CHE MADRE SONO? Dada
               
                          Se mi chiedessero che tipo di madre sono, mi troverei per un momento  spiazzata. E’ una domanda che non mi sono mai posta, sempre occupata come sono  ad affrontare la mia situazione di madre, quasi fosse una sorta di emergenza da  affrontare e risolvere con tempestività, spirito creativo, senso pratico e  amore.
                          Che  madre sono stata? Credo una madre qualunque con le contraddizioni di un essere  umano qualsiasi. Sono anch’io cresciuta negli anni insieme a mio marito e a mia  figlia, pensando alle cose del quotidiano, a come risolverle al meglio, senza  danneggiare nessuno. Come posso fare delle dichiarazioni definitive su ciò che  sono o sono stata nella mia vita di madre? Con un certo fastidio ho sentito  dire da qualche genitore: “Sono stato un buon padre – Sono stata una buona  madre”. Sono certezze senza basi serie. Sono una buona madre nella misura in  cui vengo apprezzata ed amata da mia figlia? O perché ho fatto dei sacrifici  per allevarla al meglio delle mie possibilità? Ma questo si sa: un figlio  comporta sacrifici di ogni genere, quando sta bene di salute. Si può immaginare  quando invece la sua salute malferma è il fattore che gli condiziona la vita.
                          Dunque,  io di certezze non ne ho.
                          Quando  Anna è nata avevo 28 anni, ora ne ho 70 e continuo ad essere madre. Sarà  cambiato qualcosa della mia vita nel frattempo?! E quanti cambiamenti avranno  influito nell’equilibrio dell’intera famiglia?! Mia figlia non è un elemento a  se stante; noi siamo un corpo unico: genitori e figlia. Diffidare di chi ha  solo certezze, perché quanto meno significa che costui dalla vita non ha  imparato niente, ma è rimasto quello che era a 20 anni, o anche prima! E questo  è grave. Costruire un rapporto vero con i propri figli è un’avventura avvincente,  che spesso genera contraddizioni esistenziali non da poco. Tuttavia non sempre  queste contraddizioni sono o si rivelano nel tempo esperienze negative. Anzi  personalmente amo certe contraddizioni, perché esse comunque generano vitalità,  procedono nel tempo creano una certa dialettica utile a tutta la famiglia.
                          Una  contraddizione molto forte ed evidentissima è quella che si genera tra la  tecnologia e l’esistenza umana. Per esempio: i nostri figli non possono fare a  meno dell’uso del telefonino, anche mentre mangiano, o quando sono in compagnia  degli amici per passare il tempo libero, comunicare, divertirsi.
                          Si è  già detto tante volte che il gruppo è indispensabile ai giovani, perché non  riescono a stare soli, né organizzare qualunque cosa senza di esso. Ma poi nel  gruppo si isolano e “giocano” con i loro telefonini. Finiscono con lo stare  insieme senza porsi in relazione.
                          Ecco  il divario: il progresso tecnologico non aiuta a comunicare, è alienante. La  contraddizione sta proprio nel non essere in grado di vivere un equilibrio  dinamico tra tecnologia ed esistenza umana. Io penso che non bastino i genitori  da soli a sbloccare questa situazione, che crea tanti problemi in famiglia e  nella società, ma che la scuola ed altre strutture derivanti e socialmente  utili, abbiano un ruolo fondamentale nella formazione dei nostri figli. Il  discorso andrebbe lontano. Si sa che la scuola va riformata alla radice e che  la preparazione dei docenti è ormai obsoleta. Materie quali Scienze,  Tecnologia, Educazione civica, Antropologia, Igiene, Anatomia, Sessuologia,  Musica, Arti visive e Arti applicate, non dovrebbero essere soltanto retaggio  di alcune specializzazioni universitarie, ma andrebbero insegnate in tutte le  discipline, a partire dalla Scuola primaria.
                          Dico  questo per sottolineare che i genitori e i loro figli vanno avanti nella vita  di pari passo, crescendo insieme. La differenza che padri e madri hanno, nei  confronti dei loro figli consiste nelle grandi responsabilità che non sempre  essi sono all’altezza di affrontare da soli e al meglio; ma la colpa non è di  qualcuno in particolare. E’ la società che deve cambiare, sono le sue  istituzioni che vanno svecchiate.
                          Io  dunque sono una madre inserita in una società che in qualche modo ha influito  anche nella mia formazione. Nella misura in cui queste premesse hanno influito  sulla mia vita, sono stata una madre che ama ed ha amato sua figlia, sbagliando  o facendo cose giuste, come tutti. Non diciamo di essere stati bravi, non è il  caso.