I figli dell’incesto ricerca a cura di  Barbara
              La crepa nella diga. Cosa c’è dietro il  buonismo verso i figli incestuosi 
              (di Gianfranco Amato su  Cultura Cattolica del 18-07-2012) 
              Occorre sgombrare qualche dubbio sulla  questione del riconoscimento dei figli incestuosi. Cominciamo illustrando quale  sia il vero background culturale dell’iniziativa, e con qualche dato  parlamentare a pochi noto. Paladini della legalizzazione dell’incesto sono da  sempre i radicali. Questi non sono per nulla sprovveduti e le loro battaglie  ubbidiscono sempre ad una ferrea logica, secondo una strategia che nasce da  un’intelligenza luciferina.
              Perciò hanno compreso subito che il  cavallo di Troia per eliminare il tabù dell’incesto avrebbe dovuto necessariamente  passare per il riconoscimento dei figli incestuosi, sulla base del ragionamento  capzioso per cui «le colpe dei genitori non devono ricadere sui figli». Così il  24 ottobre 2008 la Senatrice radicale Donatella Poretti ha presentato il  Disegno di Legge S.1154, avente per oggetto, appunto, il riconoscimento dei  figli incestuosi, attualmente assegnato alla 2° Commissione permanente  (Giustizia) del Senato. La prova di questa fine strategia appare evidente dalla  lettura del successivo Disegno di Legge della stessa senatrice radicale,  S.1155, quello relativo alla «depenalizzazione dei delitti contro la morale  della famiglia», con cui si chiede, tra l’altro, anche l’abrogazione del reato  di incesto, e quindi la sua legalizzazione di fatto.
              Alcuni passaggi della relazione  introduttiva a quel Disegno di Legge appaiono emblematici: «I due articoli che  si intende abrogare, articolo 564 (Incesto) e articolo 565 (Attentati alla  morale familiare commessi col mezzo della stampa periodica), marchiano il  nostro codice penale di un reato contro la morale di cui non si capisce  l’utilità, se non per creare confusione tra peccato e reato, tipica di leggi di  Stati confessionali e non laici come il nostro. (…) Il rigetto sociale di un  comportamento come quello in esame, e la sua previsione di reato contro la  morale, ha comportato come altra terribile conseguenza il fatto che le colpe  dei genitori ricadessero sui figli.
              (…) La conferma che più che un reato  deve intendersi come un peccato per alcune confessioni religiose, è nelle  parole del presidente della Cei, monsignor Angelo Bagnasco, quando nell’ambito  di un dibattito su una legge per le coppie di fatto (i cosiddetti Pacs in  Francia), ebbe a mettere sullo stesso piano le richieste di legalizzazione  delle forme di convivenza, delle relazioni incestuose e della pedofilia: “Oggi  ci scandalizziamo, ma se viene a cadere il criterio dell’etica che riguarda la  natura umana, che è anzitutto un dato di natura e non di cultura, è difficile  dire no. 
              Se il criterio sommo del bene e del male  è la libertà di ciascuno, come autodeterminazione, come scelta, allora se uno,  due o più sono consenzienti, fanno quello che vogliono perché non esiste più un  criterio oggettivo sul piano morale e questo criterio riguarda non più l’uomo  nella sua libertà di scelta, ma nel suo dato di natura”. Per i credenti  cattolici siamo certi che queste parole saranno da guida per i loro  comportamenti personali, ma come cittadini di uno Stato laico vorremmo porre  alla base di ogni legge il principio che “la mia libertà finisce dove inizia  quella degli altri” (Martin Luther King)».
              Anche il Disegno di Legge n.1155 giace  dal 2008 presso la 2° Commissione permanente (Giustizia) del Senato, in attesa  di essere, un giorno, discusso e votato. Nel frattempo, il riconoscimento dei  figli incestuosi è riuscito a passare il 30 maggio 2011 alla Camera e lo scorso  16 maggio al Senato, trovando ospitalità nel Disegno di Legge in materia di  riconoscimento di figli naturali d’iniziativa dei deputati Mussolini, Carlucci,  Bindi, Ferranti ed altri, con cui si intendono parificare i figli legittimi a  quelli naturali (compresi gli incestuosi). Una parificazione assai pericolosa  sotto il profilo antropologico, culturale e sociale.
              Ora, per opporsi al tentativo  surrettizio di sdoganare il tabù dell’incesto attraverso il riconoscimento dei  figli incestuosi, soprattutto alla luce dell’insidiosa questione delle colpe  dei genitori che ricadrebbero sui figli innocenti, occorre fare tre  considerazioni.
              1) Il divieto di riconoscimento dei  figli illegittimi non opera in due casi, relativi a situazioni ed eventi che  riguardano i rapporti tra genitori, sui quali comunque il figlio nulla può:  l’ignoranza in cui gli stessi genitori, al momento del concepimento, versassero  circa il vincolo esistente tra loro (nel caso in cui uno solo dei genitori  fosse in buona fede, solo questi può effettuare il riconoscimento; ipotesi cui  è assimilato il caso di chi ha subito violenza sessuale) e, ovviamente, la  dichiarata nullità del matrimonio da cui il rapporto di affinità sarebbe  derivato.
              2) I figli incestuosi non riconoscibili  oggi godono di una certa tutela, essendo loro riconosciuta l’azione nei  confronti dei genitori naturali per ottenere il mantenimento, l’istruzione e  l’educazione o, se maggiorenni in stato di bisogno, per ottenere gli alimenti,  e alla morte dei genitori hanno diritto ad un assegno vitalizio pari alla  rendita della quota che sarebbe spettata loro se fossero stati riconosciuti. A  causa del divieto di riconoscimento, però, questi figli non possono assumere il  cognome del genitore, non possono essere sottoposti alla potestà di tale  genitore, e non hanno i diritti successori spettanti ai figli naturali, ma,  come abbiamo visto, un assegno vitalizio. Attribuire questi ultimi diritti  (cognome, potestà genitoriale, e successione), infatti, significherebbe  riconoscere indirettamente un contesto familiare illegittimo per il nostro  ordinamento giuridico e in contrasto con i principi costituzionali. Una  famiglia incestuosa di fatto.
              Secondo la dottrina giuridica «l’ampliamento dei  diritti di figli di genitori incestuosi rischia di comportare una lettura  diversa della famiglia che elimini del tutto il rilievo atavico dell’incesto»,  ed il «desiderio di offrire a tutti i figli, senza esclusione alcuna, la tutela  massima prevista dall’ordinamento presta il fianco ad una possibile  interpretazione estensiva, così da considerare “famiglia” anche quella nascente  dal rapporto incestuoso, perché ciò che notoriamente e comunemente è  considerato diritto fondamentale del fanciullo è il crescere in una famiglia» (PAOLO CENDON, RITA ROSSI, Famiglia e Persone, UTET  2008, volume I, p.371)
              3) Come ha giustamente evidenziato il  Forum delle Associazioni Familiari, non può considerasi un interesse dei figli  il fatto di vedere certificata e pubblicamente conclamata la propria origine  incestuosa. A meno che – e qui sta il punto – non si voglia far considerare  “normale” tale condizione, una normalità riconosciuta e tutelata dallo Stato,  attraverso una totale parificazione coi figli legittimi. Sempre secondo la  dottrina, «l’ordinamento giustamente presuppone che il mantenimento di  significativi rapporti affettivi con i genitori incestuosi costituisca un  pregiudizio per i minori» (ALESSIO  ANCESCHI, Rapporti tra genitori e figli – profili di responsabilità, GIUFFRE’  2007, p.15). E ancora la dottrina pone  l’accento sugli «effetti di natura psicologica e di integrazione sociale» che  possono derivare al riconoscimento pubblico di «figli che, ufficialmente e nei  confronti della collettività, saranno figli del fratello o della sorella o del  nonno”, evidenziando che “tale realtà potrebbe avere conseguenze devastanti» (PAOLO CENDON, RITA ROSSI, Famiglia e Persone, UTET  2008, volume I, p. 371). Ricordiamo, poi,  che se passasse alla Camera il riconoscimento dei figli incestuosi, questo  potrebbe comportare anche la possibilità, seppure filtrata dal vaglio del  giudice, dell’inserimento di tali figli nella famiglia dell’uno o dell’altro  genitore, con tutte le implicazioni ben immaginabili.
              Se lo Stato arrivasse a riconoscere e  tutelare il frutto dell’unione di due adulti consanguinei, prima o poi  finirebbe inevitabilmente per riconoscere la legittimità di tale unione. I  figli incestuosi, come abbiamo visto, godono già di tutele e di diritti sotto  il profilo economico, ma non possono essere riconosciuti, perché questo  significherebbe inserirli anche idealmente in un contesto familiare fatto di  due genitori biologici consanguinei. I figli incestuosi non possono far parte,  neppure idealmente, di un quadro e di un progetto familiare, per questo si può  e si deve negare loro, ad esempio, il diritto ad ottenere il cognome, il  diritto ad una successione piena e la possibilità che i genitori incestuosi  esercitino su di loro la potestà genitoriale.
              Non si tratta di una cattiveria nei  confronti di soggetti innocenti, ma di salvaguardare il concetto di famiglia ed  arrestare il processo culturale che tende alla liberalizzazione dell’incesto,  ovvero alla regressione dei rapporti familiari allo stato animale. Di ciò ne erano  pienamente consci, peraltro, gli stessi Padri Costituenti. Il 16 gennaio 1947,  infatti, la Commissione per la Costituzione in seduta plenaria discusse sulla  condizione dei figli nati fuori del matrimonio, e in quella sede, proprio a  proposito dei figli incestuosi, il costituente Senatore Umberto Merlin fu  estremamente lucido: «Dire che non è logico far ricadere sui figli innocenti la  colpa dei padri, è tesi bellissima, da romanzo, ma non è argomento persuasivo  per il legislatore e soprattutto per il legislatore costituente, il quale deve  formulare gli articoli con il cuore, sì, ma soprattutto con la ragione».
              Il cuore può arrivare a comprendere il  desiderio di un figlio di entrare a far parte della comunione familiare con i  genitori incestuosi che lo hanno generato, ma la ragione ha bene chiari i  motivi per cui quel desiderio non si può realizzare, nell’interesse dello  stesso figlio e della comunità sociale. Quelle parole pronunciate nel 1947 sono  ancora più vere oggi che è in atto un’evidente operazione culturale finalizzata  a sovvertire la visione antropologica dell’uomo ereditata in Occidente dalla  civiltà greco-romana e da quella giudaico-cristiana. I disegni di legge  radicali ne sono una conferma. E, del resto, la stessa cosa è avvenuta in  passato, ad esempio, con i transessuali.
              Un lento e ponderato processo che, passo  dopo passo e attraverso una sapiente propaganda massmediatica, ha portato a  rendere normale e accettabile, nell’opinione pubblica, la figura dei  transessuali. Gli ingegneri insegnano che le grandi dighe non crollano  all’improvviso e di colpo, ma collassano per l’azione di piccole crepe. Il  riconoscimento dei figli incestuosi, in questo senso, rappresenta una  pericolosissima ed insidiosa crepa.