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MAGGIO 2010

     

 

“Il sacerdote è voce profetica mai omologata né omologabile

ad alcuna cultura o mentalità dominante”.

Benedetto XVI: Udienza generale del 14 aprile 2010

 

In questo periodo pasquale, che ci conduce alla Pentecoste e ci avvia anche alle celebrazioni di chiusura dell’Anno Sacerdotale, in programma il 9, 10 e 11 giugno prossimo – ha detto Benedetto XVI nell’introdurre la catechesi di questa mattina in piazza san Pietro affollata di circa 16mila fedeli - mi è caro dedicare ancora alcune riflessioni al tema del Ministero ordinato, soffermandomi sulla realtà feconda della configurazione del sacerdote a Cristo Capo, nell’esercizio dei tria munera che riceve, cioè dei tre uffici di insegnare, santificare e governare…Il sacerdote rappresenta Cristo…

Cosa vuol dire, cosa significa “rappresentare” qualcuno, si è domandato il Papa. Nel linguaggio comune, vuol dire, generalmente, ricevere una delega da una persona per essere presente al suo posto, parlare e agire al suo posto, perché colui che viene rappresentato è assente dall’azione concreta. Ci domandiamo: il sacerdote rappresenta il Signore nello stesso modo? La risposta è no, perché nella Chiesa Cristo non è mai assente – ha spiegato Papa Benedetto -  la Chiesa è il suo corpo vivo e il Capo della Chiesa è lui, presente ed operante in essa. Cristo non è mai assente, anzi è presente in un modo totalmente libero dai limiti dello spazio e del tempo, grazie all’evento della Risurrezione, che contempliamo in modo speciale in questo tempo di Pasqua.

Pertanto, il sacerdote che agisce in persona Christi Capitis  e in rappresentanza del Signore, non agisce mai in nome di un assente, ma nella Persona stessa di Cristo Risorto, che si rende presente con la sua azione realmente efficace. Agisce realmente e realizza ciò che il sacerdote non potrebbe fare: la consacrazione del vino e del pane perché siano realmente presenza del Signore, l’assoluzione dei peccati. Il Signore rende presente la sua propria azione nella persona che compie tali gesti. Questi tre compiti del sacerdote - che la Tradizione ha identificato nelle diverse parole di missione del Signore: insegnare, santificare e governare - nella loro distinzione e nella loro profonda unità sono una specificazione di questa rappresentazione efficace. Essi sono in realtà le tre azioni del Cristo risorto, lo stesso che oggi nella Chiesa e nel mondo insegna e così crea fede, riunisce il suo popolo, crea presenza della verità e costruisce realmente la comunione della Chiesa universale; e santifica e guida.

Oggi, in piena emergenza educativa, il munus docendi della Chiesa, esercitato concretamente attraverso il ministero di ciascun sacerdote – ha sottolineato Benedetto XVI -  risulta particolarmente importante. Viviamo in una grande confusione circa le scelte fondamentali della nostra vita e gli interrogativi su che cosa sia il mondo, da dove viene, dove andiamo, che cosa dobbiamo fare per compiere il bene, come dobbiamo vivere, quali sono i valori realmente pertinenti. In relazione a tutto questo esistono tante filosofie contrastanti, che nascono e scompaiono, creando una confusione circa le decisioni fondamentali, come vivere, perché non sappiamo più, comunemente, da che cosa e per che cosa siamo fatti e dove andiamo. In questa situazione si realizza la parola del Signore, che ebbe compassione della folla perché erano come pecore senza pastore… Per il sacerdote vale quanto Cristo ha detto di se stesso: “La mia dottrina non è mia” (Gv, 7, 16); Cristo, cioè, non propone se stesso, ma, da Figlio, è la voce, la parola del Padre…  Il sacerdote che annuncia la parola di Cristo, la fede della Chiesa e non le proprie idee, deve anche dire: Io non vivo da me e per me, ma vivo con Cristo e da Cristo e perciò quanto Cristo ci ha detto diventa mia parola anche se non è mia. La vita del sacerdote deve identificarsi con Cristo e, in questo modo, la parola non propria diventa, tuttavia, una parola profondamente personale…Quella del sacerdote, di conseguenza, non di rado potrebbe sembrare “voce di uno che grida nel deserto” (Mc 1,3), ma proprio in questo consiste la sua forza profetica: nel non essere mai omologato, né omologabile, ad alcuna cultura o mentalità dominante, ma nel mostrare l’unica novità capace di operare un autentico e profondo rinnovamento dell’uomo, cioè che Cristo è il Vivente, è il Dio vicino, il Dio che opera nella vita e per la vita del mondo e ci dona la verità, il modo di vivere. E’ stato questo uno dei passaggi centrali dell’ udienza generale di oggi dedicata alla missione del sacerdote nel mondo.

Nella preparazione attenta della predicazione festiva, senza escludere quella feriale, nello sforzo di formazione catechetica, nelle scuole, nelle istituzioni accademiche e, in modo speciale, attraverso quel libro non scritto che è la sua stessa vita, il sacerdote è sempre “docente”, insegna. Il sacerdozio, infatti, nessuno lo può scegliere da sé, non è un modo per raggiungere una sicurezza nella vita, per conquistare una posizione sociale: nessuno può darselo, né cercarlo da sé. Il sacerdozio è risposta alla chiamata del Signore, alla sua volontà, per diventare annunciatori non di una verità personale, ma della sua verità.

Cari confratelli sacerdoti – ha ricordato Benedetto XVI -  il popolo cristiano domanda di ascoltare dai nostri insegnamenti la genuina dottrina ecclesiale, attraverso la quale poter rinnovare l’incontro con Cristo che dona la gioia, la pace, la salvezza. La Sacra Scrittura, gli scritti dei Padri e dei Dottori della Chiesa, il Catechismo della Chiesa Cattolica costituiscono, a tale riguardo, dei punti di riferimento imprescindibili nell’esercizio del munus docendi, così essenziale per la conversione, il cammino di fede e la salvezza degli uomini. “Ordinazione sacerdotale significa: essere immersi [...] nella Verità” (Omelia per la Messa Crismale, 9 aprile 2009), quella Verità che non è semplicemente un concetto o un insieme di idee da trasmettere e assimilare, ma che è la Persona di Cristo, con la quale, per la quale e nella quale vivere e così, necessariamente, nasce anche l’attualità e la comprensibilità dell’annuncio. Solo questa consapevolezza di una Verità fatta Persona nell’Incarnazione del Figlio giustifica il mandato missionario: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo ad ogni creatura” (Mc 16,15). Solo se è la Verità è destinato ad ogni creatura, non è una imposizione di qualcosa, ma l’apertura del cuore a ciò per cui è creato.

Cari fratelli e sorelle, il Signore – ha detto il Papa in conclusione della catechesi -  ha affidato ai sacerdoti un grande compito: essere annunciatori della Sua Parola, della Verità che salva; essere sua voce nel mondo per portare ciò che giova al vero bene delle anime e all’autentico cammino di fede (cfr 1Cor 6,12). San Giovanni Maria Vianney sia di esempio per tutti i Sacerdoti. Egli era uomo di grande sapienza ed eroica forza nel resistere alle pressioni culturali e sociali del suo tempo per poter condurre le anime a Dio: semplicità, fedeltà ed immediatezza erano le caratteristiche essenziali della sua predicazione, trasparenza della sua fede e della sua santità. Vi riconosceva, in definitiva, ciò che si dovrebbe sempre riconoscere in un sacerdote: la voce del Buon Pastore.

 

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LE BEATITUDINI Zali Carolina

 

            Gesù dopo aver vissuto in umiltà e obbedienza, a Nazareth con Maria sua Madre e Giuseppe padre putativo, col passar del tempo sentiva crescere in sé l’urgenza di annunziare la Parola di Dio. A 12 anni, in obbedienza alla Legge si reca al Tempio fra i dottori e risponde con Sapienza alle domande. Tornato a Nazareth il Vangelo dice che cresceva in età sapienza e grazia e si prepara alla sua missione

            Raggiunta la maggiore età, lascia tutto per compiere la volontà di Dio nella preghiera costante, nel sacrificio e nell’annuncio della Parola di salvezza.

            Percorrendo la Galilea, la Giudea e la Samaria, insegnava nelle sinagoghe, annunciando il Vangelo del Regno, guarendo i malati, liberando gli indemoniati. Lo seguivano le folle provenienti da ogni dove. Un giorno, alla vista della folla, Gesù salì sul monte e, sedutosi si accostarono a Lui i suoi discepoli.

            Gesù, Maestro delle coscienze, penetrando nei cuori di ognuno, li ammaestrava dicendo: “Se il chicco di grano, caduto in terra non muore, non può dar frutto, ma se muore darà molto frutto e, davanti alle loro incertezze rispondeva: “Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi e io vi ristorerò. Chi mi vuol seguire, prenda ogni giorno la sua croce, perché il mio giogo è dolce, il mio carico leggero”.

            La logica del suo discorso li affascinava. La vita è un dono prezioso di Dio, rallegriamoci ed esultiamo, rendiamo a Lui grazie ogni giorno, con umiltà e purezza di cuore, per essere annoverati tra i beati del cielo. Ti benediciamo, Signore, perché hai esaltato gli umili e i poveri di spirito, perché di essi è il Regno dei cieli. Beati coloro che sono nel pianto, perché saranno consolati. Beati i miti, perché erediteranno la terra. Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.

            Pace nelle famiglie, pace nei cuori, per costruire un mondo nuovo, che parli sempre dell’infinito amore di Dio, che esalti sempre Gesù Redentore.

 


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Ultimo aggiornamento: 12 novembre 2021
 
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