Pellegrinaggi e santuari
              
              Pietra  del Santo Sepolcro
              
               
                          Parlando,  come si è cercato di fare con gli articoli apparsi in questa rubrica, delle  “radici cristiane” dell’Europa, non si può non accennare ad un fenomeno che ha  caratterizzato e ancora caratterizza il mondo cristiano: i pellegrinaggi.
                          L’idea  del pellegrinaggio è indubbiamente strettamente connessa con il fenomeno  religioso: lo era già nell’antichità, come sappiamo, ad esempio, da quanto  accadeva nel mondo greco-romano, nel quale il fenomeno del recarsi nei luoghi  di culto consacrati a questa o quella divinità, era un’abitudine frequente e  documentata. Per il cristiano, poi, la vita stessa è un pellegrinaggio, una via da percorrere imitando Cristo per  arrivare a raggiungere la vita eterna.
                          L’Europa,  fin dal lV secolo, fu solcata da numerosi pellegrini, che – lungo vie che  divennero con il passare del tempo percorsi precisi – si recavano nei vari loca sancta (luoghi santi) per fare  penitenza e/o per ottenere una grazia, solitamente la guarigione da una  malattia. Il pellegrinaggio era così contemporaneamente l’espressione della  devozione personale e un modo attraverso il quale uomini, provenienti da  regioni spesso molto lontane fra loro, si  riconoscevano nella professione di una medesima fede, quella cristiana,  creando legami e contribuendo alla diffusione di culti, di espressioni  artistiche e di motivi iconografici. Il pellegrinaggio era considerato  anzitutto come una imitazione del cammino di Gesù, quasi un rivivere con Lui la Sua passione affrontando le difficoltà  e i pericoli del viaggio: era quindi logico che la meta preferita (ma non la  sola, basti pensare ai tanti pellegrini che si recavano a Roma) fosse la Terra santa, laddove era possibile visitare  i luoghi dove Gesù è vissuto e ha compiuto la sua azione redentrice. Quando  poi, quei luoghi divennero più difficilmente raggiungibili a causa  dell’espansione araba (quindi a partire dal secolo Vll), i pellegrini si  indirizzarono ad altre mete, del resto già ampiamente visitate anche prima:  abbiamo già accennato a Roma, dove  ad attrarre i visitatori erano le memorie degli Apostoli Pietro e Paolo, ma  anche San Michele sul Gargano, dove  già dal VI secolo si ricordava l’apparizione dell’Arcangelo, Santiago da Compostela (frequentato già  intorno al 1090) e molti altri.
                          A  partire dall’Xl e Xll secolo, quando le città si ripopolarono e la vita in  Europa – cessate le scorrerie e le invasioni barbariche – era divenuta più  tranquilla, furono realizzate numerose strade che attraversavano il continente  in lungo e in largo, a volte seguendo il tracciato delle antiche vie romane, a  volte discostandosene: alcune di queste vie, solcate di preferenza da  pellegrini diretti nei vari luoghi di culto, videro sorgere, lungo il loro  percorso, chiese, monasteri e cattedrali (dove i penitenti potevano partecipare  alle cerimonie religiose e ricevere l’assistenza spirituale di cui avevano  bisogno) ma anche luoghi di accoglienza  e ospizi, all’interno dei quali i viandanti potevano ripararsi, essere  rifocillati e curati dalle ferite o dalle malattie contratte durante il cammino:  l’ospedale di Santa Maria a Siena ha appunto questa origine, come anche  l’ospedale di Santo Spirito a Roma, chiamato in Sassia perché frequentato soprattutto dai pellegrini che  provenivano dalla Sassonia (Germania). Spesso questi luoghi erano riccamente  decorati con affreschi che illustravano le opere di misericordia (“saziare gli  affamati”, “curare gli infermi”...) o le vite di santi, allo scopo di spronare  alle opere di carità chi si doveva occupare dei pellegrini e di aiutare questi  ultimi a pregare e meditare, rafforzando così il desiderio di raggiungere la  meta. I dipinti e le sculture avevano anche uno scopo per così dire didattico:  servivano cioè ad illustrare ai fedeli episodi della vita di Gesù e della  Madonna (i ‘misteri’) e ad insegnare i dogmi di fede: del resto, il grande pontefice  Gregorio Magno, già nel VI secolo scriveva in una lettera che “la pittura  insegna agli illetterati ciò che la scrittura insegna ai letterati”1. Numerosi pittori  e scultori percorrevano quindi le stesse vie dei pellegrini spostandosi di  luogo in luogo per prestare la loro opera: è così che fra i vari luoghi si  creano legami artistici (somiglianze nelle caratteristiche costruttive e nelle  decorazioni scultoree soprattutto) riconoscibili ancora oggi. 
                          Tutto  questo proliferare di luoghi di accoglienza e di cura contribuiva al  diffondersi di una mentalità  solidaristica, di attenzione ai bisogni dell’altro: il ‘prendersi cura’, il  ‘farsi carico’ delle necessità dell’altro (in cui si riconosce un fratello)  diventa costume, abitudine, caratterizza  una civiltà – quella europea appunto – e trova inequivocabilmente le sue origini nel cristianesimo, sentito  come fede e come pratica di vita: è – ripeto – una mentalità solidaristica che  andrebbe recuperata in un’epoca come la nostra nella quale predomina  l’individualismo più sfrenato.
                          Romee erano dette  le vie che conducevano a Roma, mentre con il nome di Francigena si indicava la via più frequentemente percorsa dai  pellegrini che provenivano dall’Europa continentale. Romei erano anche detti i pellegrini stessi, ma anche Palmieri (quelli che si recavano a  Gerusalemme, in memoria delle Palme osannanti a Gesù nel momento dell’ingresso  in città) o Giacobei (coloro che si  recavano a Santiago, per venerare le reliquie di San Giacomo). Occasione di un  pellegrinaggio molto numeroso fu il primo  Giubileo, indetto nel 1300 da papa Bonifacio VIII: un grandissimo numero di  pellegrini si recarono a Roma per visitare i luoghi dove Pietro e Paolo avevano  subito il martirio e per venerare in San Pietro il velo della Veronica con  l’impronta del Volto santo, che in quell’occasione fu esposta al culto dei  fedeli.  Il giubileo era un evento  di straordinaria importanza: Dante ci ha  lasciato nella Divina Commedia una movimentata descrizione del viavai dei  pellegrini sul ponte di Castel Sant’Angelo che per l’occasione (il Giubileo del  1300) era stato diviso in due corsie, una verso San Pietro e l’altra in senso  contrario, per facilitare il deflusso dei pellegrini. Al Giubileo del 1350 partecipò  il grande Petrarca, che poi ricordò l’avvenimento anche in un sonetto che una  volta  moltissimi studiavano a memoria (“Mòvesi il vecchierel canuto e bianco...”  );
                          Nel  Xlll secolo, si diffuse  sempre più il  culto mariano, cosicché le cattedrali dedicate alla Madonna divennero anch’esse  mete di pellegrinaggi: appunto alla fine di questo secolo fu fondato il  santuario di Loreto, sorto sul luogo dove si diceva fosse stata miracolosamente  trasportata la casa di Nazareth.  Nei  secoli seguenti,  in Europa  le strade dei pellegrinaggi continuarono ad  essere molto frequentate; sorsero numerosi altri santuari dedicati alla Madonna  e ai santi, anch’essi assiduamente visitati
              Mi piace  citare, in conclusione, una frase famosa di Goethe: “L’Europa si è fatta camminando e la sua lingua madre è il cristianesimo”.  Anche il grande poeta tedesco riconosceva quindi il fondamentale ruolo della  religione cristiana (e dei pellegrinaggi in particolare) per la nascita  dell’Europa e  per l’unificazione civile  e culturale del continente europeo.