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APRILE 2014

     

Rev. James T. Bretzke, SJ
Professore di Teologia Morale, Boston College,
Boston, Massachusetts, USA

BRETZKE
           
Come collaboratore nel Progetto Rachele diocesano, che offriva i ritiri della Vigna di Rachele ad Oakland, California, il Padre Bretzke, tramite il suo ministero confessionale in parrocchia, incontrava frequentemente penitenti che riferiva alla Vigna di Rachele per un ulteriore accompagnamento nel cammino verso la guarigione post-aborto. Inoltre, il  Padre Bretzke ha personalmente collaborato nel formato del gruppo settimanale della Vigna di Rachele, celebrando con le partecipanti i Sacramenti della Riconciliazione e dell'Eucaristia.


           
La grazia di Dio è più grande di qualunque peccato che una persona possa aver commesso o di qualunque situazione di peccato in cui una persona si possa trovare. Tutto ciò è confermato nella celebrazione del sacramento della riconciliazione con le partecipanti alla Vigna di Rachele. E’ chiaro che nessuna di loro ha mai “scelto” l’aborto con intento malvagio. Ma nessuna ha mai sostenuto di essere, nella vicenda, soltanto un testimone innocente. Sono tutte convinte che abbia avuto luogo una tragedia molto grave e che esse non sono solo “avvolte” in quella tragedia ma che hanno svolto un ruolo nella perdita della vita del loro bambino.


        Il processo di guarigione è lungo, e l'esperienza sacramentale ci ricorda in un certo modo la pratica della pubblica penitenza della chiesa antica. In situazioni più serie, può esserci bisogno di un periodo più lungo di pentimento formale e di conversione. Le prime 11 settimane del programma della Vigna di Rachele iniziano questo processo di pentimento, conversione e guarigione all’ interno di una piccola “comunità”. Attraverso il programma, e certamente nella celebrazione del sacramento, i partecipanti sperimentano la grazia, ma giungono a comprendere che si tratta di una grazia che costa cara, nel vero senso della parola.

 

************************************

 

Rev. Rafael Garcìa, SJ

Vigna di Rachele di El Paso, Texas

 GARCIA

  • Padre Garcia, ci racconti la sua esperienza a partire dall’incontro iniziale con una persona che ha abortito.
  • Le ferite lasciate dall’aborto sono profonde. C’è molto dolore “immagazzinato”, senso di colpa e vergogna. La donna è emotivamente molto fragile quando comincia a parlare con gli altri dell’evento doloroso. E’ una ferita segreta spesso tenuta nascosta per molti anni. La donna si deve fidare per condividere la storia dell’aborto.

Una presenza attenta e compassionevole e l’ascolto sono elementi cruciali. Uno potrebbe non essere pronto a fornire risposte o, addirittura, potrebbe interrompere la conversazione pensando, erroneamente, che trattare con rapidità l’argomento doloroso o sminuire l’importanza dell’evento, possa essere di aiuto.

  • Un accenno al suo ruolo di guida spirituale, confessore e consulente in quanto sacerdote che lavora con persone che hanno abortito
  • Bisogna essere compassionevoli, presenti, ascoltare veramente e, di norma, non parlare troppo. Dobbiamo, in un certo senso, “levarci di mezzo” per consentire a Dio di agire nell’incontro; stare attenti a non trasmettere alcun linguaggio corporeo o verbale che possa essere interpretato come un giudizio o come una manifestazione di fretta da parte nostra. E’ importante mettere in evidenza nella conversazione che Dio è misericordioso e perdona tutto, perché spesso la donna ha la sensazione che questo sia un peccato imperdonabile, ed inoltre menzionare il fatto che perdonarsi è fondamentale. Io penso che la consapevolezza delle proprie inosservanze, peccati, errori e dolori è estremamente importante per la comprensione degli altri riguardo alle medesime cose.
  • Quali sfide ha dovuto affrontare nel corso del suo ministero e cosa potrebbe essere utile condividere con altri sacerdoti?
  • E’ una sfida occuparsi di altre problematiche e dilemmi morali ancora irrisolti presenti nella vita delle donne (sfida non infrequente nella cura pastorale). E’ importante incoraggiare il ministero e la cura successivi al ritiro della Vigna di Rachele affinché il processo di supporto e il percorso di guarigione continuino.

Nell’ambito della cura pastorale, se una donna racconta di aver abortito ed è evidente che la ferita è ancora aperta, incoraggiatela nel poco tempo disponibile e fornitele un'ulteriore risorsa di guarigione dandole la possibilità di mettersi  in contatto con una persona che svolge un apostolato di cura post-aborto.

  • Ci parli della sua esperienza nell'equipe della Vigna di Rachele.
  • Il metodo e la struttura del ritiro della Vigna di Rachele sono certamente ispirati dallo Spirito Santo. Rimango sempre stupito di fronte a come, dopo appena due o tre ore di ritiro, i partecipanti parlino tra loro di aspetti molto personali e dolorosi della propria vita. Anche io sono portato ogni volta a condividere le mie ferite e lo stesso fanno gli altri membri del gruppo di lavoro. Nel ritiro weekend, di più o meno 48 ore, si raggiunge un grande senso di fiducia e di conoscenza reciproca e questo è meraviglioso. Un tale grado di intimità nella condivisione non è così facile da raggiungere nei gruppi e, ritengo, nemmeno nelle famiglie.

La celebrazione, da parte del sacerdote, dei vari rituali nel corso del ritiro è molto consolatoria e spinge all’umiltà; anche la celebrazione dell’Eucaristia e del Sacramento della Penitenza sono momenti di grazia. La presenza e la concreta partecipazione di un sacerdote durante tutto il ritiro è un fatto molto positivo che probabilmente i partecipanti, sia donne che uomini, non hanno mai sperimentato; vale a dire che non immaginavano che un sacerdote potesse essere così “accessibile” e non distante “sull’altare” o “dietro la cortina” del confessionale. Ciò è importante dato che per i cattolici un sacerdote ordinato è “rappresentante” di Dio e quindi la vicinanza e l’accessibilità del sacerdote è il riflesso della vicinanza e accessibilità di Dio.

E’ una gioia verificare la diversità del morale delle donne tra quando arrivano al ritiro il venerdì e quando invece ripartono la domenica. Quando arrivano sono spesso ansiose, rigide e combattono per mantenere una certa compostezza; poi, verso la fine e nel corso della Messa conclusiva, il loro viso mostra felicità, pace e persino i vestiti ed il trucco sono luminosi. E’ il segno esteriore che qualcosa di meraviglioso è accaduto “dentro”. Ritengo che il metodo e la struttura del ritiro della Vigna di Rachele siano ispirati dallo Spirito Santo, e che siano un efficace strumento di guarigione divino.

 

A

 

"...Le labbra del sacerdote devono custodire la scienza
e dalla sua bocca si ricerca l'istruzione,
perché egli è messaggero del Signore..."

- Malachia 2,7

 

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Ultimo aggiornamento: 12 novembre 2021
 
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