“La Vigna di  Rachele”, associazione  che offre ritiri spirituali per persone che hanno ceduto all’aborto dei loro  figli e il pentimento li schiaccia e li condanna alla disperazione. In questi  ritiri viene offerto un cammino di pentimento e di reinserimento nel tessuto  ecclesiale.
                          Il  prossimo ritiro programmato ci sarà dal 10 al 12 luglio 2015. Potete prenotarvi  via internet al sito www.vignadirachele.org.
               
              Testimonianza di Julie di Julie  Schomp
               Se solo avessi  visto qualcuno alzarsi in Chiesa per dirmi che Dio desiderava perdonarmi per  ciò che avevo fatto. Se solo qualcuno mi avesse detto che Dio non mi odiava. Se  avessi sentito parlare di questo ritiro dal pulpito, mi sarei risparmiata  sedici anni di vita d’inferno. 
              La  Vigna di Rachele è un apostolato indirizzato alle donne e agli uomini che hanno  bisogno di un aiuto per fare un cammino di ricupero spirituale ed emozionale  dopo l’esperienza con l’aborto volontario. Questo “cammino di ricupero” è,  infatti, un cammino di pentimento nel senso più bello della parola. Offre  l’opportunità di rivedere tutto il percorso della propria vita, soprattutto i  momenti di più grande dolore e vergogna, tramite gli occhi di Dio e la Divina  Misericordia. La Vigna di Rachele ci permette di fare precisamente ciò che ha  ammonito Papa Giovanni Paolo II nel suo messaggio dell’ Evangelium vitae alle  donne che hanno abortito, in cui ci chiede di “comprendere… ciò che si è  verificato” e di interpretarlo “nella sua verità”. 
              Il  veicolo principale che ha fatto possibile la mia guarigione è il ritiro  spirituale intensivo della Vigna di Rachele, fatto durante un fine settimana  che dura da venerdì pomeriggio a domenica pomeriggio. Questo percorso è stato  sviluppato dalla psicoterapeuta cattolica Theresa Burke, PhD. Troppo spesso il  lutto provato da donne – e da uomini – dopo l’esperienza dell’aborto si tace e  si tiene dentro, solo per emergere in un momento futuro, in modi  autodistruttivi. Il weekend aiuta queste persone ad ammettere e ad apprezzare  la realtà della vita del loro bambino mai nato, e aiuta ad analizzare le  influenze e le pressioni che le hanno spinto ad abortire. Il ritiro impiega  degli esercizi e delle meditazioni fatti in gruppo, e offre la celebrazione dei  Sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucaristia. 
              Ventisei  anni fa ho abortito. Negli anni seguenti ho provato un vero e proprio tormento  emozionale e spirituale. La mia sofferenza ha avuto un grande impatto sul mio  matrimonio, sulla mia famiglia e sulla mia fede, insomma, su tutta la mia vita.  Il ritiro della Vigna di Rachele mi ha offerto un’opportunità di incontrare,  veramente, Gesù per la prima volta dal momento in cui Gli ho voltato le spalle  scegliendo di abortire. Dopo aver ricevuto il dono della pace interiore  attraverso il ritiro, sapevo di voler condividere con gli altri quel dono. Ho  fatto un periodo di discernimento e di formazione che è durato più di un anno,  e ora servo come membro dell’equipe che offre i ritiri. Questo ruolo mi  permette di vedere la resurrezione di ogni partecipante che avviene mentre  riacquista un senso dell’amore di Dio, un amore per il proprio bambino  abortito, e un amore per se stessa. Le donne e gli uomini arrivano venerdì  dimostrando, spesso, ovvi segni di ansia. Sono quasi percepibili la  disperazione e l’odio per se stessi. Durante il trascorrere delle ore del  weekend, Gesù e lo Spirito Santo iniziano ad operare, in modo dolce ma potente,  nelle loro anime. La presenza dei sacerdoti nei weekend è vitale, e rappresenta  un elemento integrante del processo di guarigione vissuto da ogni partecipante.  Non posso mettere abbastanza enfasi sull’importanza di avere la presenza del  sacerdote durante l’intero weekend (sempre che sia possibile). Oltre il fatto  che, nel nome di Cristo e della Chiesa, fa possibile che i partecipanti si  accostino ai sacramenti, il sacerdote “incarna” in un modo speciale Gesù,  rendendo possibile che i partecipanti incontrino la persona di Cristo in lui.
              Spesso  i partecipanti, in passato, hanno avuto un’esperienza negativa con la Chiesa o  con un sacerdote particolare, e tale esperienza ha creato un muro di  separazione tra l’individuo e la Chiesa. La presenza di un sacerdote, per tutto  il weekend e non solo nei momenti strettamente sacramentali, che si preoccupa  per il loro dolore, che desidera la loro guarigione, di un sacerdote che gli  sta accanto nei momenti difficili, in cui esprimono le loro emozioni di  rifiuto, solitudine e perdita dell’autostima, offre loro un incontro “faccia a  faccia” con Gesù, Colui che ama la loro anima e che desidera guarire le loro  ferite. Per alcuni, il ritiro potrebbe rappresentare la prima volta che hanno  parlato, da adulti, con un sacerdote. Questa è una buona opportunità di  smantellare i muri che li separano dalla Chiesa, e rappresenta un momento per  ri-introdurre la luce di Cristo nella loro vita. Molti sacerdoti commentano,  dopo aver partecipato ad uno di questi ritiri, che non hanno mai testimoniato  più visibilmente presente e più attivo il potere guaritivo di Cristo. Durante  il percorso del ritiro il sacerdote diventa veramente parte del gruppo. Tramite  il raccontare le proprie storie e l’entrare in ogni esercizio e rituale, tutti  i presenti sono uniti in un solo Corpo sofferente di Cristo, e tutti accolgono  e consolano amorevolmente gli altri senza neanche rendersi conto di quanto la  propria esperienza e la propria presenza aiuta le sorelle e i fratelli. Durante  le pause e attraverso la condivisione dei pasti i partecipanti vengono a  conoscere a livello più personale il sacerdote. Questo sviluppo di rapporti, in  un contesto rilassato, aiuta coloro che, altrimenti, potrebbero sentirsi  nervosi davanti alla prospettiva di parlare con un sacerdote, ad avere  un’esperienza di una conversazione comoda con un prete. Questa esperienza crea  una fiducia che farà più probabile e più facile che la persona si rivolga a  Cristo, attraverso il sacerdote, nel confessionale.
              L’opportunità  di tornare “nel gregge” del Signore è l’essenza del weekend. Dalla comprensione  e dall’accettazione del perdono di Dio viene anche l’abilità di iniziare a  perdonare se stessi. Mentre il sostegno che i partecipanti offrono l’un l’altro  rappresenta un elemento importante del ritiro, il sacerdote gioca il ruolo  importante di offrire loro, in un modo tangibile, la conoscenza che Gesù e la  Sua Chiesa desiderano il loro bene e si prendono cura di loro. 
              Una  parte importante della mia guarigione durante il ritiro è stato il gesto di  consacrare ciò che era stato dissacrato, e che prendevo per scontato fosse  perso per sempre, ossia, il rapporto con il mio bambino abortito. Riconoscere  la realtà di questa perdita è stato dolorosissimo, quasi insopportabile.  Nonostante ciò, il ristabilire la mia relazione con mio figlio, l’arrivare alla  conoscenza che egli è tenuto nella Misericordia del Signore e che posso vivere  nella speranza di incontrarlo di nuovo, un giorno, nel Paradiso (se Dio ce lo  concede) mi ha aiutato a risanare e a trovare, finalmente, la pace. 
              La  Chiesa offre ai peccatori un rifugio e, alle persone che hanno abortito, offre  la possibilità di vivere un’esperienza del perdono sacramentale. Nonostante  ciò, l’accettazione del perdono di Dio dopo l’esperienza dell’aborto spesso  richiede tutto un percorso, un processo più elaborato, di cui la confessione  rappresenta solo una parte. Le emozioni represse (il lutto, la rabbia, i sensi  di abbandono e di colpa, i sentimenti ambivalenti verso il bambino abortito)  devono essere tutte elaborate prima che un individuo sia veramente pronto a  ricevere e ad accettare il perdono di Dio e la guarigione sacramentale. La  Chiesa deve rendersi conto che gli uomini e le donne ferite dall’esperienza  dell’aborto poche volte sono capaci di elaborare e di risanare, da soli, il  loro dolore. Molti di loro hanno bisogno di un aiuto da parte di varie persone,  che include, ma non si limita alla, presenza sacramentale del sacerdote. 
              E’  questo il vantaggio del percorso offerto dalla Vigna di Rachele: la possibilità  di riunirsi con altre persone che hanno vissuto una simile esperienza e hanno  sofferto simili conseguenze, in un contesto di fede, guidati da un’equipe  composta non solo da “esperti” ma anche da persone che hanno vissuto lo stesso  percorso. Questa dinamica aiuta ad andare oltre la solitudine schiacciante  dell’aborto e delle sue conseguenze. Concludo pregando tutte le parrocchie e  tutti i confessori di far conoscere ai fedeli la Vigna di Rachele. Imploro le  diocesi, i gruppi di preghiera e i movimenti ecclesiali di appoggiarla in tutti  i modi possibili, iniziando, ma non finendo, con la preghiera. Nella nostra  comunità cattolica ci sono molti come me che potranno trarne un grande  beneficio così da rinascere come sono rinata io.
               
              Quanto costa  il weekend?
              Il  costo del weekend varia tra sedi perché dipende dai costi affrontati  dall'equipe di volontari che lo offrono, e dai costi di affitto, vitto e  alloggio della struttura ospitante.  Dipende anche dalla presenza o  mancanza di una sponsorizzazione da parte di enti e organizzazioni locali che  aiutano finanziariamente la sede nazionale della Vigna di Rachele che, pur essendo un apostolato  internazionale, non dispone di risorse finanziarie proprie le quali devono  essere ricercate tra i donatori e benefattori locali e nazionali. 
              L'offerta  richiesta per i ritiri a Bologna è di 200 € a persona, oppure 380 € per la  coppia (oppure due familiari, ad esempio, una donna che partecipa insieme  a sua madre al weekend). Questa offerta include vitto e alloggio da venerdì  alle ore 12.30 fino a domenica alle ore 18.00, tutti i materiali usati nel  ritiro, più l'incontro post-weekend che avrà luogo ca. 6 a 8 settimane dopo, in  una data annunciata nella lettera introduttiva che viene spedita prima  dell'eventuale iscrizione.