 Ma  per spingere gli uomini verso le catastrofi più assurde, non c’è bisogno né di  dei né di congiure segrete. La natura umana basta.
            Ma  per spingere gli uomini verso le catastrofi più assurde, non c’è bisogno né di  dei né di congiure segrete. La natura umana basta.
                          Per  chi sa vedere, non c’è oggi sinonimo più angosciante del carattere irreale  della maggior parte dei conflitti che sorgono. Hanno ancora meno realtà del  conflitto tra greci e troiani. Al centro della guerra di Troia, almeno c’era  una donna, e, cosa ancora più importante, una donna di perfetta bellezza. Per i  nostri contemporanei, il ruolo di Elena è svolto da parole adorne di maiuscole.  Se potessimo afferrare, nel tentativo di comprenderla, una di queste parole  gonfie di sangue e di lacrime, vedremmo che è priva di contenuto. Le parole che  hanno un contenuto e un senso non sono omicide. Se talvolta una di esse è  mescolata al sangue versato, è più per accidente che per fatalità, e si tratta  allora, in genere, di un’azione limitata ed efficace. Ma si mettono le  maiuscole a parole vuote di significato, e, per poco che le circostanze  spingano in questa direzione, gli uomini verseranno fiumi di sangue,  accumuleranno rovine su rovine, ripetendo queste parole, senza poter mai  ottenere effettivamente qualche cosa che a questa parole corrisponda; niente di  reale potrà mai corrispondere, perché non vogliono dir niente. Il successo si  definisce allora esclusivamente attraverso l’annientamento dei gruppi umani che  sostengono le parole nemiche. E’ infatti una caratteristica di queste parole  quella di vivere per coppie antagoniste. Beninteso, non sempre queste parole  sono in sé prive di senso; alcune ne avrebbero uno, se ci si desse la pena di  definirle in modo conveniente. Ma una parola così definita perde la sua  maiuscola, non può più servire per bandiera, né tenere le sue posizioni di fronte  alle vuote parole d’ordine nemiche; è solo un riferimento per aiutare a  cogliere una realtà concreta, o un obiettivo concreto, o un metodo d’azione.  Chiarire le nozioni, screditare le parole intrinsecamente vuote, definire l’uso  delle altre attraverso analisi precise, ecco un lavoro che, per quanto strano  possa sembrare, potrebbe preservare delle vite umane.
                          Si  può parlare di guerra in generale solo per astrazione; la guerra moderna  differisce assolutamente da tutto ciò che veniva indicato con questo nome sotto  i precedenti regimi. Da un lato la guerra non fa che prolungare quell’altra  guerra che si chiama concorrenza, e che rende la produzione stessa una semplice  forma di lotta per il dominio; dall’altro, tutta la vita economica è  attualmente orientata verso una guerra futura. In questo intreccio  inestricabile del fattore militare con quello economico, in cui le armi sono  messe al servizio della concorrenza e la produzione al servizio della guerra,  questa non fa che riprodurre i rapporti sociali che costituiscono la struttura  stessa del regime, ma a un livello molto più elevato. Marx ha mostrato una  forza che il modo moderno della produzione si definisce attraverso la  subordinazione dei lavoratori agli strumenti del lavoro, strumenti di cui  dispongono coloro che non lavorano; e ha mostrato inoltre che la concorrenza,  non conoscendo altra arma che lo sfruttamento degli operai, si trasforma nella  lotta di ogni padrone contro i suoi operai, e, in ultima analisi, nella lotta  dell’insieme dei padroni contro l’insieme degli operai. Allo stesso modo la  guerra, ai giorni nostri, si definisce attraverso la subordinazione dei  combattenti ai mezzi di combattimento; e gli armamenti, autentici eroi della  guerra moderna, sono, come gli uomini votati al loro servizio, diretti da  coloro che non combattono. Poiché questo apparato direttivo non ha altro mezzo  per sconfiggere il nemico che quello di mandare a morire i propri soldati con  la forza, la guerra di uno Stato contro un altro Stato si trasforma  immediatamente in una guerra dell’apparato statale e militare contro il proprio  esercito. E la guerra rivela d’essere in ultima analisi una guerra condotta  dagli insieme degli apparati di Stato e degli Stati maggiori contro l’insieme  degli uomini validi, in età da portare le armi. Solo che, mentre le macchine  strappano ai lavoratori solo la forza lavoro, e i padroni non hanno altro mezzo  di costrizione che il licenziamento – un mezzo limitato dalla possibilità che  il lavoratore ha di scegliere tra diversi padroni – ogni soldato è invece  costretto a sacrificare la sua stessa vita alle esigenze dell’apparato  militare, e vi è costretto attraverso la minaccia di un’esecuzione senza  processo che il potere dello Stato mantiene costantemente sospesa sul suo capo.  Di conseguenza, importa assai poco che la guerra sia difensiva o offensiva,  imperialista o nazionale; ogni Stato in guerra è costretto a usare questo  metodo dal momento che il nemico lo usa. Il grande errore di quasi tutti gli  studi relativi ai conflitti armati, errori in cui sono caduti in particolare  tutti i socialisti, è quello di considerare la guerra come un episodio di  politica estera, mentre  essa costituisce  innanzitutto un fatto di politica interna, e il più atroce di tutti. Non si  tratta qui di considerazioni sentimentali o di rispetto superstizioso della  vita umana. Si tratta di una considerazione assai semplice: il massacro è la  forma più radicale dell’oppressione; i soldati non si espongono alla morte,  sono mandati al massacro. Poiché un apparato repressivo, una volta costituito,  rimane tale finché non viene spezzato, ogni guerra che imponga un apparato,  deputato a dirigere le manovre strategiche, su masse costrette a servire come massa  di manovra, deve essere considerata, anche se condotta da rivoluzionari, come  un fattore reazionario. Quanto alla sua portata esterna, essa è determinata dai  rapporti politici istruiti all’interno; armi gestite da un apparato di Stato  sovrano non possono portare la libertà a nessuno.
              Simone Weil
               
               Simone Weil nacque a Parigi nel 1909 da una  famiglia ebrea. Fu studentessa all'Ecole Normale e insegnante di filosofia in  vari licei. Militante dell'estrema sinistra rivoluzionaria, nel 1934, spinta  dall'inderogabile esigenza interiore di conoscere direttamente le peggiori  condizioni di vita dei lavoratori, troncò la professione e gli studi puramente  teorici per lavorare come operaia alla Renault di Parigi: fu un duro ma per lei  entusiasmante inserimento nella vita. Ammalatasi di pleurite, fu costretta a  lasciare l'officina, iniziando un periodo cruciale di intimo ripensamento. Nel  1936 partecipò come volontaria repubblicana alla guerra civile spagnola  arruolandosi nelle file anarchiche della famosa Colonna Durruti, accettando  anche i servizi della cucina; ma in seguito ad una grave ustione a un piede  dovette rientrare in Francia. Al 1937 risale la svolta mistica, che si traduce  in una fede vissuta con grandissima intensità. Esclusa dall'insegnamento in  seguito alle leggi razziali durante il regime di Vichy, fece la contadina fino  al 1942, quando si rifugiò con la famiglia negli Stati Uniti dove fu molto  vicina ai poveri di Harlem. Poco dopo, però, richiamata dall'impegno contro il  totalitarismo, tornò in Europa ma nel 1943 morì a soli 34 anni nel sanatorio di  Ashford in Inghilterra.
Simone Weil nacque a Parigi nel 1909 da una  famiglia ebrea. Fu studentessa all'Ecole Normale e insegnante di filosofia in  vari licei. Militante dell'estrema sinistra rivoluzionaria, nel 1934, spinta  dall'inderogabile esigenza interiore di conoscere direttamente le peggiori  condizioni di vita dei lavoratori, troncò la professione e gli studi puramente  teorici per lavorare come operaia alla Renault di Parigi: fu un duro ma per lei  entusiasmante inserimento nella vita. Ammalatasi di pleurite, fu costretta a  lasciare l'officina, iniziando un periodo cruciale di intimo ripensamento. Nel  1936 partecipò come volontaria repubblicana alla guerra civile spagnola  arruolandosi nelle file anarchiche della famosa Colonna Durruti, accettando  anche i servizi della cucina; ma in seguito ad una grave ustione a un piede  dovette rientrare in Francia. Al 1937 risale la svolta mistica, che si traduce  in una fede vissuta con grandissima intensità. Esclusa dall'insegnamento in  seguito alle leggi razziali durante il regime di Vichy, fece la contadina fino  al 1942, quando si rifugiò con la famiglia negli Stati Uniti dove fu molto  vicina ai poveri di Harlem. Poco dopo, però, richiamata dall'impegno contro il  totalitarismo, tornò in Europa ma nel 1943 morì a soli 34 anni nel sanatorio di  Ashford in Inghilterra.
               
              Auguro a tutti i lettori di questo giornalino un’estate ricca di  pensieri positivi e di sentimenti di pace: pace nelle famiglie e nelle  relazioni interpersonali. Non manchi, ad accompagnare questo sentimento, la  scelta intelligente e volenterosa di una vita all’insegna della mitezza e della  sobrietà.
              Saluto tutti con affetto ricordandovi sempre, anche coloro che non  ho ancora conosciuto, nelle mie preghiere  quotidiane. 
              Un abbraccio e buona estate! Dada.