Traccia n. 5 Da Madian in Egitto. Il fallimento  e la riconferma della missione a Mosè
                             Es 4,18 – 7,7
              (Riflessioni a cura di Antonio Turi)    
              ♦ L’incontro con Ietro in Madian  e la partenza per l’ Egitto (Es 4,18-23)
              18Mosè partì, tornò da Ietro suo  suocero e gli disse: «Lasciami andare, ti prego: voglio tornare dai miei  fratelli che sono in Egitto, per vedere se sono ancora vivi!». Ietro rispose a  Mosè: «Va' in pace!». 19Il Signore disse a Mosè in  Madian: «Va', torna in Egitto, perché sono morti quanti insidiavano la tua  vita!». 20Mosè  prese la moglie e i figli, li fece salire sull'asino e tornò nella terra  d'Egitto. E Mosè prese in mano il bastone di Dio.
              21Il Signore disse a Mosè: «Mentre parti per  tornare in Egitto, bada a tutti i prodigi che ti ho messi in mano: tu li  compirai davanti al faraone, ma io indurirò il suo cuore ed egli non lascerà  partire il popolo. 22Allora tu dirai al faraone: «Così  dice il Signore: Israele è il mio figlio primogenito. 23Io ti  avevo detto: lascia partire il mio figlio perché mi serva! Ma tu hai rifiutato  di lasciarlo partire: ecco, io farò morire il tuo figlio primogenito!».
              Finalmente  Mosè parte. Ritorna da Ietro, ma non gli parla della missione ricevuta, perché  i soli destinatari della parola di Mosè sono Aronne e il popolo; a Ietro  racconterà i fatti solo dopo che si sono realizzati (Es 18,8). Mosè parte con  moglie, figli e, soprattutto, con il bastone di Dio.
              Dio  anticipa a Mosè il programma di quanto accadrà. Mosè compirà dei prodigi  davanti al faraone, ma Dio indurirà il cuore del faraone. 
              Ci  lascia sconcertati un Dio che indurisce il cuore del faraone, cercheremo di  parlarne più avanti quando affronteremo il tema delle cosiddette piaghe  (lezioni) d’Egittto.
              Diciamo  solo che, nel linguaggio biblico, il cuore è il luogo della razionalità, dei  pensieri, delle decisioni: è la nostra mente. 
              Importante  è il verso 22 «Così  dice il Signore:Israele è il mio figlio primogenito!»: Dio ha scelto Israele  fra tutte le nazioni ed ha con Israele una relazione padre-figlio, richiamata  in molti passi biblici (Os 11,1-3..). Per questa paternità Dio reclama i  diritti di Israele.
               
              ♦ L’aggressione misteriosa di Dio e l’incontro di Mosè con Aronne e con  il popolo (Es 4,24-31) 
              24Mentre era in viaggio, nel  luogo dove pernottava, il Signore lo affrontò e cercò di farlo morire. 25Allora  Zippora prese una selce tagliente, recise il prepuzio al figlio e con quello  gli toccò i piedi e disse: «Tu sei per me uno sposo di sangue». 26Allora  il Signore si ritirò da lui. Ella aveva detto «sposo di sangue» a motivo della  circoncisione. 
               27Il  Signore disse ad Aronne: «Va' incontro a Mosè nel deserto!». Egli andò e lo  incontrò al monte di Dio e lo baciò. 28Mosè  riferì ad Aronne tutte le parole con le quali il Signore lo aveva inviato e  tutti i segni con i quali lo aveva accreditato. 29Mosè e  Aronne andarono e radunarono tutti gli anziani degli Israeliti. 30Aronne  parlò al popolo, riferendo tutte le parole che il Signore aveva detto a Mosè, e  compì i segni davanti agli occhi del popolo. 31Allora  il popolo credette. Quando udirono che il Signore aveva visitato gli Israeliti  e che aveva visto la loro afflizione, essi si inginocchiarono e si prostrarono.
              I primi tre versi sono molto oscuri: Mosè è  attaccato da Dio che gli viene incontro per farlo morire. Perché Dio vuole  ucciderlo? 
              Forse, come Giacobbe (Gn 32,23-31), anche Mosè  deve essere provato da Dio. E’ una esperienza difficilmente spiegabile. Anche  noi, qualche volta, lottiamo con Dio…se ne usciamo sconfitti, in realtà siamo  vincitori!
              Mosè viene salvato dal gesto di Zippora,la  circoncisione: è ora pienamente israelita, unito ad Abramo e all’alleanza (non  rimanda al battesimo quando l’uomo muore per rivivere?).  Poi la moglie ed i figli ritornano da Ietro.
              L’incontro con Aronne (anche lui riceve una  missione da parte di JHWH) avviene nel deserto, al monte di Dio. Mosè bacia  Aronne, riferendogli tutte le parole e tutti i segni della sua missione. Mosè e  Aronne radunano gli anziani, poi tutti gli israeliti. E’ Aronne che trasmette  le parole e compie i segni. Finalmente il popolo crede: il loro grido (Es  2,23-25) è stato ascoltato da Dio, «si  inginocchiarono e si prostrarono». 
              Mosè si era sbagliato dicendo gli israeliti non  lo avrebbero creduto! 
              ♦ Il fallimento della missione di Mosè (Es 5,1-23)
              Il racconto è molto movimentato, è pieno di  dialoghi, è pieno di tanti «perché?». 
              Conformemente agli ordini ricevuti, Mosè e  Aronne vanno dal faraone. Il  racconto presenta sei scene. 
              1 In seguito,  Mosè e Aronne vennero dal faraone e gli annunciarono: «Così dice il Signore, il  Dio d'Israele: Lascia partire il mio popolo, perché mi celebri una festa nel  deserto!» 2Il faraone rispose: «Chi è il  Signore, perché io debba ascoltare la sua voce e lasciare partire Israele? Non  conosco il Signore e non lascerò certo partire Israele!».3Ripresero:  «Il Dio degli Ebrei ci è venuto incontro. Ci sia dunque concesso di partire per  un cammino di tre giorni nel deserto e offrire un sacrificio al Signore, nostro  Dio, perché non ci colpisca di peste o di spada!». 4Il re  d'Egitto disse loro: «Mosè e Aronne, perché distogliete il popolo dai suoi  lavori? Tornate ai vostri lavori forzati!».
              5Il faraone disse: «Ecco, ora che il popolo è  numeroso nel paese, voi vorreste far loro interrompere i lavori forzati?».
              Davanti  al faraone Mosè e Aronne dicono la volontà di JHWH, per la prima volta chiamato  «Dio d’Israele», «Dio degli ebrei». Il faraone risponde ponendo la domanda che  Mosè pensava avessero posto gli israeliti: «Chi è JHWH?». Per il faraone è  inconcepibile che degli schiavi avessero un dio, non conosce questo dio minore…  così rifiuta  la richiesta di lasciar  partire gli  israeliti. Tutto avviene  come Dio lo aveva annunciato.
              Il  faraone è il modello dell’uomo chiuso nei confronti di Dio e orgoglioso della  propria autosufficienza umana. Egli è colui che dice: «Io non conosco YHWH».  Vedremo che, come reazione  al «Così dice  JHWH», i sorveglianti egiziani diranno «Così dice il faraone». Il faraone non  conosce Dio (non ne ha esperienza) e si mette al posto di Dio.  
              6In quel giorno il faraone diede  questi ordini ai sovrintendenti del popolo e agli scribi: 7«Non  darete più la paglia al popolo per fabbricare i mattoni, come facevate prima.  Andranno a cercarsi da sé la paglia. 8Però  voi dovete esigere il numero di mattoni che facevano finora, senza ridurlo.  Sono fannulloni; per questo protestano: «Vogliamo partire, dobbiamo sacrificare  al nostro Dio!». 9Pesi dunque la schiavitù su  questi uomini e lavorino; non diano retta a parole false!».
              Il faraone rende più duro il lavoro forzato degli  ebrei: dovranno produrre lo stesso quantitativo di mattoni, senza però  rifornirli di paglia che devono procurarsi da soli. La gestione di questa  produzione è affidata ai sorveglianti egiziani (Es 3,7) e agli scribi  israeliti, dei capisquadra (pensiamo ai kapò nei campi di concentramento  nazisti), scelti tra gli anziani, gli stessi a cui Mosè aveva comunicato il  programma di libertà di Dio. Questo aggravamento dei lavori viene motivato dal  faraone con l’accusa che gli ebrei sono fannulloni e ascoltano le menzogne di  Mosè e Aronne.
              10I sovrintendenti del popolo e  gli scribi uscirono e riferirono al popolo: «Così dice il faraone: «Io non vi  fornisco più paglia. 11Andate voi stessi a  procurarvela dove ne troverete, ma non diminuisca la vostra produzione»».12Il  popolo si sparse in tutto il territorio d'Egitto a raccogliere stoppie da usare  come paglia. 13Ma i sovrintendenti li  sollecitavano dicendo: «Portate a termine il vostro lavoro: ogni giorno lo  stesso quantitativo come quando avevate la paglia». 14Bastonarono  gli scribi degli Israeliti, quelli che i sovrintendenti del faraone avevano  costituito loro capi, dicendo: «Perché non avete portato a termine né ieri né  oggi il vostro numero di mattoni come prima?». 
              Le  nuove modalità di produzione richiedono più tempo, diventano particolarmente  dure e costringono gli israeliti a disperdersi per tutto l’Egitto per  raccogliere paglia. Sono proprio gli scribi a pagare la scarsa efficienza nel  mantenere la stessa produzione: vengono picchiati da chi li aveva promossi, i  sorveglianti egiziani. 
              15Allora gli scribi degli  Israeliti vennero dal faraone a reclamare, dicendo: «Perché tratti così noi  tuoi servi? 16Non viene data paglia ai tuoi  servi, ma ci viene detto: «Fate i mattoni!». E ora i tuoi servi sono bastonati  e la colpa è del tuo popolo!». 17Rispose: «Fannulloni siete,  fannulloni! Per questo dite: «Vogliamo partire, dobbiamo sacrificare al  Signore». 18Ora andate, lavorate! Non vi  sarà data paglia, ma dovrete consegnare lo stesso numero di mattoni».19Gli  scribi degli Israeliti si videro in difficoltà, sentendosi dire: «Non  diminuirete affatto il numero giornaliero dei mattoni».
              I  capisquadra israeliti si recano dal faraone: sono loro e non il popolo a  reclamare. Non contestano la schiavitù in sè, ma la mancanza di paglia. Si  confermano servi del faraone e non esitano ad addossare la colpa sul popolo  degli israeliti. Restano delusi, perché il faraone rilancia, per ben due volte  l’accusa che sono «fannulloni».
              Gli  israeliti hanno un cuore schiavo, temono più di entrare in conflitto col  faraone che con JHWH. Siamo lontani dal coraggio delle levatrici e della  sorella di Mosè.
               20Usciti dalla presenza del faraone,  quando incontrarono Mosè e Aronne che stavano ad aspettarli, 21dissero  loro: «Il Signore guardi a voi e giudichi, perché ci avete resi odiosi agli  occhi del faraone e agli occhi dei suoi ministri, mettendo loro in mano la  spada per ucciderci!».
              Gli scribi  sono usciti dal faraone con degli ordini molto duri, incontrano Mosè e Aronne  accusandoli di averli resi odiosi agli occhi del faraone e dei suoi servi.  Ancora una volta Mosè si trova in una nuova situazione di rifiuto, ma adesso  non parla da solo! 
              22Allora  Mosè si rivolse al Signore e disse: «Signore, perché hai maltrattato questo  popolo? Perché dunque mi hai inviato? 23Da  quando sono venuto dal faraone per parlargli in tuo nome, egli ha fatto del  male a questo popolo, e tu non hai affatto liberato il tuo popolo!».
              Mosè è  disorientato, sfoga al Signore tutta la sua amarezza. Il suo «perché?» è la  domanda angosciata dell’uomo che non capisce più il senso della propria  missione. La sua accusa è giustificata, perché da quando ha accettato la  missione, il suo annuncio non ha fatto che peggiorare i maltrattamenti degli  israeliti, nonostante essi siano il popolo di Dio. Anche Mosè sembra cadere nel  dilemma: «Chi comanda? Il faraone o Dio?»
              Mosè  rimette in questione tutto: la sua vocazione e Dio stesso. Il piano di Dio può  prevedere anche la delusione dell’inviato! Dio deve ricominciare di nuovo. Es 6  – 7,7 riconfermerà la vocazione di Mosè. Non è una semplice ripetizione della  vocazione narrata in Es 3-4 (rilettura sacerdotale). Questa riconferma ci aiuta  a capire che la strada di ogni vocazione umana non è mai scontata: dall’euforia  si può passare alla delusione!
               
              ♦ La riconferma della missione a Mosè (Es 6-7,7) 
              ● La risposta di JHWH a Mosè (Es 6,1-8) 
              1 Il Signore disse a Mosè: «Ora  vedrai quello che sto per fare al faraone: con mano potente li lascerà andare,  anzi con mano potente li scaccerà dalla sua terra!».
                      2Dio (Elohim) parlò a Mosè e gli disse: «Io sono il  Signore! (JHWH) 3Mi sono manifestato ad Abramo, a Isacco, a  Giacobbe come Dio (El) l'Onnipotente (El  Shaddaj), ma non ho fatto conoscere loro  il mio nome di Signore. 4Ho  anche stabilito la mia alleanza con loro, per dar loro la terra di Canaan, la  terra delle loro migrazioni, nella quale furono forestieri. 5Io stesso ho udito il lamento degli  Israeliti, che gli Egiziani resero loro schiavi, e mi sono ricordato della mia  alleanza.
               6Pertanto di' agli Israeliti: «Io sono il  Signore! Vi sottrarrò ai lavori forzati degli Egiziani, vi libererò dalla loro  schiavitù e vi riscatterò con braccio teso e con grandi castighi. 7Vi prenderò come mio popolo e diventerò il  vostro Dio. Saprete che io sono il Signore, il vostro Dio, che vi sottrae ai  lavori forzati degli Egiziani. 8Vi  farò entrare nella terra che ho giurato a mano alzata di dare ad Abramo, a  Isacco e a Giacobbe; ve la darò in possesso: io sono il Signore!».
              9Mosè  parlò così agli Israeliti, ma essi non lo ascoltarono, perché erano stremati  dalla dura schiavitù.
              Ciò che  importa non è la riuscita dell’azione dell’uomo, ma il piano salvifico di Dio.  Alla fine a convincere il faraone non sarà Mosè, ma la mano potente di Dio.
              Chi  parla è il Dio che si è rivelato all’umanità come Elohim, apparso ai Patriarchi  come El Shadday e che solo adesso si è fatto conoscere col suo nome «JHWH». 
              Il  programma di Dio (sette verbi ne indicano il suo agire) prevede tre tappe:  libertà e uscita dall’Egitto (vi sottrarrò, vi libererò, vi riscatterò),  un’alleanza di reciproca appartenenza (vi prenderò,diventerò), la libertà e  l’ingresso nella terra di Canaan (vi farò entrare, vi darò in possesso). C’è  l’immagine del Dio redentore (l’Esodo è la prima redenzione), del Dio sposo che  va a prendersi la sposa e la conduce nella sua casa.
              Non  abbiamo obiezioni di Mosè come in Es 3-4. Gli israeliti non lo ascoltano.
               ● La riconferma della missione a Mosè (Es 6,10-13)
              10Il  Signore disse a Mosè: 11«Va'  e parla al faraone, re d'Egitto, perché lasci partire dalla sua terra gli  Israeliti!». 12Mosè disse  alla presenza del Signore: «Ecco, gli Israeliti non mi hanno ascoltato: come  vorrà ascoltarmi il faraone, mentre io ho la labbra incirconcise? ».
              13Il  Signore parlò a Mosè e ad Aronne e diede loro ordini per gli Israeliti e per il  faraone, re d'Egitto, allo scopo di far uscire gli Israeliti dalla terra  d'Egitto.
              Alla  riconferma della missione, Mosè avanza due obiezioni: il rifiuto del faraone  (come hanno fatto gli stessi israeliti) e la sua difficoltà di parola. Questa  volta, a differenza di 4,14-17, Dio non reagisce alle obiezioni. 
              ● La  genealogia di Aronne e Mosè (Es 6,14-30) 
              Segue  in Es 6,14-25 una genealogia che comincia con i tre più vecchi figli di  Giacobbe – Ruben, Simeone e Levi per soffermarsi su Levi e la sua discendenza,  in particolare su  Aronne e la sua  famiglia. Sappiamo che il padre di Mosè è Amram e la madre è Iochebed. Più  oltre (Es 7,7) sapremo che Aronne ha tre anni più di Mosè.
              26Sono  questi quell'Aronne e quel Mosè ai quali il Signore disse: «Fate uscire dalla  terra d'Egitto gli Israeliti, secondo le loro schiere!».27Questi dissero al faraone, re d'Egitto, di  lasciar uscire dall'Egitto gli Israeliti: sono Mosè e Aronne. 28Questo avvenne quando il Signore parlò a  Mosè nella terra d'Egitto:29il  Signore disse a Mosè: «Io sono il Signore! Riferisci al faraone, re d'Egitto,  quanto io ti dico». 30Mosè  disse alla presenza del Signore: «Ecco, ho le labbra incirconcise e come vorrà  ascoltarmi il faraone?».
               
              ● Il programma di Dio (Es 7,1-7) 
              1 Il  Signore disse a Mosè: «Vedi, io ti ho posto a far le veci di Dio di fronte al  faraone: Aronne, tuo fratello, sarà il tuo profeta. 2Tu gli dirai quanto io ti ordinerò: Aronne,  tuo fratello, parlerà al faraone perché lasci partire gli Israeliti dalla sua  terra. 3Ma io indurirò il  cuore del faraone e moltiplicherò i miei segni e i miei prodigi nella terra  d'Egitto. 4Il faraone non vi  ascolterà e io leverò la mano contro l'Egitto, e farò uscire dalla terra  d'Egitto le mie schiere, il mio popolo, gli Israeliti, per mezzo di grandi  castighi. 5Allora gli  Egiziani sapranno che io sono il Signore, quando stenderò la mano contro  l'Egitto e farò uscire di mezzo a loro gli israeliti. !».6Mosè e Aronne eseguirono quanto il Signore  aveva loro comandato; così fecero. 7Mosè  aveva ottant'anni e Aronne ottantatré, quando parlarono al faraone.
              Dio  preannuncia il modo potente (moltiplicherà i suoi «segni  e prodigi»),  con cui si farà conoscere dall’Egitto, proprio  perché il faraone si è rifiutato di ascoltarlo.
              Inizia  una nuova grande scena: il racconto delle «piaghe», ovvero dell’intervento  potente di Dio per liberare e, liberando, per farsi conoscere.
               
              Approfondimento  personale
               
              
                - Molte  volte non capiamo l’agire di Dio: la lotta di Giacobbe, l’aggressione a Mosè..  il chiedere ad Abramo di sacrificare il figlio Isacco… anche Gesù ha lottato  con Dio (Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta  la mia, ma la tua volontà – Lc 22,42). Abbiamo anche noi avuta l’esperienza di  “una notte oscura”? Attraverso le nostre ferite facciamo entrare la luce di  Dio?
 
                - Mosè  condivide le parole di Dio con Aronne e non con il suocero Ietro.  Comprendiamo  che c’è un momento per  tacere e un momento per parlare?  Gesù  stesso (pensiamo al segreto messianico) ci chiede prudenza, di non fare facili  annunci, come di non scandalizzare chi non è ancora capace di accogliere le sue  parole. 
 
                - L’intervento  di Zippora ci dice ancora una volta, che la salvezza può venire dalle persone  più impensabili e nel modo più imprevedibile. 
 
                - Gli  scribi simpatizzano con i sequestratori. Hanno paura della libertà, sono  incapaci di rischiare l’inatteso, vogliono restare nella sicurezza del noto.  Anche noi ci chiudiamo nelle nostre certezze?  
 
                - Gli  scribi non cercano il vero bene del popolo, ma il proprio interesse,  preoccupati che le novità minaccino la loro autorità. Siamo anche noi complici  del faraone?
 
                - Aiutiamo  la Chiesa a non avere sete di potere, di compromessi, di mondanità?