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MARZO 2006

 

 

L'EUCARISTIA (A cura di Tina Sarno)

Questa riflessione è stata fatta da un sacerdote. Proponiamoci di meditarla e di farne tesoro.

  Il Signore disse: “Io sono il pane della vita, chi crede in me non avrà più fame e non avrà più sete”. L'Eucaristia è vita. Gesù vuole che comprendiamo bene che l'Eucaristia è il grande segreto che Egli ci ha portato per darci vita, per scuoterci dalla tiepidezza, per aiutarci ad essere cristianamente vivi. A volte ci chiediamo: “Perché l'Eucaristia non ci dà vita? Che cosa c'è che non

va nelle nostre Eucaristie? Perché la VITA non accende vita?”….

  Noi non sperimentiamo la vitalità dell'Eucaristia, perché la nostra preparazione ad essa è inefficiente: spesso andiamo all'Eucaristia con la testa fra le nuvole, riceviamo l'Eucaristia come bevessimo un bicchiere d'acqua, andiamo all'Eucaristia senza chiederci: qual è il problema più importante? Qual è il problema che brucia?

  E' come se noi andassimo dal medico e alla sua domanda: “Che cosa hai? Quali sono i tuoi sintomi?” Noi rispondessimo: “Non lo so, non so cosa sento”. Questo atteggiamento rivela la nostra irresponsabilità di fronte all'Eucaristia. Importantissimo, per ciò che concerne la nostra preparazione all'Eucaristia, è chiederci: “Qual è il mio punto di conversione? Qual è il male che devo guarire dentro?” Gesù ci ricorda che la sua Carne è vero cibo e il suo Sangue vera bevanda. Egli ci vuole dire che nutre e disseta veramente, soddisfa tutti i nostri bisogni, ci fa crescere.. E' un cibo del quale non se ne può fare a meno.

  Ma come opera l'Eucaristia?

  Occorre scoprire nell'Eucaristia la potenza della Parola. E' lì il cibo che nutre, l'acqua che disseta. Il Signore ci ha dato la mensa della Parola e quella del suo Corpo e del suo Sangue. Sono due mense: l'una prepara l'altra. Chi va all'Eucaristia e non si è nutrito di una briciola della Parola di Dio, profana la sua comunione; chi disprezza la Parola, disprezza Gesù, come può in questo caso la comunione essere fruttuosa? La liturgia della Parola è un punto natale dell'Eucaristia, ma tanta gente la trascura. Notiamo bene:Gesù ha detto una cosa gravissima circa la sua Parola: “Chi ascolta la mia Parola ha la vita eterna”. Chi va all'Eucaristia e ha già in cuore la Parola, si accosta a Gesù con un'apertura speciale, Gesù ha già cominciato in lui il suo lavoro di guarigione. Ricordiamo bene che Gesù ha detto: “Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete miei discepoli, conoscerete la verità e la verità vi renderà liberi”.

  Prendendo in mano la Parola viene da fare alcune precise domande a Gesù: “Signore, cosa vuoi proprio da me? Cosa posso fare per Te? Cosa intendi dirmi con queste precise parole, che hai preparato in questa mensa per me?”

  Purtroppo molte volte la Parola non trova posto in noi. C'è una pagina di Luca che, con la luce dello Spirito Santo, ci aiuta a capire l'incontro di Gesù con Zaccheo: In quell'incontro successe il cambiamento radicale di quel peccatore. A determinare quel cambiamento è stato certamente un miracolo, il miracolo dell'ascolto: sono bastate poche ore con Gesù, che la sua vita si è capovolta!

  Ecco la chiave, per rivoluzionare le nostre Eucaristie: farle diventare ascolto, perché Gesù viene in noi per parlarci, per stimolarci a cambiare qualcosa. Il primo sforzo per far bene la comunione è imparare l'ascolto.

  Ecco quattro parole magiche che rivoluzionerebbero la nostra comunione: FAR FESTA, OFFRIRE, ASCOLTARE, CHIEDERE.

FAR FESTA : ad un amico che viene. Più l'amico è grande, più grande è la festa, se non c'è festa non c'è amicizia. Impegniamoci allora ad una grande gioia, ad una grande riconoscenza.

OFFRIRE: Ad un amico che viene, si offre sempre qualcosa, si offre quello che fa più piacere all'amico. A Gesù piace la carità: offriamo ad esempio un atto generoso di perdono, una gentilezza.

ASCOLTARE: è l'atto più importante dell'incontro con Gesù, ed è spesso il più trascurato. Gesù ha certamente qualcosa da dirci, ma dobbiamo facilitarlo con l'ascolto, ponendo a Lui precise domande sui nostri doveri, sulle nostre difficoltà, sulla nostra preghiera, sulla nostra carità, cercando di capire il suo progetto su di noi.

  Come fare per ascoltare? Ascoltare è un atto passivo e attivo insieme, è far silenzio e rispondere non tanto con le parole quanto con la volontà. Ascoltare, in sostanza è ubbidire. Ascoltare Dio, poi, è ancora più difficile, perché è comunicare con l'invisibile.

  A volte, nella comunione, il nostro dialogo con Gesù sembra un monologo con una persona che sembra assente. Anzi ci sembra di avere un monologo con la nostra testa, eppure nella comunione Gesù ci vuole proprio incontrare, ci vuole proprio parlare. Allora l'ascolto si fa difficile.

  Per entrare in ascolto con Dio, abbiamo bisogno di un minimo di attrezzatura, di un transistor che renda possibile l'ascolto. Il nostro transistor ha queste componenti:

IL SILENZIO , perché Dio Non comunica nel chiasso (non parliamo solo del chiasso esteriore, ma anche del chiasso interiore, del disordine, della vanità, della mondanità); il silenzio è un clima di attesa e anche un clima di generosità. Il silenzio interiore non s'improvvisa, ma esige sforzo. Ed esige anche spazio: non si riesce, di punto in bianco, dicendo: “Ora faccio silenzio”, perché non basta dirlo, bisogna desiderarlo veramente; chi è abituato a concentrarsi fa meno fatica, chi non è abituato fa più fatica, chi non si concentra mai fa molta fatica e qualche volta non ci riesce perché la concentrazione è anche purificazione.

CHIEDERE : Gesù viene per dare, Egli è contento se chiediamo.

  A questo punto un altro transistor di cui abbiamo bisogno è la volontà di comunicare con Dio . Dio è rispettosissimo della nostra volontà: non comunica con noi se noi non lo desideriamo, se noi non lo scegliamo.

  Quali sono i mezzi concreti per chiedere bene al Signore e per ascoltare?

  Un mezzo semplice e pratico è la Parola di Dio, il ripetere una parola del Vangelo che più ci ha colpito, ripeterla con calma, davanti a Gesù, come se fosse una preghiera. Essa può diventare una luce potente nella comunione, può diventare un mezzo semplice, con il quale il Signore ci comunica il suo messaggio, la sua volontà. Poi si può provocare la luce con domande precise a Cristo. La domanda deve essere concreta e ben precisata come: “Signore, cosa vuoi da me in questa giornata? Qual è la tua precisa volontà, in questo problema che ho tra le mani, che mi assilla tanto? Signore, sei contento della mia carità? Signore, quella persona è tanto difficile, attende qualcosa, cosa vuoi che io faccia? E' opportuno far passare quei problemi più importanti che scottano o le persone che creano difficoltà?...

  Ma qui salta fuori il dubbio in questo dialogare con Cristo e così ci chiediamo: “Non può essere che la testa dialoghi con me?”

  Ma ci sono dei segni buoni quando stiamo comunicando con Dio.

  E allora ravviviamo la nostra fede e diciamo: “Il dialogo con Cristo presente in me non è una fantasia, con la comunione la persona di Cristo è veramente presente in me, in modo misterioso, ma reale. La persona di Cristo presente in me tace, ma è operante sul piano della grazia; la persona di Cristo, presente in me, ama, dialoga, comunica attraverso me, nel modo in cui Lui sceglie”. Cristo potrebbe farsi sentire anche sensibilmente, ma di norma non lo fa e non dobbiamo pretenderlo. La nostra maniera di comunicare con Cristo è solo la fede.

  Ecco dei segni di quando Dio parla :

•  quando sentiamo che la voce di Dio non è secondo i nostri gusti, ma contro i nostri gusti, allora è sicuro che Dio ci parla.

•  Quando la voce di Cristo ci chiama al dovere, al buon senso, è apportatrice di serenità e di pace.

•  A volte pensiamo che il Signore non ci parla, ma Egli è muto quando noi siamo sordi. Infine l'ascolto sta nella sincerità della domanda che facciamo a Dio.

 

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Ultimo aggiornamento: 12 novembre 2021
 
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