cosa desiderabile avere un tale fratello, il Figlio,

            il quale offrì la sua vita per le sue pecorelle e pregò il Padre per noi, dicendo:

            “Padre santo, custodisci nel tuo amore quelli che mi hai dato”

.

Parla con Lui Iolanda Lo Monte

            Gesù andava di notte a pregare e col Padre se ne stava a parlare.

            Anche a noi ha insegnato a lodare, a benedire e ringraziare.

            Suo Padre ha voluto additare per imparare bene ad amare;

            ha chiesto di andare a perdonare, prima di offrire il dono all’altare.

            Ha svelato lo splendore del volto a chiunque a Lui si è rivolto.

            Ci ha chiesto di essere discreti. Ha parlato all’amico di notte.

            Ha detto beato chi a Lui chiede, che senza di Lui nulla succede.

            Ci ha detto che occorre pregare per vivere bene e non disperare.

            Che se la preghiera non sana tutto, dalla preghiera incomincia tutto.

Cena di addio ai discepoli  Carolina

            Grande tu sei, Signore Dio, mirabile le tue vie per salvare l’umanità. Gesù, in nome del Padre, percorre la Palestina, predicando la carità e l’amore e illuminando con la sua Parola in parabole, la mente dei suoi Apostoli, quasi per inculcare nelle loro coscienze quella sensibilità che serve per approfondire il significato che si cela in esse.

            Trascorse i tre anni dedicandosi instancabilmente ad alleviare le sofferenze del suo popolo,  chiamò a sé i dodici Apostoli, disposti a lasciare tutto per seguirlo. Le sue parole di verità e i suoi miracoli parlano del Padre del cielo, che dona la vita eterna, a chi mette in pratica i suoi insegnamenti che si riassumono nel fare la volontà del Padre e donare la vita per i fratelli.

            Ma giunta l’ora, Gesù sente uno stato di angoscia che pervade la sua persona. Si accomiata dai suoi, ma prima lascia loro un segno del suo amore.

            L’Ultima Cena desidera viverla circondato dai suoi dodici Apostoli per consacrarli al servizio dell’Eucaristia. Gesù si alzò da tavola, depose le vesti, cinse attorno alla vita un asciugamano, versò l’acqua in un catino e cominciò a lavare i piedi ai suoi apostoli. Pietro sorpreso disse: “Signore tu lavi i piedi a me?” Gesù rispose: “Quello che io ora faccio tu non lo capisci, se rifiuterai non avrai parte con me”. Rispose Pietro: “Non solo i piedi ma anche il capo”. “Chi ha fatto il bagno non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro. Non tutti però siete puri”. Gesù sapeva infatti chi l’avrebbe tradito: Giuda Iscariote. Dopo che ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse: “Voi mi chiamate Maestro e Signore e lo sono; se dunque io il Signore e maestro ho lavato i piedi a voi, anche voi, umilmente dovete aiutarvi nel momento del bisogno, perché essendo figli siete anche fratelli fra di voi. Se metterete in pratica questo sarete beati. Quando salirò al Padre vi manderò lo Spirito Santo e riceverete la benedizione completa dei sacri doni e sarete testimoni di Cristo fino ai confini del mondo. La mia presenza illuminerà il vostro cammino. Chi vi accoglierà in casa come fratelli, la benedizione entrerà in quella casa, contrariamente uscite dalla casa che non vi accoglie e scuotete i vostri sandali, la benedizione ricadrà sul vostro capo, per continuare il cammino in preghiera, certi dell’aiuto del Padre, che ravviverà il vostro cuore con la fede, la speranza e la carità”.

            La sofferenza di Gesù sulla croce, unisce l’umanità redenta nella Chiesa di Dio, come in una fortezza inespugnabile, un’oasi di pace per accogliere paternamente tutti i suoi figli di ogni nazione, perché ascoltino il suo vangelo, e partecipino al sacrificio della Messa nella verità e nella grazia, per gustare fin da questa terra le delizie del cielo.

********************

Un giorno nasceremo

            In un grembo vennero concepiti due gemelli. Passavano le settimane e i bambini crescevano. Nella misura in cui cresceva la loro coscienza, aumentava la gioia: “Dì, non è fantastico che siamo stati concepiti? Non è meraviglioso che viviamo?”

            I gemelli cominciarono a scoprire il loro mondo. Quando scoprirono il cordone ombelicale che li legava alla mamma, dando loro nutrimento, cantarono di gioia. “Quanto è grande l’amore di nostra madre, che divide con noi la sua stessa vita”. A mano a mano che le settimane passavano, però, trasformandosi poi in mesi, notarono improvvisamente come erano cambiati. “Che cosa significa?” chiese uno.  Significa che il nostro soggiorno presto volgerà alla fine” rispose l’altro. “Ma io non voglio andarmene, voglio restare qui per sempre” replicò il primo. Non abbiamo scelta, ma forse c’è una vita dopo la nascita” replicò l’altro. “E come può essere - domandò il primo dubbioso – perderemo il nostro cordone di vita e come faremo a vivere senza di esso? E per di più altri prima di noi hanno lasciato questo grembo e nessuno di loro è tornato a dirci che c’è una vita dopo la nascita. No, la nascita è la fine!”

            Così uno di loro cadde in un profondo affanno e disse: “Se il concepimento termina con la nascita, che senso ha la vita nell’utero? è assurda. Magari non esiste nessuna madre dietro tutto ciò”. “Ma deve esistere, protestò l’altro, altrimenti come avremmo fatto ad entrare qua dentro? E come faremmo a sopravvivere?” “Hai mai visto nostra madre? Domandò l’uno, magari vive solo nella nostra immaginazione, ce la siamo inventata, perché così possiamo comprendere meglio la nostra esistenza”.

            E così gli ultimi giorni nel grembo della madre furono pieni di mille domande e di grande paura. Infine venne il momento della nascita. Quando i gemelli ebbero lasciato il loro mondo, aprirono gli occhi. Gridarono di gioia. Ciò che videro superava i loro sogni più arditi.

 

Un giorno finalmente nasceremo.

 

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Ultimo aggiornamento: 12 novembre 2021
 
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