CENNI SULLA  STORIA DELLA CHIESA (Don Giampaolo  Laugero)
               
              Le prime comunità
               
                          Una  grande fucina di idee, di ministeri, di strutture. Così potrebbe essere  definita la comunità cristiana dei primissimi secoli, quando tutto doveva  essere organizzato e quasi inventato dal nulla. Le singole comunità (di esse si  parlava quando in origine si usava il sostantivo “chiesa”) comparivano poco a  poco, erano formate da nuclei di cristiani anche piccoli, suscitati dall’azione  evangelizzatrice dei primi missionari itineranti. Queste comunità nascevano  nell’entusiasmo per la novità, erano vivacissime, a volte un po’ sbarazzine!  C’era in tanti, o forse in tutti?, la convinzione che lo Spirito Santo fosse  all’opera nel suscitare nuove fondazioni, nel giudicarle, nell’arricchirle di  nuovi carismi. Per cui tutto sembrava buono, lecito, utile. La comunità di  Corinto è un esempio di tutto questo un esempio ancora attestato dalla  Scrittura. Allora si è subito costretti a porsi sul “chi va là”, perchè accanto  al positivo delle origini ben presto fanno capolino i problemi. Come  organizzare le comunità? A chi affidarle? Fin dove spingersi a mettere delle  regole e fin dove lasciare spazio alla libertà e alla creatività di singoli e  di gruppi, e dietro di loro al soffio vitale dello Spirito? E come tenere  collegate, unite, compatte nella stessa fede, le singole fondazioni, a volte  così diverse per sensibilità e organizzazione? Fra il resto non esisteva una  ricetta messa già a tavolino e applicabile ovunque. Bisognava poco per volta  trovare le soluzioni più adatte.
               
              Una chiesa dove abbandonano carismi e  ministeri
               
                          Si  cominciò a Gerusalemme, quando alle “colonne” di quella chiesa, i Dodici e in  particolare Pietro, Giacomo e Giovanni, si affiancò il gruppo dei “sette”,  capitanato da Stefano. Un gruppo con una funzione particolare che in pratica  non ebbe successori. Ma anche soltanto uno sguardo veloce alle altre comunità  che ben presto si affacciarono sulla scena svela il comparire di altre figure  particolari. Le troviamo già elencate con abbondanza nelle lettere del Nuovo  Testamento: apostoli, dottori, profeti, maestri. Ma appena si va un po’ più  avanti ecco che le figure ministeriali si aggiornano e rinnovano: compaiono i  lettori, gli accoliti, gli esorcisti, gli ostiari, quelli cioè addetti  all’accoglienza alle porte della chiesa. Accanto ad essi fanno capolino gruppi  con caratteristiche proprie ed originali. Si va da quello dei confessori (non  si fraintenda: sono coloro che hanno saputo testimoniare coerentemente e  coraggiosamente la loro fede!) a quello delle vedove, a quello delle vergini.  La testimonianza più chiara a riguardo è quella lasciataci da Eusebio sulla  chiesa di Roma a metà terzo secolo: Ci sono 46 preti, 7 diaconi, 7 suddiaconi,  42 accoliti, 52 esorcisti, lettori e ostiari, più di 1500 vedove e poveri che  la grazia e l’Amore del Maestro nutrono…”. I vari ministeri rispondono alle  molteplici esigenze delle comunità. I vari gruppi esprimono l’esigenza di  incarnare la fede nelle diverse situazioni di vita. Gli uni presentano il  profilo più istituzionale della nascente Chiesa, gli altri quello più spontaneo  e carismatico. Ma è importante notare due aspetti: intanto cogliere la costante  proliferazione di tali presenze, segno di creatività e di grande capacità di  adattamento di fronte alle sfide inedite e ad esigenze inattese. Come accade  nella distinzione esistente fra coloro che si accollano servizi itineranti,  tali paiono essere, infatti, i profeti, i maestri, gli apostoli e coloro che li  svolgono risiedendo in loco. In seconda battuta va sottolineato il fatto che  esistono entrambi, anzi coesistono. Solo così, mettendo insieme il ministero  programmato e ufficiale e il carisma più spontaneo e imprevedibile, si esprime  il volto autentico della Chiesa.
               
               
              Verso un’organizzazione più stabile
                          Man mano che passa il tempo le cose  si organizzano meglio e assumono una certa stabilità. Ecco allora che sul  versante delle comunità provenienti dal giudaismo si affaccia una struttura  collegiale, quella dei cosiddetti presbiteri, gli anziani della comunità,  mentre in quelle nate sull’onda dell’evangelizzazione di Paolo e di provenienza  pagana fanno capolino i vescovi, che alla lettera significano i “sorveglianti”,  e i diaconi. Per un po’ di anni, allora, convivono due modelli di Chiesa:  quella col profilo presbiterale e quella col profilo episcopale. Sono due  grandi modelli attorno ai quali si organizza stabilmente la comunità cristiana  delle origini. In ogni caso si tratta di organismi collegiali, dove vale e  conta il contributo di tutti, pur nella diversità dei ruoli. I due modelli per  un po’ camminano parallelamente, ma con il passar degli anni si fondono. Anche  nel collegio presbiterale emerge la figura di un responsabile. Si intraprende  così quel percorso che porterà ad organizzare in modo gerarchico quella chiesa  che ormai va allargando i suoi confini. In cima sta il vescovo, con i suoi  diaconi e presbiteri. Attorno ad essi si muove la galassia degli altri  ministeri. Si tratta, almeno in parte, dell’organizzazione che abbiamo ancora  oggi sotto gli occhi, anche se ce la ritroviamo impoverita dal secolare cammino  percorso dalla chiesa stessa. In ogni caso, fra tutti, eccelle il vescovo al  quale soprattutto è affidato il compito di salvaguardare l’autenticità della fede,  di presiedere al culto (non era sempre e solo lui, che accoglieva i nuovi  cristiani nell’unico appuntamento battesimale la notte della Veglia Pasquale?),  di governare le singole comunità. E il carisma? Non scompare affatto, anzi  trova sempre nuove espressioni. Prima fra tutte quella del variegato universo  monastico. Che, guarda caso, compare non solo quando le persecuzioni allentano  la loro tenaglia, ma nello stesso momento in cui l’organizzazione ecclesiastica  assume una certa stabilità e chiarezza e si afferma una struttura gerarchica  sempre più definita. 
               
              ORGANIZZAZIONE  GERARCHICA DELLA CHIESA CATTOLICA
               
              PAPA dal greco "papas" =padre o da "pater  pastorum"
                           capo della Chiesa Cattolica,  Vescovo di Roma,  successore di Pietro 
               
               CARDINALE  vescovo  delle diocesi (arcidiocesi) più importanti o capi di dicasteri vaticani 
                
              VESCOVO    da "episcopus"= sorvegliante capo  della DIOCESI 
                                            unità  amministrativa della Chiesa Cattolica 
               
              PRESBITERO (=anziano) collaboratore del Vescovo sacerdote prete parroco se responsabile di una                             Parrocchia  settore di una diocesi
               
              PAPA: è la stessa parola (padre) che ha prodotto papa e pope. Il vescovo di Roma,  eletto da      cardinali, rivendica un  primato sulle altre chiese.
               
              VESCOVO: il vescovo è considerato come il successore degli  apostoli. E’ il pastore supremo della sua diocesi. Nominato dal papa, egli  ordina i sacerdoti e i diaconi e amministra la Confermazione.
               
              DIOCESI: circoscrizione amministrativa della Chiesa Cattolica alla testa della quale sta  un vescovo.
               
              CARDINALE:  membro del Sacro Collegio che elegge il papa ed è nominato da lui.
                          Originariamente,  un cardinale era titolare di una chiesa di Roma.
               
              PARROCCHIA: divisione territoriale attribuita ad un parroco. Le parrocchie sono raggruppate  in          decanati.
               
              SACERDOZIO:  è l’esercizio di una funzione sacra . Nel Cristianesimo, tutti i battezzati  partecipano     a  questa funzione sacra di testimoniare Gesù Cristo. Per i cattolici, alcuni,  attraverso il      sacramento dell’Ordine,  hanno un ruolo (ministero) particolare.