NUCCIA TOLOMEO
               
               Nuccia  Tolomeo è nata a Catanzaro Sala il 10 aprile 1936, di venerdì santo, e ivi è  morta, all'età di 60 anni, il 24 gennaio 1997. Una vita semplice, ordinaria,  costretta a una forzata immobilità per una paralisi progressiva e deformante  fin dalla nascita. È stata sempre su una poltroncina o a letto in tutto  dipendente dagli altri. Educata cristianamente, ha maturato la coscienza del  suo stato in visione di fede e ha trovato in Gesù Crocifisso le motivazioni per  cantare la vita. Nonostante la grave disabilità per il suo corpo contorto, ha  elevato un magnificat all’amore di Dio per il dono della vita, della fede,  della famiglia e della natura, che lei contemplava con occhi estasiati. La  preghiera e l’amore a Gesù crocifisso e alla Madonna sono stati la forza e il  segreto per la sua immolazione, come vittima d’amore, a favore dell’umanità  sofferente. La sua casa era aperta all'accoglienza, alla consolazione e alla  preghiera. Regalava a chi andava a visitarla una testimonianza di coraggio, di  fortezza e un sorriso, che trovava nell’amore di Dio la sola giustificazione.  Al suo angelo custode aveva dato il nome Sorriso. E il sorriso era  diventato per lei il suo modo di essere. Tantissime le persone che le telefonavano  o le scrivevano da tutta Italia. A tutti indicava Gesù e Maria come la risposta  ai vari bisogni. Pregava tanto, soprattutto col rosario che teneva  permanentemente legato alla sua mano, con l’adorazione eucaristica, con la via  crucis e la lettura della Parola di Dio. Dal 1994 in poi ha collaborato  con Federico Quaglini nel programma “Il fratello” a Radio Maria. Si rivolgeva  soprattutto ai poveri, agli ammalati, alle persone sole e ai giovani. I suoi  messaggi erano intrisi di teologia spirituale. Il suo testamento spirituale è  un vero “vangelo”. È vissuta ed è morta in concetto di santità. I suoi funerali  sono stati una manifestazione solenne della stima che godeva. La diocesi di  Catanzaro-Squillace ha celebrato più convegni sulla sua spiritualità e il processo  per la sua beatificazione. Ora la parola è passata alla Congregazione per le  cause dei santi a Roma. Coloro che l’hanno conosciuta mantengono vivo il  ricordo del suo sorriso e della sua vita di fede, di speranza e di carità a  lode di Dio. All’uomo che cerca un senso al dolore Nuccia dà la sua risposta di  fede. Colei che sembrava senza speranza con la sua flebile voce, attraverso  Radio Maria, ha gridato al mondo: “Spargete a piene mani il seme della  speranza che è in voi”. Questa è stata ed è Nuccia: un richiamo continuo a  vivere la vita nella gioia, come un dono che deve essere speso nell’amore,  soprattutto a favore degli ultimi e dei senza voce.
                                   Nuccia  Tolomeo è nata a Catanzaro Sala il 10 aprile 1936, di venerdì santo, e ivi è  morta, all'età di 60 anni, il 24 gennaio 1997. Una vita semplice, ordinaria,  costretta a una forzata immobilità per una paralisi progressiva e deformante  fin dalla nascita. È stata sempre su una poltroncina o a letto in tutto  dipendente dagli altri. Educata cristianamente, ha maturato la coscienza del  suo stato in visione di fede e ha trovato in Gesù Crocifisso le motivazioni per  cantare la vita. Nonostante la grave disabilità per il suo corpo contorto, ha  elevato un magnificat all’amore di Dio per il dono della vita, della fede,  della famiglia e della natura, che lei contemplava con occhi estasiati. La  preghiera e l’amore a Gesù crocifisso e alla Madonna sono stati la forza e il  segreto per la sua immolazione, come vittima d’amore, a favore dell’umanità  sofferente. La sua casa era aperta all'accoglienza, alla consolazione e alla  preghiera. Regalava a chi andava a visitarla una testimonianza di coraggio, di  fortezza e un sorriso, che trovava nell’amore di Dio la sola giustificazione.  Al suo angelo custode aveva dato il nome Sorriso. E il sorriso era  diventato per lei il suo modo di essere. Tantissime le persone che le telefonavano  o le scrivevano da tutta Italia. A tutti indicava Gesù e Maria come la risposta  ai vari bisogni. Pregava tanto, soprattutto col rosario che teneva  permanentemente legato alla sua mano, con l’adorazione eucaristica, con la via  crucis e la lettura della Parola di Dio. Dal 1994 in poi ha collaborato  con Federico Quaglini nel programma “Il fratello” a Radio Maria. Si rivolgeva  soprattutto ai poveri, agli ammalati, alle persone sole e ai giovani. I suoi  messaggi erano intrisi di teologia spirituale. Il suo testamento spirituale è  un vero “vangelo”. È vissuta ed è morta in concetto di santità. I suoi funerali  sono stati una manifestazione solenne della stima che godeva. La diocesi di  Catanzaro-Squillace ha celebrato più convegni sulla sua spiritualità e il processo  per la sua beatificazione. Ora la parola è passata alla Congregazione per le  cause dei santi a Roma. Coloro che l’hanno conosciuta mantengono vivo il  ricordo del suo sorriso e della sua vita di fede, di speranza e di carità a  lode di Dio. All’uomo che cerca un senso al dolore Nuccia dà la sua risposta di  fede. Colei che sembrava senza speranza con la sua flebile voce, attraverso  Radio Maria, ha gridato al mondo: “Spargete a piene mani il seme della  speranza che è in voi”. Questa è stata ed è Nuccia: un richiamo continuo a  vivere la vita nella gioia, come un dono che deve essere speso nell’amore,  soprattutto a favore degli ultimi e dei senza voce.
              Dalla biografia di Nuccia scritta da Ida Chiefari:
                          "Ricorda  l’amica Anna Iacopetta: “Gli ultimi istanti della sua vita, io  ero vicina al suo capezzale; la prima cosa che mi chiese fu: FAMMI  PORTARE GESU’, VOGLIO GESU’. Dopo averLo ricevuto si abbandonò con  fiducia nelle braccia di Colui che aveva sempre amato e servito”. Don Sergio  Iacopetta le diede l’ultima assistenza religiosa. Nuccia si preparò così al  supremo incontro con il Suo Salvatore, Suo Dio. Una grande pace regnava in  quella camera. Anche se non potevamo nascondere la nostra emozione, né  trattenere le lacrime, eravamo tutti intorno a lei. 
                          I  suoi ultimi giorni furono accompagnati dalla preghiera accorata e ininterrotta  di quanti l'avevano conosciuta e amata, mentre lei si abbandonava fiduciosa  nelle braccia del Padre, sicura che non l’avrebbe delusa. Fu assistita  regolarmente da noi cugine, tutte presenti al suo capezzale e dalle amiche più  care. Il respiro si affievoliva, le mani stringevano ancora la sua corona e fu  la fine. No! Fu’ l'inizio di una vita che durerà in eterno. Si spense  serenamente nelle prime ore di venerdì 24 gennaio 1997. E gli angeli  festeggiarono la nascita in cielo di quest’anima eletta che ha portato  nell'anima e nel corpo la gioia di vivere, la fame e la sete di Dio, la  sofferenza di Cristo crocifisso e la passione per l’uomo sofferente.
                          Nuccia  è stata una testimonianza preziosa regalataci dallo Spirito Santo per dare una  parola di speranza all’uomo di oggi schiacciato da tanti interrogativi  esistenziali. L’attualità del messaggio di Nuccia lo comprendiamo  immediatamente, quando sentiamo nel vivere quotidiano frasi del genere: “Una  vita spezzata, malata, terminale… è senza dignità e quindi non è degna di essere vissuta!”, “L’eutanasia è un atto di amore e di pietà! Un gesto di  libertà!”, “Che senso ha vivere, se si è di peso agli altri e a se stessi?”,  “Se mancano le gioie della vita, l’integrità fisica, i divertimenti, la salute,  i soldi, l’amore, il lavoro… è meglio non esistere!”, “Se io mamma sapessi che  il figlio che porto nel grembo ha qualche malformazione, senza dubbio  abortirei!”… Nuccia è la risposta di Dio a tali affermazioni ed  interrogativi.
                          In  questa prospettiva, conoscere il messaggio di Nuccia ha una rilevanza non solo  religiosa, ma anche umana, civile, sociale. In sintesi, Nuccia è un  fatto culturale: è una sfida che sconvolge, stimola, interpella e  invita a ripensare il senso della vita, e soprattutto il senso della  sofferenza, in chiave di dono d’amore.  Qual è il segreto della  forza di Nuccia? Lo rivela lei stessa due mesi prima di morire, rivolgendosi ai  giovani di Sassari: 
                          “Sono  Nuccia, ho 60 anni, tutti trascorsi su un letto; il mio corpo è contorto, in  tutto devo dipendere dagli altri, ma il mio spirito è rimasto giovane. IL SEGRETO DELLA MIA GIOVINEZZA E DELLA MIA GIOIA DI VIVERE È GESÙ. ALLELUIA!”
               
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              LE VIRTU’ DELLA SERVA DI DIO
              NUCCIA TOLOMEO
               
              I  suoi Angeli “Sorriso” e “Tenerezza”- La gioia
                Il linguaggio di Nuccia era intriso di fede vissuta e di Parola di Dio ruminata nel silenzio del suo cuore  innamorato. Questo linguaggio si colorava di una freschezza inaudita, quando parlava  degli angeli, che chiamava per nome. Il suo angelo custode l’aveva chiamato Sorriso.  “Gli voglio molto bene, rivela nel messaggio di Pasqua 1996, perché Lui mi  invita ad essere sempre gioiosa e a sorridere a tutti, anche nella sofferenza  più grande… Questa sera vi voglio fare un dono: voglio mandare a tutti voi il  mio angioletto, ha già le ali spiegate; sta volando… aprite le porte dei vostri  cuori… non lo lasciate fuori, perché fa freddo. Ve lo mando per portarvi il mio  sorriso e la mia gioia”!
Il linguaggio di Nuccia era intriso di fede vissuta e di Parola di Dio ruminata nel silenzio del suo cuore  innamorato. Questo linguaggio si colorava di una freschezza inaudita, quando parlava  degli angeli, che chiamava per nome. Il suo angelo custode l’aveva chiamato Sorriso.  “Gli voglio molto bene, rivela nel messaggio di Pasqua 1996, perché Lui mi  invita ad essere sempre gioiosa e a sorridere a tutti, anche nella sofferenza  più grande… Questa sera vi voglio fare un dono: voglio mandare a tutti voi il  mio angioletto, ha già le ali spiegate; sta volando… aprite le porte dei vostri  cuori… non lo lasciate fuori, perché fa freddo. Ve lo mando per portarvi il mio  sorriso e la mia gioia”!
                          “Molti sono coloro  che mi telefonano e mi scrivono: la famiglia aumenta ogni giorno di più. Allora  ho pensato di chiedere al Buon Gesù, che è tanto generoso, -Lui lo sa che io lo amo alla  follia-, un altro angioletto, poiché Sorriso non ce la faceva più. L’ho chiamato Tenerezza, e questa sera lo mando a  tutti voi, miei cari, per portarvi la mia carezza e infondere nei vostri cuori  tanta tenerezza per Gesù e Maria”.   (Pentecoste 1996 a  Radio Maria)
              A una mamma disperata  Nuccia rivolge questo incoraggiamento: “Lina, sorella carissima, non  abbatterti, non avere paura, guarda in alto! Gesù dice: Non avere paura del  buio della notte, Io sono la tua forza.   Lui sarà la tua forza, tu fai parte del suo gregge. In questo momento sei  il suo agnellino smarrito, ma Lui ti ha trovata… Coraggio, Lina,  coraggio! Apri la porta del tuo cuore. Io ti mando i miei due angioletti. Si  chiamano Sorriso e Tenerezza”.
              Rivolgendosi ai  fratelli ristretti in carcere con immensa tenerezza dice: “Miei cari, voglio  abbracciarvi tutti e portarvi nel cuore di Gesù e Maria. Desidero inviarvi per mezzo dei miei angeli custodi una  tenera carezza e un sorriso, e invocare lo Spirito Santo, affinché scenda  su tutti voi, per allontanare le tenebre, le ombre e farvi brillare la sua luce  splendente, per illuminarvi e inondare i vostri cuori d’amore e di pace”.
                          Il  sorriso e la tenerezza che Nuccia inviava per mezzo dei suoi angeli custodi era  il riflesso del sorriso e della tenerezza di Dio. E a questo sorriso e  tenerezza Nuccia si riferisce nel messaggio ai giovani di Sassari: “La presenza  di Dio in voi sarà un piacere immenso: tutte le gioie della terra valgono  niente, di fronte a un suo sorriso,  ad un suo abbraccio. C’è una gioia  senza fine alla sua presenza: fate  esperienza di Lui. Una volta che si conosce il Signore, non si potrà fare a  meno di Lui”. Il sorriso di Dio è totalmente diverso dal sorriso del mondo.  Questo è legato al benessere, ai piaceri e alla soddisfazione dei bisogni. Il  sorriso di Dio, invece, lo ha portato Gesù che ha dissipato le tenebre del  peccato. In un suo diario prima del 1980 Nuccia fa un atto di umiltà e  riconosce quanto è importante vivere costantemente col sorriso di Dio.  Parafrasando il celebre scritto di Padre Faber sul ‘Sorriso’, confessa: “Gesù porta la luce, dove sono le tenebre. A volte mi domando: Quanto bene avrei potuto fare e non l’ho fatto! Quante  lacrime avrei potuto tergere e non l’ho fatto! Quante pene avrei potuto  alleviare col mio sorriso e con la mia bontà e non l’ho fatto. Perché un  sorriso non costa nulla e produce molto.  Arricchisce chi lo riceve, senza impoverire chi lo dona... Un sorriso da riposo  alla stanchezza e allo scoraggiamento, rinnova il coraggio nella tristezza. Se  incontri chi non sorride, sii generoso, dai il tuo, perché nessuno ha più bisogno  di sorriso, come chi non sa darlo”. 
                          Nuccia  era convinta che l’incapacità di sorridere fosse una vera povertà. “Sono poveri gli anziani soli, i molti  ammalati abbandonati, i barboni, i bambini maltrattati, usati, violentati,  tutti coloro che sono senza casa, senza assistenza, senza un sorriso, senza una carezza”. Quando, invece, il sorriso di  Gesù col suo amore permea la vita, questo sorriso si riflette nel volto, nel  cuore e nel linguaggio e guarisce ogni tristezza. A tutti Nuccia indicava Gesù  e Maria come la risposta ai vari  bisogni e la fonte della vera gioia.  Nella corrispondenza questa affermazione è evidentissima.
                          Nuccia  considerava il sorriso una vera  proposta di evangelizzazione. In uno scritto autobiografico rivela: “Nel mio  cuore c’è sempre stato il desiderio di potere andare per il mondo a portare  conforto, sorriso, amore, ma  soprattutto la parola del Signore”.  
              Il sorriso di Mariaera per Nuccia una forza di conversione.  “Nel tuo cuore di mamma, o Maria, voglio  mettere tutti i giovani. Apri i loro cuori alla fede, alla speranza, e colma i  loro vuoti, riempiendoli d’amore puro e sincero. Aiutali a vivere una vita  sana, ad avere il gusto della vita e delle cose, a non lasciarsi abbagliare  dalle luci del mondo, ma dal tuo  sorriso”. (Dal messaggio sul mese di maggio). “Custodisci nei bambini la  purezza, fa che siano fiori olezzanti intorno all’altare.  Sii sempre il sorriso”.
              Fare un sorriso per  Nuccia era fare un atto di carità. In una preghiera scrive: “Immergici, Maria,  nella pratica della carità… quando ci viene chiesto di porgere un saluto, di  dire una parola, di fare un sorriso”.  Ma era anche un atto di fede: “Quando ci si  da totalmente a Dio, la vita si apre al  sorriso e testimonia che Cristo è  risorto, è vivo e può ogni cosa. Donarsi a Dio è bere alla fonte  dell’amore, da cui sgorga la vera pace. Se la fonte, a cui beviamo, non è  l’Amore del Padre, la nostra gioia non è vera, la nostra pace non è piena”.  (Dal messaggio: La vita come dono).
              Quanti motivi per  gioire e sorridere: per il dono della vita, per il dono degli affetti dei  famigliari e degli amici, per il dono della fede e…  per il dono della natura. Diceva Nuccia:  “Gioia è godere nell’osservare e ammirare il cielo azzurro, il volo delle  rondini, le gocce d’acqua sui vetri in una giornata piovosa. E’ qualcosa che va  oltre l’affiorare di un sorriso, è qualcosa che viene spontanea dal di dentro;  bisogna essere capaci di viverla nel  quotidiano (qualunque sia la condizione di salute, economica, ecc…) e offrirla a chi ci sta accanto, dimenticando  i grigiori, le nubi, le offese e le mortificazioni, che possono offuscare la  nostra gioia di vivere”. 
              Ben due messaggi di  Nuccia a Radio Maria trattano il tema della gioia e della sofferenza: “La gioia nella sofferenza” e “C’è gioia anche nella sofferenza”. In  una visione di fede Nuccia osa perfino affermare: La gioia nella sofferenza è un dono.  E allora è necessario richiederla allo  Spirito Santo con insistenza; dobbiamo attingerla nell’amore salvifico di  Cristo, dalla sua croce. Solo così potrà scaturire una gioia che non si  scoraggia di fronte alla malattia, alla sofferenza, di qualsiasi natura essa  sia, fisica o morale, di fronte alle paure terrene, che tentano di soffocarla”. 
              Per lei non c’è  contraddizione quando, in comunione con Gesù, si parla di gioia nella  sofferenza e di dono. Gesù morto e risorto è la chiave di comprensione  dell’enigma. “Con Cristo, in Cristo, per Cristo, la croce è diventata la mia  compagna di viaggio, ogni pena m’è diletto, pensando alla meta. Gesù è il mio  angelo consolatore, il buon Cireneo, pronto a soccorrermi, quando la croce  diventa troppo pesante. Credo, infatti, che sia proprio Lui a  soffrire in me e a portare la mia croce nei momenti più duri della  prova” (Dal messaggio di Pasqua 1995).
              Sorprendenti sono  alcune sue espressioni: “La gioia è la  vocazione dell'uomo”. E inoltre: “Dobbiamo dare a Gesù  il sacrificio di essere felici. Il  sacrificio non è rinuncia a una fetta di felicità. Io non perdo nulla per me  stessa e per la mia vita, non mi sento defraudata, ma nel donarmi al Signore con amore (l’essenziale è l’amore!) sono felice  nella sofferenza, perché realizzo la mia vocazione: amo e sono amata.  Sorelle, fratelli, dobbiamo essere gioiosi, pieni di speranza. La gioia è il segno del cristiano, della  nostra fede. Dio ci vuole sempre lieti. Lo Spirito di Dio ci doni la vera  gioia; stiamo sereni, lasciandoci condurre docilmente dal nostro Buon Pastore  sui suoi pascoli, perché la sua gloria si manifesti in mezzo a noi. Andiamo,  dunque, con gioia incontro al Signore che viene, lodiamolo con tutto il cuore,  cantiamo la sua presenza, gioiamo, perché ci ama e ci perdona. Alleluia”! (Dal  messaggio: La gioia nella sofferenza). 
              Paradossale: Nuccia,  fragile donna intessuta di dolore, canta e proclama la gioia. Tutte le testimonianze  di coloro che l’hanno conosciuta hanno affermato che il suo volto era sempre  luminoso e aperto al sorriso. Quale il segreto?   Lei stessa lo rivela ai giovani di Sassari: “Il segreto della mia  giovinezza e della mia gioia di vivere è Gesù!”