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NOVEMBRE 2017

     

 

 

 

Traccia n. 2 La nascita di Mosè e la sua fuga in Madian. L’urlo di Israele

Esodo 2

(Riflessioni a cura di Antonio Turi)

 

 

 

La nascita di Mosè (vv. 1-10)

1Un uomo della famiglia di Levi andò a prendere in moglie una discendente di Levi. 2La donna concepì e partorì un figlio; vide che era bello e lo tenne nascosto per tre mesi. 3Ma non potendo tenerlo nascosto più oltre, prese per lui un cestello di papiro, lo spalmò di bitume e di pece, vi adagiò il bambino e lo depose fra i giunchi sulla riva del Nilo. 4La sorella del bambino si pose a osservare da lontano che cosa gli sarebbe accaduto

5Ora la figlia del faraone scese al Nilo per fare il bagno, mentre le sue ancelle passeggiavano lungo la sponda del Nilo. Ella vide il cestello fra i giunchi e mandò la sua schiava a prenderlo. 6L'aprì e vide il bambino: ecco, il piccolo piangeva. Ne ebbe compassione e disse: «È un bambino degli Ebrei». 7La sorella del bambino disse allora alla figlia del faraone: «Devo andare a chiamarti una nutrice tra le donne ebree, perché allatti per te il bambino?». 8«Va'», rispose la figlia del faraone. La fanciulla andò a chiamare la madre del bambino. 9La figlia del faraone le disse: «Porta con te questo bambino e allattalo per me; io ti darò un salario». La donna prese il bambino e lo allattò.10Quando il bambino fu cresciuto, lo condusse alla figlia del faraone. Egli fu per lei come un figlio e lo chiamò Mosè, dicendo: «Io l'ho tratto dalle acque!».

 

Nella situazione drammatica di oppressione degli ebrei, la domanda che sorge è: che cosa fa Dio? Perché non interviene?

Certamente Dio non si dimentica, agisce sempre, anche se non vediamo niente!

Il racconto continua narrando degli avvenimenti banali, quando ci aspetteremmo notizie sensazionali sull’oppressione, sulla cattiveria del faraone..!

Si apre infatti con un matrimonio ed una nascita. Moglie e marito sono discendenti di Levi (più tardi conosceremo i loro nomi – Amram e Iochebed –  e sapremo che il figlio ha una sorella e un fratello di nome Aronne).

I personaggi (la madre e la sorella di Mosè, le ancelle e la figlia del faraone) e i temi (acqua, latte) del racconto sono tipicamente femminili.

Il bambino nasce dunque dalla tribù segnata dal peccato di Levi (Gn 34,25 e Gn 49,5-7), ma è dal peccato che Dio rialza, chiama: Levi diventerà la tribù santa dei sacerdoti.

          La madre nasconde il bambino, che “non ha un nome” (non è nessuno, è destinato alla morte) ed è “bello” (un bambino speciale nei piani di Dio).

Poi, non potendo più nasconderlo, a tre mesi, decide di  metterlo in una cestello di papiro, spalmato di bitume e lo depone nelle acque del Nilo.

Il cestello è indicato in ebraico, con lo stesso termine che, nel racconto del diluvio, è tradotto con “arca” : la figura di Mosè è legata a quella di Noè! L’arca di Noè ed il cestello di Mosè, nonostante le loro differenze di dimensioni, porteranno alla salvezza dell’umanità e di Israele, cioè ancora dell’umanità, perché Israele è anticipo  di quanto Dio farà con tutti gli altri popoli.

  La prima nascita di Mosè è destinata alla morte nell’acqua, ma dall’acqua Mosè rinascerà.

La figlia del Faraone fa il bagno, vede la cesta, la fa prendere, l’apre e vede il bambino: piangeva. Si commuove, sa che è un bambino ebreo e decide di risparmiarlo: proprio la figlia del Faraone trasgredisce l’ordine di suo padre!

L’astuzia della sorella del bambino fa si che è la stessa madre ad allattare il figlio. Dopo lo svezzamento (circa tre anni) la figlia del faraone decide di volere per sé il bambino, lo chiama Mosè, un nome egiziano, che vuol dire “figlio” (Ah-moses: figlio di Ah), interpretato in ebraico, per adattarsi al racconto, come «io l’ho tratto dalle acque».

C’è ironia nel fatto che la figlia del faraone paga un salario per un gesto che la madre avrebbe fatto ugualmente e per un bambino che si rivelerà una disgrazia per l’Egitto.

C’è ironia anche nel nome di Mosè: in ebraico significa «colui che tira fuori»; chi è stato tratto fuori, sarà colui che trarrà fuori Israele dalle acque del Nilo (il salvatore salvato).

Mosè ha così due madri, due nascite, due identità: è ebreo ma cresce come egiziano…

Vivrà a corte per quarant’anni anni, fino a quando ne uscirà e incontrerà i suoi fratelli. La sua vita fu di centoventi anni (At 7,23.30.36): quarant’anni passerà nel deserto ed per altri quarant’anni guiderà il popolo di Israele versa la terra promessa.

Il racconto della nascita di Mosè è simile ai racconti di nascita di personaggi importanti e divini che troviamo nel mondo orientale, ma, in questo modo,  vuol dirci che Mosè è un bambino speciale, destinato da Dio a grandi imprese.

 

♦ La scelta di Mosè e la sua fuga in Madian (vv. 11-15)

11Un giorno Mosè, cresciuto in età, si recò dai suoi fratelli e notò i loro lavori forzati. Vide un Egiziano che colpiva un Ebreo, uno dei suoi fratelli. 12Voltatosi attorno e visto che non c'era nessuno, colpì a morte l'Egiziano e lo sotterrò nella sabbia. 13Il giorno dopo uscì di nuovo e vide due Ebrei che litigavano; disse a quello che aveva torto: «Perché percuoti il tuo fratello?». 14Quegli rispose: «Chi ti ha costituito capo e giudice su di noi? Pensi forse di potermi uccidere, come hai ucciso l'Egiziano?». Allora Mosè ebbe paura e pensò: «Certamente la cosa si è risaputa». 15Il faraone sentì parlare di questo fatto e fece cercare Mosè per metterlo a morte. Allora Mosè fuggì lontano dal faraone e si fermò nel territorio di Madian e sedette presso un pozzo.

 

Ora i personaggi sono maschili (Mosè, l’egiziano, l’ebreo, il Faraone) e si respira un’aria di fraternità, ma soprattutto di violenza e di contesa.

Un giorno Mosè esce dal palazzo (anticipa l’esodo del suo popolo) e vede, si rende conto dell’oppressione dei suoi fratelli. Abbandona la casa del potere, per scegliere i poveri. Ha ritrovato il senso di una fraternità che lo conduce ad uccidere l’egiziano che colpiva un ebreo.

Il giorno dopo esce ed assiste a una rissa tra due ebrei. Invita chi ha torto ad una solidarietà fraterna, ma II suo intervento è visto come una pretesa di potere e addirittura con intenzione omicida. Il Faraone, informato dai fatti, cerca di metterlo a morte. Mosè fugge impaurito: è un fallito sia come ebreo (ingratitudine e sospetto del suo popolo), sia come egiziano (rischia la morte).

Si stabilisce nel paese di Madian. Non importa trovare su una mappa dove si trova Madian, ma notare che si ferma non nel mezzo di un bel panorama ma presso un pozzo.

Mosè, un uomo animato da un forte senso di giustizia e di solidarietà, sente che deve essere lui il salvatore e, come tale, deve uccidere l’oppressore e riconciliare gli ebrei tra di loro. Ha preso l’iniziativa, ma dovrà capire che la salvezza non viene da lui ma da Dio! L’incontro con Dio porterà ad un nuovo Mosè: non più solo (Dio lo accompagnerà), mansueto, consapevole che la giustizia non si impone con la violenza.

 

 

 

 

Mosè forestiero in terra straniera (vv.16-22)

16Il sacerdote di Madian aveva sette figlie. Esse vennero ad attingere acqua e riempirono gli abbeveratoi per far bere il gregge del padre.17Ma arrivarono alcuni pastori e le scacciarono. Allora Mosè si levò a difendere le ragazze e fece bere il loro bestiame. 18Tornarono dal loro padre Reuèl e questi disse loro: «Come mai oggi avete fatto ritorno così in fretta?». 19Risposero: «Un uomo, un Egiziano, ci ha liberato dalle mani dei pastori; lui stesso ha attinto per noi e ha fatto bere il gregge». 20Quegli disse alle figlie: «Dov'è? Perché avete lasciato là quell'uomo? Chiamatelo a mangiare il nostro cibo!». 21Così Mosè accettò di abitare con quell'uomo, che gli diede in moglie la propria figlia Sipporà. 22Ella gli partorì un figlio ed egli lo chiamò Ghersom, perché diceva: «Vivo come forestiero in terra straniera!».

 

Al pozzo di Madian,  sette ragazze, venute ad abbeverare il gregge, vengono scacciate da alcuni pastori. Sono donne straniere contro uomini stranieri. Mosè interviene in loro difesa, riconfermando la sua passione per la giustizia contro ogni sopruso.

Ritornate dal loro padre Reuèl (chiamato anche Ietro), sacerdote di Madian, raccontano di essere state difese da un egiziano che ha anche attinto l’acqua e abbeverato il gregge.

L’ebreo-egiziano Mosè diventa pastore e trova una casa ed una famiglia sposando Zippora. Nasce un figlio che chiama Gherson «là sono straniero». Avrà altri figli.

Mosè rivive così l’esperienza dei patriarchi: forestiero in terra straniera, pastore di greggi al servizio del suocero, come Giacobbe (Gn 29).

 

Dio ascolta il lamento di Israele (vv. 23-25)

 23Dopo molto tempo il re d'Egitto morì. Gli Israeliti gemettero per la loro schiavitù, alzarono grida di lamento e il loro grido dalla schiavitù salì a Dio. 24Dio ascoltò il loro lamento, Dio si ricordò della sua alleanza con Abramo, Isacco e Giacobbe. 25Dio guardò la condizione degli Israeliti, Dio se ne diede pensiero.

           

La morte del Faraone non cambia la brutale schiavitù del popolo d’Israele, che ora alza grida di lamento. Non si dice che questa loro supplica venga rivolta a Dio o che Israele ne invochi l’intervento: sembra un grido nel vuoto!

            Dio ascolta il loro lamento, si ricorda della sua alleanza con Abramo, Isacco e Giacobbe prende atto della situazione e decide di intervenire.

Così veniamo a conoscere come agisce il Dio dell’Esodo:

- ascolta: si fa orecchio - nulla gli sfugge,
- si ricorda: si fa cuore - ricorda il suo legame d’amore con i patriarchi e le sue promesse,
- guarda: si fa occhio  - vede, prende coscienza di quello che accade,
- se ne da pensiero: “conosce”, si coinvolge nelle situazione drammatica degli ebrei.

Questi primi due capitoli ci hanno fatto capire che il Dio dell’Esodo è il Dio fedele, il Dio che sceglie chi è debole, il Dio che lascia che tutto dipenda da due levatrici indifese e da un fragile cestello, il Dio che ascolta il nostro lamento perchè ci ama.

Intanto ci avviciniamo al racconto della vocazione di Mosè…

 

Approfondimento personale

    • Dio per salvarci  ricorre alle persone più impensabili, credenti e non (il piccolo Mosè è salvato dalla figlia del Faraone). Ne siamo consapevoli?
    • Mosè non dimentica di essere un ebreo, riusciamo anche noi a non perdere le nostre radici cristiane? 
    • Ci facciamo giustizia con la violenza?
    • Prendiamo le difese dei più indifesi e dei più poveri?
    • Siamo testimoni di giustizia e di pace?
    • Dio accoglie le lacrime degli Israeliti; siamo consapevoli che Dio accoglie anche le nostre lacrime?
    • Ci sono oggi situazioni di schiavitù.. che gridano a Dio?
    • Abbiamo fiducia nell’agire di Dio?
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Ultimo aggiornamento: 12 novembre 2021
 
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