PREGHIAMO IL SALMO 6
               
               
              
                          C’è un cielo stellato, blu intenso e  nitido, come possono essere nitide certe notti nel deserto dove il giorno e la  sera splendono di luce vivida nell’aria pura. Un grande fuoco illumina il  centro delle tendopoli, i visi dei pastori, dei musicanti e del loro re.
                          Si scorge tutto intorno il profilo  rossastro delle tende; qui più tardi sarà silenzio e tutti riposeranno.
                          Le greggi calme attendono, e sognano  i pascoli di domani. C’è pace. L’uomo di tremila anni fa sta in silenzio a  contemplare. Poi, prima singolarmente e poi a più voci, nasce un canto: l’ebreo  ispirato parla al suo Dio, e parla di Dio. Arpe melodiose risuonano  nell’atmosfera rarefatta, mentre un inno di lode e di ringraziamento si diffonde  nell’aria bruna.
                          La notte avanza. Il re e la sua  tribù, appagati, prendono sonno presso i loro giacigli. C’è chi veglia accanto  al fuoco. Il nemico è lontano: Dio protegge l’ebreo fiducioso.
                          E’ l’immagine che vedo con l’occhio  dell’intuizione. Mi piace questo quadro sereno, incantato, quasi perfetto, che  mi ispira la lettura di alcuni salmi, tanto da sentirmi partecipe di tanta  grazia.
                          Gli inni, intanto, cantati per  secoli e mandati a memoria, passano da generazione a generazione, fino a quando  la scrittura ne sancirà l’eternità.
                          L’uomo poeta, capace di sentire il  suo animo, e in esso di fare silenzio, giunge alla parola autentica, che è  rivelazione. Nel silenzio c’è la gestazione di questa parola eterna e sempre  portatrice di verità; Parola piena di forza e carica di efficacia.
                          Ecco perché ancora oggi i salmi  riescono ad emozionarci e ci trasmettono il senso del divino. La parola dei  salmisti è parola ispirata, che proviene dal silenzio, che è Dio, in attesa che  il mistero trinitario, mille anni dopo, ci riveli il Verbo, la Parola da essi  già profetizzata.
                          L’uomo poeta, anche da peccatore, sa  parlare al suo Dio, che si svela nel suo animo, nella sua coscienza, e  racconta… Racconta di vittorie sul male, e di cadute di cui si lamenta e si  pente. Egli parla di persecuzioni e di nemici, parla di colpe di cui si è  macchiato e chiede clemenza e misericordia, perdono e rigenerazione. 
                          Egli è certo che Dio lo ascolterà;  il Signore mosso a pietà, ascolterà il canto del dolore del suo figlio debole e  pentito.
                          Nel Salterio, composto da 5 libri,  sono contenuti 150 salmi, di cui sette sono lamentazioni raccolte da S.  Agostino, sotto il nome di “Salmi penitenziali” (6;32;38;51;102;130;143) .
                          Il Santo, sul letto di morte, fece  appendere, di fronte al suo letto, i salmi penitenziali e pare non cessasse mai  di recitarli.
                          Propongo la lettura del salmo  penitenziale N° 6 (Libro I) e aggiungo in calce un breve commento, ripreso  letteralmente dal libro: “I Salmi – preghiera e poesia” – di Benedetto  Piacentini Ed. Paoline.
                                                                         Dada
               
               
               
              SALMO 6
               
              1 Al maestro del coro. Per strumenti a corda.  Sull'ottava.
              Salmo. Di Davide.
               
              2 Signore, non rimproverarmi nella tua ira,
                  non  castigarmi nel tuo furore.
              3 Abbi pietà di me, SIGNORE, perché sono  abbattuto;
                  risanami,  SIGNORE, perché tremano le mie ossa
              4 e l'anima mia è sconvolta assai,
                  ma tu,  SIGNORE, fino a quando?
              5 Ritorna, SIGNORE, libera l’anima mia,
                  salvami per  la tua misericordia.
              6 Nessuno tra i morti ti ricorda.
                  Chi nello  Sheol può darti lode?
              7 Mi sono estenuato per il lungo lamento,
                  ogni notte  inondo il mio giaciglio,
                  bagno con le  mie lacrime il mio letto.
              8 Si sono consumati per il dolore i miei occhi,
                  invecchiano in  mezzo a tutti i miei avversari.
              9 Allontanatevi da me voi tutti operatori di  iniquità,
                  perché ha dato  ascolto, il SIGNORE,
                  alla voce  del mio pianto,
              10 ha dato ascolto il SIGNORE, alla mia supplica,
                  il SIGNORE  accoglie la mia preghiera.
              11 Siano confusi e sconvolti assai tutti i  miei nemici,
                  si volgano  indietro, confusi, all'istante.
               
              Divisione del testo
               
                          Il salmo si divide in 11  versetti e si può suddividere in 3 parti: 
                                      vv 2-6: lamentazione con invocazione  del nome di Dio.
                                      vv.7-8 descrizione della pena interiore  vissuta dal salmista.
                                      vv. 9-11 imprecazione contro i nemici.
               
                          vv 2-6: L’orante è cosciente che esiste  un rapporto tra la sua colpa e la persecuzione che subisce (v. 2) e si appella  alla misericordia di Dio per essere salvato dai nemici (v.5). Con gli  imperativi di apertura (“non punirmi”; “non castigarmi”) il salmista si rivolge  a Dio in atteggiamento filiale chiedendogli di non superare una certa misura  nella correzione e di liberarlo dalla morte (v.6). L’imperativo”ritorna!” (v.5)  esprime una richiesta affinché Dio dall’ira passi alla pietà e dalla correzione  alla liberazione. In questa parte del salmo l’orante si rivolge a Dio in  seconda persona invocandolo cinque volte con il nome proprio (il tetragramma;  vv.2-3 [2*] -4-5).
                          vv. 7-8: In questa sezione il salmista  parla delle sue sofferenze in prima persona: la notte non arreca riposo mentre  l’angoscia e il dolore si aggravano ancor più; il pianto è continuo e le  lacrime inondano il suo letto (v. 7). Rispetto alla descrizione dei vv. 3-4 il  dolore descritto qui è più profondo e interiore, è vissuto nell’intimo  dell’orante nel silenzio notturno e rimane nascosto a tutti.
                          vv. 9-11: Il dialogo sommesso con Dio  viene accolto come una preghiera. Il salmista è sicuro che la sua supplica e il  suo pianto saranno ascoltati e perciò si rivolge ai suoi avversari con un  imperativo: “Allontanatevi da me, voi tutti operatori di iniquità!”. I quattro  imperfetti che chiudono il salmo possono esprimere un auspicio ma anche la  certezza della sconfitta del nemico. Il salmista non chiede la morte dei suoi  rivali ma il fallimento dei loro propositi (v.11); il tema della disillusione  dei nemici è perciò ripetuto nella finale del salmo.