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NOVEMBRE 2018

     

 

La notte oscura di Santa Teresa del Bambino Gesù

Storia di un anima - manoscritto « c » Vita al Carmelo

 

Risultati immagini per Santa Teresa del Bambino Gesù

 

Suppongo di esser nata in un Paese immerso nelle nebbie più fitte, di non aver mai contemplato l’aspetto ridente della natura inondata, trasfigurata dallo splen­dore del sole, ma fin dalla mia infanzia, è vero, odo parlare di tali meraviglie, so che il Paese in cui mi trovo non è la mia patria, che la mia patria è un altro, al quale devo incessantemente aspirare. E questa non è una storia inventata da qualche abitante del triste Paese in cui sono, è una realtà sicura, perché il Re della patria dal sole splendente è venuto a vivere 33 anni nel paese delle tenebre. Ahimè, le tenebre non hanno com­preso affatto che quel Re divino era la luce del mon­do... '). Ma, Signore, la vostra figliola l’ha compresa la vostra luce divina, e vi chiede perdono per i suoi fra­telli; essa accetta di mangiare, per tutto il tempo che voi vorrete, il pane del dolore, e non vuol davvero al­zarsi, prima del giorno da voi segnato, da questa mensa colma di amarezza, alla quale mangiano i poveri pec­catori... Ma non può essa dire, in nome proprio, a no­me dei suoi fratelli: «Abbiate pietà di noi, Signore, perché siamo poveri peccatori »? Signore, rimandateci giustificati... Che tutti coloro che non sono illuminati dalla fiaccola splendente della fede, la vedano brillare, infine... O Gesù, se è necessario che la mensa, profanata da essi, venga purificata da un’anima che vi ama, io accetto di mangiarvi da sola il pane del dolore fino a quando non vi piacerà di introdurmi nel vostro lumi­noso regno. La sola grazia ch’io vi chiedo è di non offendervi!...

Diletta Madre, ciò che le scrivo è molto scucito. Il mio piccolo racconto, che assomigliava ad una favola, si è cambiato in preghiera all’improvviso. Non so quale interesse Ella potrà trovare nel legger tutti questi pen­sieri confusi e male espressi. Ma in fondo. Madre, non scrivo per fare opera letteraria, ma per obbedienza; se La annoio, almeno Ella vedrà che la sua figliola ha dato prova di buona volontà. Senza scoraggiarmi, con­tinuerò dunque il mio piccolo paragone riprendendolo dal punto in cui lo avevo lasciato. - Dicevo che la certezza di andare, un giorno, lontano dal paese triste e tenebroso, mi era stata data fin dalla mia infanzia; non lo credevo soltanto per quello che ne udivo da persone più istruite di me, ma perché sentivo anche in fondo al cuore delle aspirazioni verso una regione più bella. Nello stesso modo che il genio di Cristoforo Co­lombo gli aveva fatto intuire che esisteva un nuovo mondo, mentre nessuno vi aveva pensato, così io sen­tivo che un giorno un’altra terra mi servirebbe di sta­bile dimora. Ma d’un tratto le nebbie che mi circon­dano diventano più spesse, penetrano l’anima mia, e la avvolgono in modo tale, che non mi è più possibile ritrovarvi l’immagine cosi soave della mia Patria. Tutto è scomparso!... Quando voglio riposare il mio cuore, stanco per le tenebre che lo circondano, con il ricordo del luminoso Paese al quale aspiro, il mio tormento si raddoppia; mi sembra che le tenebre, assumendo la voce dei peccatori, si burlino di me, dicendomi; — Tu sogni la luce, una patria olezzante dei più soavi profu­mi, tu sogni il possesso eterno del Creatore di tutte queste meraviglie, tu credi uscire un giorno dalle neb­bie che ti circondano... avanza, avanza! rallegrati della morte che ti darà, non ciò che speri, ma una notte ancor più profonda: la notte del nulla! —

Diletta Madre, l’immagine che ho voluto darle delle tenebre che oscurano l’anima mia, è imperfetta quanto un abbozzo paragonato al modello, ma non voglio dir­ne di più: temerei di bestemmiare... ho paura di aver detto anche troppo...

Teresa canta'ciò che vuol» credere

Ah, che Gesù mi perdoni se gli ho fatto dispiacere, ma Egli sa bene che, pur non avendo il godimento della Fede, cerco almeno di farne le opere: credo di aver fatto più atti di fede da un anno a questa parte che in tutta la mia vita. Ad ogni nuova occasione di combattimento, quando il mio nemico viene a provocarmi, mi conduco da valoroso; sapendo che è una viltà il battersi in duel­lo, volto le spalle al mio avversario senza degnarmi di guardarlo in faccia; ma corro verso il mio Gesù, e gli dico di esser pronta a versare il mio sangue fino all’ul­tima goccia per confessare che esiste un Paradiso; gli dico che sono felice di non gioire [del pensiero] del bel Paradiso stando su questa terra, affinché Egli si degni di aprirlo per l’eternità ai poveri increduli. Perciò, malgrado questa prova che mi toglie ogni consola­zione, posso tuttavia esclamare: «Signore, voi mi col­mate di GIOIA con TUTTO quel che fate!» (Ps. xci) '). Infatti, vi è forse gioia più grande di quella di soffrire per vostro amore?... Più il patire è intimo, meno ap­pare agli occhi delle creature, più vi rallegra, mio Dio; ma se, cosa impossibile, doveste Voi stesso ignorare la mia sofferenza, sarei ugualmente felice di possederla, se per mezzo di questa potessi impedire o riparare un solo peccato contro la Fede...

Le sembrerà, forse. Diletta Madre, che io esageri la mia prova; infatti se giudica dai sentimenti espressi nel­le poesiole composte in quest’anno, devo sembrarle un’anima colma di consolazioni, per la quale il velo del­la fede si è quasi squarciato, eppure... non è più un velo per me, è un muro che si alza fino al cielo e copre il firmamento stellato…..

 

POESIA 19, IL CIELO CHE È MIO 7 giugno 1896

 

A sopportare l’esilio di questa terra di pianti m’occorre lo sguardo del divin Salvatore;

sguardo che mi ha rivelato i suoi incanti, e fatto presentite la gioia celeste.

Gesù mi sorride quando, volta a lui, sospiro, e allora la mia fede non è rimessa alla prova.

Lo sguardo del mio Dio, il suo sorriso che mi rapisce, ecco il cielo che è mio!

 

Il mio cielo è in questo attrarre sulla Chiesa benedetta, sulla Francia in colpa e su ciascun peccatore,

la grazia che si spande dal bel fiume di vita di cui la sorgente,  o Gesù, è nel tuo cuore.

Tutto posso ottenere quando, nel mistero, io parlo cuore a cuore col mio divino Re.

Tale dolce orazione, in santa intimità, ecco il cielo che è mio!

 

Il mio cielo è nascosto nella particola dove Gesù, il mio Sposo, si vela per amore.

Vo attingendo la vita al divin focolare; e là m’ascolta, notte e giorno, il dolce Salvatore.

Quale divino istante quando, o Benamato, nella tua tenerezza, vieni a trasformarmi in te!

Questa unione d’amore, ed ineffabile ebbrezza, ecco il cielo che è mio!

 

Il mio cielo e nel sentire in me la somiglianza col Dio che mi creò col suo soffio potente:

il mio cielo è nel restargli sempre innanzi, è nel chiamarlo Padre, nell’essere sua creatura;

tra le divine braccia non temo la tempesta: e la mia sola legge è il totale abbandono;

riposargli sul Cuore, accosto al santo Volto, ecco il cielo che è mio!

 

Ho trovato il mio cielo nella santa Trinità che m’alberga nel cuore, prigioniera d’amore.

Là, contemplando il mio Dio, gli ripeto sicura che voglio amarlo e servirlo sempre, senza scampo.
Il mio cielo è di sorridere a questo Dio che adoro quando mi si nasconde per provar la mia fede. sorridere, nell’aspettare che riguardi ancora, ecco il cielo che è mio!

 

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Ultimo aggiornamento: 12 novembre 2021
 
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